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Se il pianeta ha la febbre

Tratto da: Adista Documenti n° 34 del 04/10/2014

Quando gli esseri umani hanno la febbre, provvedono urgentemente ad adottare le misure necessarie. Dopotutto, sanno bene che se la nostra temperatura corporea aumenta di 1.5 o 2 gradi la salute ne risente in maniera significativa e, se l’aumento è di 4-6 gradi, si rischia il coma e anche la morte.

Avviene lo stesso quando è il pianeta ad avere la febbre. Negli ultimi 11mila anni la temperatura media della Terra è stata di circa 14 gradi centigradi. Ma ora è sul punto di salire di un grado e, se non prendiamo seri provvedimenti per evitare che la febbre cresca, si prevede un aumento da 2 a 6 gradi prima della fine di questo secolo. Se la febbre salirà così tanto, la vita come la conosciamo cambierà drammaticamente sulla Terra.

La nostra unica via è prendere provvedimenti adesso. Non si tratta di intraprendere qualunque tipo di azione, ma solo quelle adeguate e opportune, che è esattamente quello che facciamo quando un essere umano ha la febbre: lo invitiamo a riposarsi, lo facciamo bere molto e gli prescriviamo i farmaci appropriati e se poi la febbre continua a salire lo portiamo immediatamente all’ospedale e cerchiamo di individuare la vera causa della febbre, da una semplice infezione fino a malattie mortali come il cancro. 


RICETTE APPROPRIATE 

Nel caso della febbre del pianeta, la ricetta adeguata comporta l’adozione di almeno dieci misure.

1. Assumere impegni vincolanti immediati - e non solo promesse su base volontaria - per impedire che la temperatura planetaria salga di oltre un grado e mezzo durante questo secolo, operando in maniera tale che le emissioni di gas a effetto serra non superino le 38 giga-tonnellate nel 2020.

2. Consentire al pianeta di riposarsi attraverso accordi vincolanti che impongano di lasciare sotto terra e sotto il suolo marino più dell’80% delle riserve conosciute di combustibili fossili. 

3. Prendere le distanze dall’estrattivismo, proibendo nuove prospezioni ed estrazioni di petrolio, sabbie bituminose, petrolio di scisto, carbone, uranio e gas naturale, compresa l’infrastruttura di oleodotti come il Keystone XL (l’oleodotto che dovrebbe trasportare 830mila barili al giorno di petrolio delle sabbie bituminose canadesi fino alle coste texane del Golfo del Messico, ndt).

4. Accelerare la transizione verso l’uso di energie rinnovabili come l’eolica, la solare, la geotermica e la mareomotrice (quella ricavata dagli spostamenti d'acqua causati dalle maree, ndt) sotto la proprietà e il controllo pubblico e comunitario.

5. Promuovere la produzione e il consumo locali di beni durevoli per soddisfare le necessità fondamentali delle persone, evitando il trasporto superfluo di merci che possono essere prodotte localmente.

6. Favorire il passaggio da un’agricoltura industriale orientata all’esportazione per il supermercato globale alla produzione centrata sulla comunità per soddisfare le necessità alimentari locali, secondo il principio della sovranità alimentare.

7. Adottare e applicare strategie “Zero Scarti” tramite il riciclo e l’eliminazione dei rifiuti, e riadattare gli edifici in maniera da conservare l’energia per il riscaldamento e la refrigerazione.

8. Migliorare e ampliare il trasporto pubblico per lo spostamento di persone e merci nei centri urbani e tra le città attraverso ferrovie efficienti. 

9. Sviluppare nuovi settori economici con la creazione di nuove fonti di lavoro per ripristinare l’equilibrio del sistema terrestre, generando occupazione nei settori della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e del risanamento ambientale.

10. Smantellare l’industria della guerra e l’infrastruttura militare riducendo le emissioni climalteranti generate dai conflitti e destinando le risorse così liberate per favorire una vera pace.

RICETTE SBAGLIATE

Allo stesso tempo, dobbiamo essere consapevoli che non tutte le azioni sono appropriate e che alcune iniziative possono anzi risultare controproducenti. Il più grave pericolo che ci troviamo di fronte è il fatto che le grandi imprese stanno sequestrando l’agenda climatica per realizzare nuovi affari e ottenere così altri profitti dalla crisi. Dobbiamo rispondere a questo assalto delle transnazionali inviando un messaggio forte e chiaro: smettete di sfruttare la tragedia del cambiamento climatico!

Più specificamente, dobbiamo respingere l’idea di una “riverniciatura verde del capitale”. Occorre:

- combattere il processo di finanziarizzazione, mercificazione e privatizzazione dei processi naturali basato su una falsa agenda di “economia verde” che crea nuovi mercati speculativi destinati solo a incrementare la disuguaglianza tra gli esseri umani e ad accelerare la distruzione della natura;

- dire no, pertanto, al programma Redd (Riduzione delle emissioni provenienti dalla deforestazione e dal degrado delle foreste), all'“Agricoltura Climaticamente Intelligente”, al “Carbonio Azzurro” e alla “Compensazione della Biodiversità”, pensati per creare nuove fonti di profitto per le imprese;

- respingere le “soluzioni” tecnologiche come la geoingegneria, gli organismi geneticamente modificati, gli agrocombustibili, la bioenergia industriale, la biologia sintetica, la nanotecnologia, il fracking, i progetti nucleari, la generazione di energia basata sui termovalorizzatori, gli inceneritori, ecc.;

- opporsi ai megaprogetti di infrastrutture non necessarie, che cioè non beneficiano la popolazione e che contribuiscono all'emissione di gas a effetto serra, come le grandi dighe, le enormi autostrade, gli stadi per le coppe del mondo, ecc.;

- bloccare i trattati di libero commercio che promuovono gli scambi a scapito delle fonti di lavoro locali, distruggendo la natura e riducendo sostanzialmente la capacità delle nazioni di definire le proprie priorità a livello economico, sociale e ambientale.


CURA PREVENTIVA

Da ultimo, oltre a identificare le ricette giuste e quelle sbagliate, è fondamentale individuare la malattia che provoca e favorisce costantemente questa febbre planetaria. Se non muoviamo questo passo, la febbre continuerà a tornare diventando sempre più aggressiva. Dobbiamo fare una valutazione delle cause strutturali della malattia per poter sfuggire alla tempesta.

Gli scienziati hanno indicato chiaramente che l'incremento delle emissioni di gas a effetto serra è iniziato 250 anni fa con la rivoluzione industriale e ha registrato un'accelerazione durante il secolo scorso. È chiaro dunque che il modello industriale estrattivista e produttivista a vantaggio di pochi è la causa principale del problema. Dobbiamo sostituire il capitalismo con un nuovo sistema che persegua l'armonia tra gli esseri umani e con la natura e non una crescita senza fine come quella promossa dal sistema capitalista per ottenere sempre più profitti. Abbiamo bisogno di un sistema che vincoli il cambiamento climatico ai diritti umani, garantendo la protezione delle comunità più vulnerabili come i migranti e rispettando i diritti dei popoli indigeni.

La Madre Terra non può soddisfare le necessità di un consumo esagerato e della sovrapproduzione della società industriale moderna globalizzata. È necessario un nuovo sistema che risponda alle necessità della maggioranza e non di poche persone. Per avanzare in questa direzione, è necessaria una ridistribuzione della ricchezza che ora è controllata dall'1% della popolazione mondiale. Ciò richiede una nuova definizione di benessere e di prosperità per la vita sul pianeta entro i limiti della natura e nel riconoscimento dei diritti della Madre Terra.

In sintesi, dobbiamo organizzarci e mobilitarci, a New York e nel mondo, per dare impulso a un processo di trasformazione delle cause strutturali che provocano la crisi climatica.

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