La lezione di mons. Romero: la Buona Novella per i poveri è promessa di giustizia per tutti
Tratto da: Adista Documenti n° 4 del 31/01/2015
DOC-2689. ROMA-ADISTA. Per la canonizzazione ufficiale del già universalmente riconosciuto San Romero d’America sembra ormai solo una questione di data (e di luogo): dopo il riconoscimento unanime del martirio formale e materiale dell’arcivescovo salvadoregno da parte del collegio dei teologi della Congregazione per le Cause dei Santi - di cui ha dato notizia Avvenire il 9 gennaio scorso -, la lunga, complessa e tormentata vicenda della canonizzazione di mons. Oscar Romero è ormai davvero a un passo dalla conclusione. E se l’attuale arcivescovo di San Salvador José Luis Escobar non si è voluto sbilanciare, spiegando in conferenza stampa, il 4 gennaio, che la data dipende solo dal papa e che «potrebbe essere quest’anno, certamente, ma potrebbe anche essere il prossimo, o fra cinque anni o fra dieci», la speranza che già quest’anno Romero venga proclamato beato diventa sempre più forte.
Sembra tramontata l’ipotesi del settembre 2015, caldeggiata per esempio del vescovo ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chávez: se papa Francesco, recandosi in quel mese negli Stati Uniti avesse anche fatto tappa in Messico, avrebbe potuto, con appena due ore di aereo, raggiungere El Salvador e celebrare in quell’occasione la cerimonia per la beatificazione dell’arcivescovo. Ma, parlando con i giornalisti durante il volo di ritorno da Manila, papa Francesco ha spento l’entusiasmo affermando che non sono i papi a celebrare le beatificazioni e indicando per tale compito i nomi del card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, o di mons. Vincenzo Paglia, postulatore della causa di beatificazione di Romero.
Se già nel 2008, mons. Rosa Chávez esprimeva la sua impressione che il processo di canonizzazione di mons. Romero si trovasse nella «retta finale», è stato però con l’avvento al soglio pontificio di Jorge Mario Bergoglio che le speranze di una imminente conclusione del processo si sono riaccese: il convinto auspicio da parte di papa Francesco che Romero fosse al più presto proclamato santo ha indotto tutti a ritenere che la causa fosse stata “sbloccata”. Che, insomma, si fosse consumata una «rottura», come aveva rimarcato Jon Sobrino nel maggio del 2013, rispetto alla linea tenuta da «esponenti gerarchici di diverse curie» per impedire la canonizzazione dell’arcivescovo, malgrado nessuna ombra fosse mai emersa, nei lunghi anni dalla chiusura della fase diocesana del processo, nel 1996, né a livello di ortodossia né a quello di ortoprassi. E ciò facendo appello a ragioni di convenienza politica del tutto estranee (e anzi opposte) alla logica del martirio: il rischio di “politicizzare” la figura di mons. Romero, di trasformarlo in un segno di divisione anziché di unità, come se vittime e carnefici (gli stessi che avevano brindato alla notizia del suo assassinio) potessero mai arrivare a condividere lo stesso giudizio sull’arcivescovo. Un’attesa “prudente”, quella tante volte invocata dentro e fuori El Salvador, dietro a cui si è celato il tentativo – su cui in diversi hanno richiamato l’attenzione – di neutralizzare la figura dell’arcivescovo, privandola della sua dirompente e scomoda dimensione profetica.
«Adesso i postulatori devono muoversi perché non ci sono più impedimenti», aveva dichiarato lo scorso agosto papa Francesco, tornando poi a citare mons. Romero nella prima udienza generale del 2015, quando, parlando della figura materna, ha ripreso un brano dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo il 15 maggio 1977 per il funerale di un prete assassinato dagli squadroni della morte, Alfonso Navarro: «Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore… Dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio» è anche dare se stessi «nel compimento onesto del dovere», nel «silenzio della vita quotidiana»: «dare la vita a poco a poco», come «la dà una madre», «senza timore, con la semplicità del martirio materno».
Ad esprimere l’auspicio che Romero, «uno dei più grandi doni» ricevuti dall’intero popolo di Dio, venga beatificato già quest’anno, è anche l’arcivescovo emerito di Canterbury Rowan Williams, invitato a tenere, il 12 dicembre scorso, alla cattedrale St Chad di Birmingham, la Conferenza annuale dell’Archbishop Romero Trust, organizzazione nata nel 2007 per celebrare la vita e l’opera dell’arcivescovo. Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, ampi stralci dell’intervento di Williams, dedicato alla testimonianza dell’arcivescovo martire, nella particolare prospettiva dell’ecumenismo. (claudia fanti)
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!