“Per cambiare tutto, c’è bisogno di tutti”. Voci dal mondo contro il riscaldamento globale
Tratto da: Adista Documenti n° 34 del 04/10/2014
DOC-2655. ROMA-ADISTA. Vista dallo spazio, la Terra, quella piccola perla azzurra e bianca sospesa nel buio, sembra così fragile, nella sua struggente bellezza, che a nessuno verrebbe in mente di stravolgerne l’equilibrio. Nessuno, a parte la specie umana, sempre più in bilico sul piano inclinato dell’autodistruzione. L’ultimo segnale di allarme lo ha lanciato il 9 settembre scorso l'Organizzazione meteorologica mondiale, annunciando che il 2013 ha fatto registrare un nuovo record rispetto alla concentrazione di anidride carbonica (e di altri gas climalteranti) nell’atmosfera terrestre, toccando le 396 parti per milione, pari al 142% in più rispetto ai livelli pre-industriali, con un aumento di quasi 3 ppm rispetto al 2012: la crescita più rapida da quando sono iniziate, nel 1984, rilevazioni affidabili. E, come se non bastasse, si assiste, al tempo stesso, anche a una preoccupante riduzione della capacità della biosfera di assorbire le emissioni, dovuta principalmente a un'acidificazione senza precedenti degli oceani, la maggiore negli ultimi 300 milioni di anni. E le conseguenze sono ormai sotto gli occhi di tutti: secondo un recente rapporto dell’Oxfam, dal 2009 le persone colpite dai disastri legati ai cambiamenti climatici sono state più di 650 milioni e 112mila quelle che hanno perso la vita, senza contare i danni, pari a quasi 500 miliardi di dollari.
Per sensibilizzare il grande pubblico sulle conseguenze del riscaldamento globale, l'Organizzazione meteorologica mondiale ha pensato anche di coinvolgere un gruppo di emittenti web e televisive, tra cui la giapponese NHK, la statunitense Weather Channel e la tedesca ARD, nel progetto “previsioni del tempo dal futuro”: una serie di cortometraggi con le previsioni del tempo relative al 2050, in cui si dipingono scenari sempre più catastrofici, da un alluvione sulla Florida che allaga completamente Miami a una gravissima siccità che colpisce l’Arizona causando innumerevoli vittime.
È proprio per dare impulso alla lotta contro il riscaldamento globale che il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha convocato un incontro straordinario sul clima a New York, il 23 settembre scorso, in vista della XX Conferenza delle parti della Convenzione Onu sul cambiamento climatico (COP 20), in programma a dicembre a Lima e, soprattutto, in vista di quella successiva a Parigi nel 2015, da cui dovrebbe uscire un nuovo accordo climatico mondiale (rispetto a cui tuttavia i negoziati sembrano ancora in alto mare, soprattutto in relazione al carattere vincolante o meno dell’accordo). Un incontro che non ha mancato di generare polemiche, non solo per l’ampia partecipazione di rappresentanti di transnazionali a fronte della presenza di un ristretto gruppo di esponenti della società civile, ma anche per lo spazio concesso alle false soluzioni legate alla formula magica della green economy, come il mercato del carbonio e la mercificazione delle foreste attraverso il meccanismo noto come Redd (Riduzione delle emissioni provenienti dalla deforestazione e dal degrado delle foreste nei Paesi in via di sviluppo).
La voce della società civile non ha mancato comunque di farsi sentire forte e chiara: in occasione del summit sul clima delle Nazioni Unite si è infatti svolta il 21 settembre - con lo slogan “Per cambiare tutto, abbiamo bisogno di tutti” - la più grande marcia per il clima della storia, la People's Climate Change March di New York, accompagnata da migliaia di eventi in oltre 150 Paesi, per chiedere alle istituzioni nazionali, locali e internazionali di azzerare l’inquinamento da combustibili fossili, definendo urgentemente accordi globali per arrivare al 100% di energie pulite entro il 2050. Anche l’Italia si è mobilitata, con un’iniziativa, dal titolo “New York Chiama Roma - People's Climate Change March”, promossa dal Coordinamento Power Shift Italia, dall’Italian Climate Network, da Legambiente e dal Kyoto Club: un evento iniziato al Colosseo, dove i manifestanti hanno dato vita a un grande cuore verde, immortalato dall’alto con un drone (la foto è stata poi proiettata a Time Square, insieme ad altre centinaia inviate da ogni parte del pianeta), proseguito con una passeggiata in bici per il centro di Roma (a cui ha partecipato anche la presidente della Camera Laura Boldrini) e culminato in Via dei Fori Imperiali, con inteventi di esperti e musica dal vivo.
Si sono fatte sentire anche le diverse tradizioni religiose che, nella dichiarazione dell’Interfaith Summit on Climate Change, svoltosi a New York il 21 e 22 settembre per iniziativa del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di Religions for Peace, esprimono preoccupazione per le conseguenze del cambiamento climatico, in particolar modo sulle popolazioni più vulnerabili, impegnandosi a modificare i propri modelli di consumo, a ridurre il consumo di combustibili fossili e a promuovere un’educazione sul cambiamento climatico, e chiedendo alle autorità mondiali misure concrete e decise, in vista di un accordo «sufficientemente ambizioso da contenere l’aumento della temperatura ben al di sotto dei 2 gradi, sufficientemente giusto da distribuirne il peso in modo equo e sufficientemente vincolante dal punto di vista giuridico da garantire» l’effettiva riduzione delle emissioni climalteranti.
E a indicare le giuste ricette per guarire il pianeta dalla sua febbre è un ampio cartello di movimenti internazionali, da Via Campesina ad Attac, dall’ETC Group alla Global ForestCoalition, da OilWatch International al Transnational Institute, che, proprio in vista del summit promosso dalle Nazioni Unite, ha diffuso un documento, la Dichiarazione di New York sul cambiamento climatico, che riportiamo qui di seguito in una nostra traduzione dallo spagnolo. (claudia fanti)
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