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La kermesse del Circo Massimo chiude l’epoca dei “valori non negoziabili”

La kermesse del Circo Massimo chiude l’epoca dei “valori non negoziabili”

Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 06/02/2016

38422 ROMA-ADISTA. Il Family Day del 2016, al di là dei numeri e delle polemiche, dimostra un fatto ormai evidentissimo: anche per la Chiesa i “valori non negoziabili” non esistono più. Non si spiega altrimenti il fatto che meno di 10 anni fa, nel 2007, la gerarchia cattolica non aveva esitato a mobilitare – e con estrema fermezza – tutto il laicato cattolico contro i Di.Co., le dichiarazioni di convivenza volute dall’allora ministra della Famiglia Rosi Bindi per estendere a tutte le coppie stabilmente conviventi, seppure non sposate, alcune tutele giuridiche. Oggi, anche tra chi in quell’occasione era in piazza, così come nell’episcopato italiano, pochissimi dichiarerebbero pubblicamente di essere contrari al riconoscimento di alcuni diritti tipici dell’istituto matrimoniale anche a chi convive; addirittura a chi è omosessuale. Attualmente il fronte si è semmai spostato sul “matrimonio” gay e sulla possibilità per un omosessuale di adottare il figlio del convivente. Non certo sulle “unioni civili”, che sembrano ormai essere state metabolizzate dalla gerarchia cattolica. Un po’ come avvenne con il divorzio e, in parte, anche con l’aborto. 

Chiarito quindi che anche per la Chiesa tutto è – nei fatti, se non a livello magisteriale –  negoziabile, va detto che anche sull’opportunità di scendere in piazza contro la “stepchild adoption” all’interno della gerarchia ecclesiastica si sono scontrate due diverse linee. Quella di intransigente difesa della dottrina e quella incarnata da papa Francesco, che – memore della sonora sconfitta vissuta nel 2010 quando da arcivescovo di Buenos Aires si mise a capo dell’opposizione alla legge sul matrimonio gay sostenuta da Cristina Kirchner – non sembra voler riproporre il classico “scontro di civiltà” tra magistero ecclesiastico e società secolarizzata. Per lui, in questa fase, sembra più importante che la Chiesa continui a recuperare credibilità presso l’opinione pubblica laica, mantenendo per sé quell’aura di riformatore, di leader religioso aperto e tollerante che ne ha fatto in questi due anni un’icona dei media.

Una kermesse con tanti “nei”

Detto questo, il comune denominatore che unisce il precedente Family Day, svoltosi il 20 giugno 2015, a quello del Circo Massimo, oltre al sostegno della Cei che ha messo in moto la macchina organizzativa delle Curie (e poco importa che a sfilare ci fossero o meno i vescovi stessi, quando ad organizzare i pullman sono state le strutture diocesane della Chiesa), è stato il massiccio coinvolgimento del movimento neocatecumenale.

Del ruolo determinante svolto dai seguaci di Kiko Argüello in tante fasi della storia ecclesiastica recente abbiamo accennato più volte, sottolineando il sostegno loro concesso da questo papa come dai precedenti, e spiegandolo – oltre che con il loro radicamento, la loro ubbidienza totale al papa ed al fondatore, la loro consistente disponibilità finanziaria – anche con la capacità di mobilitazione che hanno mostrato in questi anni e che ha pochi paragoni dentro la Chiesa (e non solo). Qualcuno, forse un po’ maliziosamente, certamente esagerando, ha sostenuto che se non ci fossero stati loro, i Family Day sarebbero stati un flop. Certo è che i neocatecumenali di persone in piazza ne riescono a portare davvero tante. Negli ultimi anni, poi, la loro strategia è cambiata. Prima infatti Kiko e i suoi preferivano, a differenza di altre realtà di movimento come Comunione e Liberazione, non prendere posizione su questioni politiche come sui temi di più stretta attualità. Negli ultimi anni, invece, il movimento ha scelto un impegno più diretto. Garantendo alle iniziative promosse dai vertici ecclesiastici visibilità e partecipazione.

Non pare un caso, che il card. Angelo Bagnasco, che molto ha puntato sulla manifestazione del 30 gennaio, abbia voluto assicurarsi personalmente dell’impegno di Kiko in vista dell’appuntamento. «Ieri mi ha chiamato il card. Bagnasco che voleva parlare al telefono con me per dirmi che lui sarebbe molto contento se potessimo assistere e sostenere questo incontro del 30 gennaio. Io naturalmente gli ho detto di sì, che mi sembra ottimo e che saremo lì con tutte le nostre forze, come possiamo», ha voluto raccontare il fondatore del Cammino, all'agenzia stampa Zenit, il 16 gennaio scorso. Il tono dell’intervista sembrava tutto teso a sottolineare che le famiglie neocatecumenali sarebbero andate in piazza per rispondere ad un preciso mandato: «È importantissimo che i vescovi italiani siano uniti a noi – ha spiegato Kiko – perché altrimenti saremmo lì soli ad esporci, a farci dire che siamo “omofobi” e cose del genere. Non è vero, dietro a noi c’è la Chiesa che ci sostiene in questa difesa della famiglia cristiana a cui si sta facendo tanto del male».

Del resto, che la “presenza” dei neocatecumenali sia stata decisiva per l’organizzazione della kermesse del Circo Massimo lo dimostra anche il fatto che è neocatecumenale lo stesso portavoce del Comitato “Difendiamo i nostri figli”, che ha ufficialmente promosso il Family Day, ossia Massimo Gandolfini, padre di sette figli adottivi, neurochirurgo e primario in un ospedale di Brescia, presidente dell’Associazione medici cattolici Regione Lombardia (nonché già vicepresidente dell’associazione Scienza&Vita, quella che promosse il boicottaggio al referendum sulla legge 40, nel 2005); così come neocatecumenale è Filippo Savarese, portavoce di Generazione Famiglia, la costola italiana dell’organizzazione francese La Manif Pour Tous (l’associazione che organizzò la manifestazione tenuta a Parigi il 13 gennaio 2013 contro la legge, voluta dal governo Hollande, che estende l’istituto del matrimonio ai gay) e una parte dei vertici dell’organizzazione. E simpatizzante di Kiko è anche Costanza Miriano, autrice nel 2011 del libro Sposati e sii sottomessa.

Laicato cattolico in ordine sparso

L’egemonia dei neocatecumenali sul Circo Massimo è però anche il risultato del progressivo defilarsi da eventi di questo genere di altre importanti realtà del laicato cattolico, sia movimenti che associazioni. Un processo iniziato da alcuni anni, in particolare dopo la fine dell’egemonia del card. Camillo Ruini su Curia e presidenza Cei. Non aderiscono al Family Day storiche realtà associative come Acli, Azione Cattolica ed Agesci, più propense alla riflessione che allo scontro di piazza, più inclini alla mediazione che alla prova muscolare. Stupisce di più la posizione assunta da Comunione e Liberazione, simile peraltro a quella del giugno 2015. Nemmeno il movimento storicamente più rappresentativo del laicato cattolico di destra ha ufficialmente aderito alla kermesse del Circo Massimo. Assumendo una posizione di neutralità che a molti militanti ciellini non è piaciuta. Ha provato a spiegarla, con una lettera pubblicata il 24 gennaio scorso dal Corriere della Sera, il successore di don Luigi Giussani, il prete spagnolo don Julián Carrón. Per lui la richiesta di “nuovi diritti” come il riconoscimento e l’adozione per le coppie omosessuali pesca «in ultima istanza, in esigenze profondamente umane: il bisogno di amare e di essere amati, il desiderio di essere padri e madri, la paura di soffrire e di morire, la ricerca della propria identità». Questa esigenza che non trova risposta, chiede don Carron «può essere risanata con l’approvazione di una legge? Tanti credono di sì. Questo spiega la lotta accanita per approvarla. D’altra parte, chi ritiene che questo mini le basi della società si oppone spesso con lo stesso accanimento, senza riuscire a sfidare minimamente, anzi, alimentando, la posizione che combatte». Come a dire che lo scontro di piazza non porta risultati. Eppure il settimanale Tempi, che non è una testata ciellina, ma è fatta da tanti ciellini, a partire dal suo direttore Luigi Amicone, ha condotto una intensissima campagna in favore del Family Day, in evidente contrasto con la linea “neutralista” espressa dai vertici del Movimento. Sulla stessa linea di Cl anche l’Opus Dei. Ha fatto anzi un certo scalpore l’intervista resa al giornale La Croce da don Mauro Leopardi, prete opusdeista del centro Elis di Roma che ha condannato la manifestazione del Circo Massimo senza mezzi termini: «Anche se forse nelle intenzioni degli organizzatori non era così, quella che è arrivata al Paese è stata la logica dello schieramento: un “noi e loro”, un “assediati e assedianti”, che a me pare non giovi assolutamente né alla Chiesa né all’Italia in generale. Uno schieramento preclude la possibilità di aiutare a capire meglio: manifesta un’ansia riduzionista, la voglia di semplificare le cose. E invece, oggi più che mai, abbiamo bisogno di allargare le nostre prospettive». 

Vicinanza a chi era in piazza, ma senza aderire formalmente al Family Day è stata anche la posizione del Forum delle Famiglie. Piena adesione è invece arrivata dal Rinnovamento nello Spirito, dal Movimento Cristiano Lavoratori e dall’associazione Papa Giovanni XXIII – da sempre piuttosto intransigenti sui temi etici. 

* Ritaglio della locandina ufficiale del Family Day

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