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NUOVO VESCOVO DI CHICAGO: SOSTENERE TUTTE LE FAMIGLIE. TRADIZIONALI E NON

Tratto da: Adista Notizie n° 44 del 13/12/2014

37900 CHICAGO-ADISTA. Continua, nella vita quotidiana delle diocesi, il dibattito sui temi che hanno tenuto banco al Sinodo straordinario sulla famiglia dello scorso ottobre, e che saranno nuovamente alla ribalta al prossimo Sinodo, in programma per l’autunno 2015. Ha già fatto sentire la sua voce, infatti, il nuovo arcivescovo di Chicago, mons. Blase Cupich, successore del card. Francis George (v. Adista Notizie n. 34/14), rilasciando alla Cbs, il 30 novembre, un’intervista molto significativa che lascia prefigurare l’orientamento pastorale di questo arcivescovo, nominato a sorpresa, da “outsider”, da papa Francesco nella terza arcidiocesi per importanza negli Stati Uniti (2 milioni e 200mila i cattolici) e considerato l’immagine più fedele del “pastore con l’odore delle pecore” di cui il papa ha parlato. 65 anni, di origini croate, Cupich non compariva, a quanto sembra, nella terna indicata dalla Congregazione per i vescovi; ritenuto dai suoi confratelli un progressista, è in realtà un moderato dai toni pacati che preferisce il dialogo ai conflitti frontali di cui il suo predecessore è stato protagonista. Già parroco, poi docente in una scuola superiore e rettore del seminario Josephinum a Columbus (Ohio), ha lavorato presso la nunziatura apostolica e nei suoi 16 anni da vescovo – prima a Rapid City, nel South Dakota, poi a Spokane – in diverse commissioni episcopali, tra cui quella per la tutela dei minori, nell’ambito dello scandalo degli abusi sessuali. Il suo background di nipote di immigrati lo ha reso particolarmente attento alle tematiche dell’immigrazione: elemento, questo, che gli sarà certamente di aiuto a Chicago, dove il 44% dei cattolici è di origine ispanica. Aspetto che non ha tardato ad emergere: a nemmeno un settimana dalla data del suo insediamento, avvenuto il 19 novembre, ha incontrato il presidente Barack Obama in visita nella windy town per promuovere le sue misure per l’immigrazione.

Difendere tutte le forme di famiglia

Nella sua corposa intervista alla Cbs, Cupich ha affrontato in primo luogo il tema della famiglia. Mentre il matrimonio omosessuale viene legalizzato in sempre più Stati, per Cupich è molto importante che coloro che vi si oppongono «non dicano o non facciano nulla che possa provocare violenza contro gay e lesbiche. Dobbiamo assicurarci di non essere parte di questo sistema e dovremmo condannarlo. Allo stesso tempo non si tratta soltanto del matrimonio gay», ha aggiunto: «La questione è avere o non avere statuti, nei nostri Stati, che sostengano e proteggano le persone che si assumono il rischio di mettere al mondo dei figli. Persone che, come madri e padri che si uniscono nell’amore, perpetuano la razza umana». Alla domanda dell’intervistatrice della Cbs se fossero comprese anche le famiglie gay e se considerasse i genitori omosessuali dei bravi genitori, l’arcivescovo ha risposto: «Penso che vi siano non solo gay, ma anche molti single che sono bravi genitori. Non è questo il punto. Penso che la vera questione sia che dobbiamo avere, dobbiamo continuare ad avere una legislazione che supporti, tuteli e difenda le persone che si assumono il rischio di mettere al mondo dei figli»; «so che vi sono coppie gay, ve ne sono altre: nonni, single che adottano bambini, che magari hanno figli non loro ma che accudiscono con amore». «Ci deve essere il modo di sostenerli», ha affermato Cupich, aggiungendo che, in ogni caso, «vi è qualcosa di unico nell’unione tra un uomo e una donna che fanno nascere un figlio», che danno un esempio «come padre e madre, maschio e femmina in una famiglia che merita anch’essa il supporto e la tutela da parte dello Stato».

Sull’immigrazione un primo passo importante

L’ordine esecutivo firmato da Obama il 20 novembre scorso prevede che circa 5 milioni di immigrati clandestini (con figli cittadini statunitensi o legalmente residenti) possano evitare l’espulsione e accedere a un permesso di lavoro di tre anni a condizione che si facciano registrare. Una misura che, ha detto Cupich,  trova il suo sostegno e in generale quello dei vescovi del Paese: è un «importante primo passo», nell’attesa di una riforma onnicomprensiva della legislazione sull’immigrazione. 

Il suo incontro con Obama è durato appena sette minuti, ma Cupich ha avuto così l’occasione di ringraziare il presidente per le sue iniziative. Ciò che Cupich gli ha chiesto è la garanzia che coloro che decidono di “uscire dall’ombra” non si trovino poi in una situazione di maggiore rischio di espulsione sotto la successiva amministrazione. Il 26 novembre, poi, l’arcivescovo ha pubblicato una dichiarazione formale sulle politiche riguardanti l’immigrazione. «Non dobbiamo dimenticare – ha affermato – che vi sono ancora milioni di persone escluse da queste recenti decisioni, ancora obbligate a vivere nell’ombra»: bisogna continuare, dunque, a sostenere gli sforzi affinché una «riforma dell’immigrazione che abbracci tutti e che sia compassionevole» venga approvata al più presto.


Sì alla comunione ai politici “pro-choice”

L’intervista alla Cbs ha evidenziato anche nel neo arcivescovo di Chicago una grande distanza dai tanti suoi confratelli che non intendono dare la comunione ai politici che si professano a favore dell’aborto. Cupich ha affermato che non intende «utilizzare la comunione  come modo per escludere la gente dalla vita della Chiesa»: l’eucaristia, ha detto, è «un occasione di grazia e di conversione. È anche il momento del perdono dei peccati, quindi spero che quella grazia sia strumentale nel portare le persone alla verità». (ludovica eugenio)

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