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La “regolazione fine” e il significato della realtà

Tratto da: Adista Documenti n° 10 del 14/03/2015

(…). Da sempre, gli esseri umani si sono posti una serie di domande legate al senso e allo scopo (dell’universo e della propria vita personale). Questioni rispetto a cui, per quanto la scienza possa illuminare la ricerca, le risposte finali sembrano rimanere fuori dalla portata e dalla capacità del metodo scientifico. (...).

In questo articolo intendo percorrere brevemente i modelli cosmologici recenti, soprattutto in relazione al dibattito sulla giustificazione della regolazione fine dei parametri di base dell’universo (e del Principio Antropico). L’obiettivo è quello di contribuire al dialogo sulla possibilità o meno di trovare un “fine cosmico” a partire dai dati delle scienze, e mostrare come si creano e si usano certi modelli a base scientifica per sostenere o minare visioni filosofiche e teologiche contrapposte. (…)


ORIGINE ED EVOLUZIONE DELL’UNIVERSO 

Secondo l’attuale Modello Standard, che, a partire dagli anni ’80, comprende la cosiddetta inflazione cosmica, l’Universo che osserviamo (…) ha avuto origine circa 13.800 milioni di anni fa da uno stato microscopico di estrema densità, noto abitualmente come Big Bang (Grande Esplosione). (…). 

Dopo 10 alla -34 secondi (…) si è prodotta una fase di inflazione, in cui l’universo, ancora vuoto e freddo, è passato dall’essere 10 alla 17 volte più piccolo di un atomo all’assumere la dimensione di una moneta (cioè aumentando di un fattore di almeno 10 alla 26). Questa brutale espansione ha lisciato le disomogeneità iniziali dello spazio-tempo, rendendolo molto uniforme, salvo piccole irregolarità casuali (…) che sono servite più tardi come semi gravitazionali per la formazione di stelle e galassie. 

Al termine di questa fase di espansione esponenziale dello spazio, l’energia potenziale di questa gigantesca inflazione si è trasformata nelle “familiari” forme di materia-energia oggi dominanti (…), e l’universo si è continuato a espandere a un ritmo più moderato, conforme alla teoria originaria del Big Bang. (…). 

Di fronte all’estrema semplicità dell’universo nel tempo zero del Big Bang, oggi vediamo un universo pieno di strutture complesse (…) in cui (per sorpresa degli scienziati) domina da circa 5 miliardi di anni una misteriosa energia oscura, opposta a una forza gravitazionale sempre più debole, e responsabile di un’espansione accelerata (che in futuro diventerà esponenziale e condurrà alla totale disgregazione). 

Siamo in un universo evolutivo in cui, al di là dei grandi numeri cosmici, in almeno uno dei suoi angoli la materia ha generato due fenomeni nuovi, la vita e l’autocoscienza, manifestazioni dell’emergere di novità e di complessità. 

Il Modello cosmologico Standard (…) poggia su un grande numero di riscontri (che continuano ad accumularsi) (…). La teoria predice con successo la composizione e la proporzione dei tre elementi chimici maggioritari, che sono gli elementi più leggeri (idrogeno, elio e litio). Il resto degli elementi chimici che osserviamo nell’universo (in proporzione assai minore) procede da due tipi di processi. In primo luogo da reazioni nucleari al centro delle stelle, in cui vengono prodotti tutti gli elementi chimici fino al ferro (…). In secondo luogo, quando le stelle supermassicce esauriscono il loro combustibile nucleare, esplodono come supernove, espellendo violentemente nello spazio interstellare una grande quantità di materiale arricchito con elementi più pesanti del ferro. 

Più tardi, le nubi di gas e polvere (arricchite di questi elementi pesanti) espulse dalle supernove possono contrarsi in virtù della forza gravitazionale, generando (…) stelle di nuova generazione, eventualmente dotate di sistemi planetari. Si pensa che il sistema solare abbia iniziato a costituirsi in questo modo circa 4.600 milioni di anni fa. La Terra si è formata come uno dei pianeti interni rocciosi che orbitano intorno al Sole. Secondo diversi indizi, la vita pare che sia apparsa sul nostro pianeta circa 3.800 milioni di anni fa, generando forme sensibili, coscienti e, molto più tardi, autocoscienti. 

Tornando al Modello cosmologico Standard, dobbiamo dire che, per quanto esista una notevole concordanza tra tale modello e le sue predizioni, vi sono ancora importanti questioni da risolvere: su quale sia la natura dell’inflazione (esistono varie teorie al riguardo, e anche modelli alternativi all’inflazione); su come hanno potuto le presunte perturbazioni quantistiche durante l’inflazione servire da semi per le strutture a grande scala dominate dalla gravità (ammassi di galassie); su quale sia la natura della materia oscura (che costituisce attualmente il 26,8% della materia-energia totale e che presiede la dinamica galattica); su cosa sia l’ancora più enigmatica e diffusa energia oscura (68,3%), responsabile del fatto che l’universo sia entrato in una fase di espansione accelerata, ecc.


LA REGOLAZIONE FIN

Dalla metà del XX secolo, si sono andati accumulando dati sconcertanti sull’universo, tali da indicare che se certe leggi, certe costanti e certi parametri fossero stati leggermente diversi, l’universo si sarebbe evoluto in un modo che non avrebbe permesso la nascita della vita né di osservatori intelligenti. In questo consiste la cosiddetta “regolazione fine” dell’universo, da cui è derivata la formulazione del Principio cosmologico Antropico, secondo cui i parametri di base della fisica e le condizioni del Big Bang (che avrebbero potuto essere diversi) sono tali da aver reso possibili la vita e l’esistenza degli umani in quest’angolo dell’universo. In altri termini, l’universo ha dei tratti, i quali non sembrano imposti da alcuna necessità fisica previa, grazie a cui è possibile la vita intelligente almeno in un luogo. E ciò ha scatenato un appassionato dibattito su come interpretare questa intrigante coincidenza cosmica.  

Vediamo prima di tutto i tratti speciali del nostro universo che rendono possibile la nostra esistenza. 

1. Carattere aperto: il sorgere di una novità autentica (“emergenza”) nell’universo dipende dall’esistenza di dinamiche “al bordo del caos”, in cui ordine e disordine si mescolano in modi sottili, come possiamo notare nell’evoluzione biologica, che è un gioco tra caso e necessità. L’elemento di base della legge fisica è dato dalla meccanica quantistica, la legge più verificata della scienza, e che comprende tanto l’attendibilità (per esempio, la stabilità degli atomi) quanto l’apertura (l’imprevedibilità dei risultati della misurazione). (…).

2. Scenario generale: se lo spazio avesse avuto quattro dimensioni spaziali invece di tre, la legge di gravitazione avrebbe seguito non il principio dell’inverso del quadrato della distanza, ma quello dell’inverso del suo cubo, con conseguente instabilità delle orbite planetarie. 

3. Specificità quantitativa delle costanti fisiche: vi sono quattro forze o interazioni fondamentali nella Natura (gravitazionale, elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole), che determinano certe costanti del nostro universo. Ebbene, i valori di molte di queste, così come certe proporzioni tra di esse, appaiono sottilmente calibrate, di modo che l’universo, se avesse adottato altri valori (ugualmente possibili), non si sarebbe evoluto come ha fatto né avrebbe generato vita basata sul carbonio. 

- Se la forza nucleare debole non fosse relazionata in un certo modo (apparentemente casuale) con la forza gravitazionale, o tutto l’idrogeno si sarebbe convertito in elio a pochi secondi dal Big Bang, o, viceversa, nulla dell’idrogeno si sarebbe trasformato in elio, impedendo la formazione dell’acqua (…). 

- La vita richiede un universo con molti elementi chimici (…): se l’universo si fosse limitato a quelli generati solamente nel Big Bang, che sono i più semplici (idrogeno ed elio), sarebbe stato un universo “noioso” e inerte (e, naturalmente, senza osservatori interni). L’elemento fondamentale per la vita è il carbonio, l’unico capace di formare molecole complesse (…). Il carbonio si forma solo nelle “fornaci” delle stelle e a sua volta “brucia” per produrre ossigeno e altri elementi della tavola periodica. Ebbene, ciò dipende di una regolazione fine tra la forza nucleare forte (che mantiene uniti i nuclei atomici) e la forza elettromagnetica. 

- Come già affermato, gli elementi più pesanti del ferro (…) si producono solo durante le esplosioni delle supernove, che inoltre “seminano” lo spazio interstellare di una “polvere” ricca degli elementi generati. La relazione tra la massa del protone e quella dell’elettrone deve essere pari a quella osservata (con la prima superiore alla seconda di 1.840 volte) affinché le stelle producano questi elementi interessanti per la vita. (…). 

4. Tratti relazionati alle condizioni iniziali dell’universo: (...)

- Stiamo a quanto pare in un universo “piatto”, in cui cioè le forze di espansione e quelle di contrazione sono bilanciate a un grado estremo: la densità media dell’universo è calibrata in modo così sottile rispetto alla densità critica - quella che separa un universo aperto (in espansione indefinita) da un universo chiuso (che si contrae in un “Big Crunch” o Grande Implosione) - che, se fosse stata inferiore alla densità critica solo di una parte su 10 alla 60, l’universo si sarebbe espanso così rapidamente che non si sarebbero formate stelle né galassie e, se fosse stata superiore di una parte su 10 alla 60, tutto l’universo si sarebbe rinchiuso su se stesso per la forza di gravità. In entrambi i casi, si sarebbe avuto un universo noioso e senza osservatori.

- (…). Un universo uniforme e piatto come il nostro risulta essere relativamente improbabile, ma, anche in questo caso, è estremamente più probabile ottenere tale tipo di universo senza inflazione che con essa, secondo un incredibile fattore di 10100 (…). Ciò significa che, dei moltissimi universi possibili, il nostro è tra i pochi (se non l’unico) con un ordine sufficiente per produrre esseri come noi. (…).

- Nella sua evoluzione, l’universo deve raggiungere una certa età, un’enorme dimensione e una gigantesca quantità di galassie (100 miliardi), ciascuna con circa 100 miliardi di stelle, prima di generare la vita ed esseri intelligenti. A prima vista, l’enormità dell’universo sembra evidenziare l’insignificanza di una specie di un pianeta perso in questa immensità, ma in realtà vale anche l’argomento opposto, giacché si deve alla sua immensità se possiamo star qui (se fosse stato più piccolo o con meno galassie e stelle, non vi sarebbe vita intelligente). (…).

Di fronte a questo panorama di “coincidenze cosmiche”, il famoso fisico Freeman Dyson ha dichiarato: «Quanto più esamino l’universo e i dettagli della sua architettura tanto più mi appare evidente che l’universo, in un certo modo, doveva sapere che eravamo in in cammino». Tutto ciò richiede una giustificazione. 

E se la vita autocosciente è un prodotto quantitativamente insignificante apparso su un piccolo pianeta perso in un cosmo impensabilmente grande, già Pierre Teilhard de Chardin avvertiva che ciò che è più importante nell’universo è quello che riguarda la complessità e la coscienza. Un moderno teilhardiano, Schmitz-Moormann, ha insistito ugualmente sul fatto che (…) «la quantità non dice granché sul significato dell’universo». (…).


BREVE INCISO EPISTEMOLOGICO 

In sintesi, il Modello Standard di interazioni fisiche e di cosmologia inflazionaria contiene una quindicina di costanti libere specificabili. Nessuno sa nulla del perché tali costanti hanno i valori che hanno (tali valori sono empirici, si ottengono cioè per osservazione, senza che alcuna teoria dia ragione della loro esistenza). (…).

Ebbene, alcuni dei modelli relativi alla regolazione fine hanno abbandonato uno dei nuclei irrinunciabili di ciò che finora si è considerato come scienza rispettabile: vedremo che alcuni (al di là della loro coerenza interna e della loro semplicità o eleganza) sono per principio impossibili da verificare empiricamente (…). 

George Ellis richiama l’attenzione sulla svolta registrata dalla cosmologia a partire dagli anni ’70: se fino ad allora si dava per scontato che l’universo avesse una natura speciale, si è passati ora all’estremo opposto, cosicché molti cosmologi, nella loro ricerca di spiegazioni per la regolazione fine, ci dicono che il nostro universo non ha nulla di speciale, a parte la banale considerazione che i suoi parametri ci consentono di stare qui. E per questo fatto sono state avanzate svariate ipotesi, molte delle quali assumono filosoficamente l’idea che il nostro universo non è in reltà improbabile, ma un esemplare concreto di molteplici universi soggetti a leggi statistiche. 


INTERPRETAZIONI DELLA REGOLAZIONE FINE

(…). Le interpretazioni possono essere suddivise in tre tipi:

a. “L’esistenza dell’universo si deve a una necessità emanata dalle leggi fisiche”. Si possono proporre teorie scientifiche in grado di dar conto o di predire le grandezze fondamentali che si presume siano necessarie e non arbitrarie come ora ci appaiono? Einstein lo ha riassunto in una delle sue note frasi: «Ha avuto Dio un’alternativa alla creazione?». Se le costanti fisiche sono “necessarie” e non contingenti (non possono cioè essere in altro modo), si potrebbe secondo alcuni “scartare” l’“ipotesi teista” (…).

b. “L’universo si deve al caso”. Questa idea è talmente scioccante che, per evitare l’assurdo di attribuire alla mera sorte l’esistenza di un cosmo così peculiarmente regolato, si sono proposte diverse ipotesi sull’esistenza di una moltitudine di universi, ciascuno con una combinazione di parametri di base e con la propria evoluzione, di modo che noi ci troveremmo semplicemente in uno di essi, senza alcuna peculiarità speciale, a parte il fatto di stare qui a constatare di aver vinto la lotteria. Si suggerisce, cioè, un gioco d’azzardo cosmico che, portato all’estremo, propone infiniti universi, eliminando il mistero della regolazione fine del nostro. (…).

c. “L’universo si deve a una finalità impressa da qualcosa o qualcuno estraneo allo stesso universo”. Passano da qui le proposte che mirano a mostrare la verosimiglianza della tesi teista (non a dimostrarla). (…).

Vediamo in sintesi le interpretazioni e i modelli teorici proposti, in cui quasi inevitabilmente la scienza entra in dialogo con la filosofia e con la teologia. (…).

TEORIE DELLA GRANDE UNIFICAZIONE 

(...). Rientrano in questa categoria le teorie dirette a superare le difficoltà ancora non risolte di unificare la gravitazione della relatività generale con le altre forze già spiegate dalla meccanica quantistica, difficoltà a cui si è risposto con un’alluvione di modelli totalmente ipotetici. (…).

Alcune di queste teorie si basano a loro volta su modelli di teorie delle stringhe o delle superstringhe, come la cosiddetta “teoria M”. Ma le stesse teorie delle stringhe presentano numerosi problemi, tra cui il loro carattere non verificabile (…). Concretamente, le teorie predicono sei dimensioni spaziali nascoste da aggiungere alle quattro conosciute dello spazio-tempo. Inoltre, le cinque distinte teorie delle stringhe (…) non conducono a predizioni univoche, generando uno spazio astratto di risultati possibili denominato “paesaggio”. Altro problema è che tali teorie sembrano esigere l’esistenza di numerosi universi senza comunicazione con il nostro. (...).

Passiamo a un breve riassunto dei modelli di grande unificazione. 


L’UNIVERSO COME RISULTATO DI UNA FLUTTUAZIONE QUANTISTICA

Negli anni ’70 si è cercato di ampliare la teoria quantistica dei campi (affermatasi nell’ambito della microfisica) al piano cosmologico, cioè trattando l’universo delle origini come una particella elementare sottoposta alle leggi della meccanica quantistica. Da qui l’idea che il nostro universo potrebbe essere sorto come risultato di una fluttuazione quantistica del vuoto fisico. 

Nel vuoto quantistico si producono continuamente coppie di particelle e antiparticelle virtuali che immediatamente si annullano. L’ipotesi propone che l’universo abbia preso il via da un evento in cui l’energia sarebbe stata presa “in prestito” durante un brevissimo istante. (…).

Il primo modello di questo tipo (Edward Tryon, 1973) conduceva all’insoddisfacente risposta che il nostro universo è frutto di una mera probabilità statistica, che cioè “questo avviene, semplicemente perché sì”. (…).

Ancor più fondamentale è l’erronea identificazione tra il vuoto (un’entità fisica) e il nulla metafisico. Perché il vuoto quantistico non è il nulla, ma un’altra entità materiale, descritta dalle stesse leggi quantistiche (…). Di fatto, questa confusione è frequente tra i divulgatori scientifici alla moda. (…).  

Come dice Mark Worthing, «(…) si potrebbe naturalmente affermare che non c’era nulla e che all’improvviso c’è stato qualcosa, senza ragione né causa apparente. Ma questo sarebbe più un enunciato di carattere filosofico o teologico che una genuina teoria scientifica». (…).

MULTIVERSO/I 

Affermare che tutti i parametri fisici iniziali dell’universo hanno determinate proporzioni e relazioni solo per caso è assurdo se postuliamo un solo universo, giacché (…) il caso dipende dalla probabilità di diversi risultati. 

Così, per far sì che l’assai improbabile diventi probabile o anche obbligatorio, alcuni hanno proposto modelli di molteplici universi (multiverso), simultanei o successivi. 

Le prime idee di multiverso risalgono all’interpretazione di Hugh Everett del principio di indeterminazione della meccanica quantistica. Questo principio ci dice che prima di un’osservazione esistono solo probabilità e che l’osservazione “seleziona” una tra tutte queste possibilità statistiche. Ebbene, Everett (…) ci dice che (…) bisogna postulare che tutte le possibilità in realtà avvengano, per quanto in universi separati e paralleli. In ogni momento starebbero sorgendo versioni alternative di qualunque evento (…). Vale a dire che esisterebbero infiniti universi, ciascuno dei quali si starebbe sdoppiando continuamente in altri infiniti nuovi universi. 

Sono stati proposti vari modelli di multiverso con molti o infiniti universi coesistenti o successivi. (…).

In quello più semplice o “comprensibile” abbiamo in realtà un solo universo di enorme dimensione o addirittura infinito, sulla base di molteplici dominii coesistenti, come bolle separate. In questo mega-universo possiamo aver notizia solo di un dominio parziale (il nostro), corrispondente al cosiddetto “volume di Hubble”, calcolato tenendo conto della velocità finita della luce e del tempo passato dal Big Bang. Quanto esiste oltre la nostra “bolla” non lo sappiamo (né potremo saperlo), e anche le leggi della fisica potrebbero lì essere diverse. 

Il secondo tipo di multiversi si basa su certe ipotesi fisico-cosmologiche oggi non verificate empiricamente. Già Edward Tryon postulò nel 1973 un vuoto fisico con una costante attività di formazione e distruzione di particelle diverse con proprietà e masse infinitamente variabili. Queste fluttuazioni quantistiche del vuoto darebbero luogo a semi di universi con tutte le combinazioni possibili di tratti fisici. Ciascuno di questi universi subirebbe un’espansione e un’evoluzione distinte e indipendenti dagli altri, con i quali non potrebbe mai connettersi. L’immensa maggioranza di questi universi sarebbe noiosa o sterile (non potrebbe sorgere vita né vita intelligente).

(…). In base alla teoria del “paesaggio cosmico” di Leonard Susskind, la ricerca di una teoria quantistica della gravità (…) condurrebbe a un multiverso con un numero inimmaginabile di versioni (intorno a 10 alla 500; a titolo comparativo diciamo che il nostro universo contiene “solo” circa 10 alla 80 atomi). Susskind propone che tutte queste possibilità abbiano realmente una realtà fisica, vivendo noi in una di esse. 

CRITICA DEI MODELLI DI MULTIVERSO 

(…). Finora, il nucleo di ciò che consideriamo scienza è il suo fondarsi su dati di osservazione e sperimentazione e sulla sua capacità predittiva. Non sembra che i modelli di multiversi rispondano a tale requisito. (…).

Inoltre, molti autori favorevoli ai multiversi commettono un errore categoriale nel confondere le legittime domande sul “come” poste dalla scienza con la pretesa che la fisica abbia una risposta alla domanda chiave del “perché” esiste l’universo. (…).

Per John Polkinghorne «questo multiverso non è altro che una speculazione metafisica con un eccesso di prodigalità ontologica». Sulla stessa linea, per Ellis «è una proposta incredibilmente stravagante postulare innumerevoli universi non osservabili solo per spiegare un’unica entità (l’universo osservabile). (…).

Fare metafisica non è male (…); è male, come fanno molti autori nei loro libri di divulgazione, nascondere sotto l’apparenza di scienza rispettabile ciò che è mera speculazione fondata su modelli non verificati e quasi sicuramente non verificabili. Per “giocare pulito”, bisognerebbe chiarire di essere entrati nel pieno dominio della cosmologia metafisica, cercando di non perdere di vista quanto dice la cosmologia fisica sperimentata, ma evitando di far passare una certa posizione filosofica come se fosse avallata da dati scientifici. (…). 

«Non vedo obiezioni teologiche fondamentali contro un multiverso (…). È solo che sono contrario all’elaborazione di ipotesi fisiche speculative abbellite con calcoli matematici per dar loro apparenza di scientificità» (Hans Küng). 

UNA PROPOSTA RAGIONEVOLE

Come afferma Javier Monserrat, (…) l’universo è ambivalente dal punto di vista metafisico. Pertanto, la scienza non impone né il teismo né l’ateismo. (…).

Tanto il credente quanto l’ateo possono mostrare la ragionevolezza delle rispettive convinzioni ricorrendo ad argomenti metafisici, ma non possono imporle né esiste un tribunale indipendente che possa decidere a favore dell’uno o dell’altro. 

Il credente potrà legittimamente sostenere che l’universo (spiegato dalla scienza) è coerente con l’idea teologica di creazione, e anche parlare della creazione di un mondo in evoluzione, accettando, come l’ateo, quanto la scienza legittimamente ci dice sull’origine fisica e sullo svolgimento storico del cosmo. E l’ateo può legittimamente giustificare la propria posizione a partire dagli stessi dati e modelli scientifici. 

La scienza non impone un’idea di senso o finalità nell’universo. Il concetto di finalità (…) non deriva da alcun principio fisico né da alcuna equazione o attività delle forze della natura, ma appartiene al campo della metafisica, sebbene, per formularlo in modo congruente, si debba tener conto di ciò che dice la scienza sulla realtà materiale. (…).

er il credente (…), la finalità dell’universo (un piano razionale, ma non dimostrabile a partire dalla scienza) sarebbe quella di condurre all’esistenza (mediante cause naturali derivate dallo stesso dinamismo naturale) esseri intelligenti capaci di esplorare l’universo stesso e interrogarsi sul suo significato, ed eventualmente riconoscere e onorare il proprio Creatore. (…).

Insistiamo sul fatto che il concetto di creazione non è una spiegazione causale (in termini di cause fisiche) giacché Dio non è una causa tra le cause. (…).

Insistiamo ugualmente su qualcosa che non è abbastanza chiaro ad alcuni fisici ingenui filosoficamente e ad alcuni credenti ugualmente ingenui: origine (principio) e creazione sono concetti non solo differenti, ma appartenenti a categorie epistemologiche distinte. (…). 

Per Polkinghorne, il meraviglioso ordine che scopriamo nel cosmo e il fatto che le nostre menti possano coglierlo si possono ugualmente interpretare come un riflesso della mente del Creatore. Ugualmente rilevante è il fatto che l’umanità, nelle sue diverse epoche e culture, ha vissuto esperienze del sacro a cui ha attribuito un’importanza radicale. 

Una volta ancora: ciò non dimostra l’esistenza di Dio, ma suggerisce (oltre la portata della scienza, ma partendo dai dati scientifici) che l’ipotesi teista è ragionevole e forse più semplice delle sue alternative metafisiche materialiste. (…).

Come dice Polkinghorne: «È certamente sorprendente che un universo intellegibile, fecondo, aperto e interrelazionato risulti così congruente con l’idea di un Creatore immanentemente attivo». Si osservi la sfumatura: congruenza non significa dimostrazione, ma non contraddizione tra distinti ambiti o sistemi di pensiero, che ne consente la convivenza pacifica. (…).

Nell’universo non ci sono “segni espliciti” dell’attività di Dio che obblighino a credere alla sua esistenza. In questo universo l’essere umano è libero dinanzi a un Dio che non si impone. Per Ellis, l’universo è disegnato perché sorga la libertà e la responsabilità di esseri intelligenti e una condizione per questo è che la natura di Dio e la sua attività creatrice restino ampiamente nascosti in manieta tale che sia possibile dubitare. 

Tuttavia, Dio non è totalmente occulto, giacché l’universo è disegnato per permettere l’accesso dell’essere umano al divino, lasciando aperta la possibilità del dubbio e del rifiuto. Pertanto, il disegno dell’universo è kenotico: Dio “si è abbassato”, rinunciando a imporre la sua presenza per lasciar spazio alla libertà delle sue creature intelligenti.

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