"La Collina" di Cagliari. Un modello di Costituzione attuata
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 7 del 18/02/2017
Genova 2 febbraio 2017. Lo sapevamo anche prima del 4 dicembre 2016 che la prima parte della Carta Costituzionale del 1948 sarebbe stata lo spartiacque tra due mondi: di chi vede nella Carta, garante di diritti e del lavoro, un impedimento al mercato e di chi vede nella Carta un baluardo di civiltà invalicabile, pena il ritorno alla preistoria e al sopruso del più forte.
In Italia, nell’estremo sud della Regione Sardegna, nel comune di Serdiana (Cagliari), conosco un posto che da 22 anni attua l’articolo 27 della Carta costituzionale, come risultato dello spirito e della lettera di tutta i primi 52 articoli della prima parte, dove il lavoro e i diritti personali sono non solo proclamati, ma anche definiti e difesi. È questa Costituzione che abbiamo difeso con il referendum del 4 dicembre 2016.
È anche avendo negli occhi e nel cuore «La Collina» di don Ettore Cannavera e la loro esperienza pluridecennale che siamo stati «costretti» a difendere un orizzonte di civiltà che nell’art. 27 §3 dice con parole semplici e solenni che «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
«La Collina» è un luogo alternativo al carcere, dove minori che incidentalmente sono stati coinvolti da adulti in delitti e atti delinquenziali, vittime essi stessi, hanno la possibilità di passare il tempo della pena non nell’ozio che li educa a delinquere sempre di più, ma a guadagnarsi la vita con le loro mani e la condivisione di una esperienza comunitaria con educatori specializzati per reimparare a lavorare, a vivere in società e ad assumersi le responsabilità della convivenza civile.
«La Collina» è divisa in «Tre Colline», in base ai delitti e alle pene comminate da un tribunale italiano con sette ospiti per ogni unità. Nessuno vive in ozio, ma tutti lavorano i 10 ettari di vigneti e uliveti, eredità che don Ettore e i suoi fratelli hanno donato alla Comunità per realizzare il mandato costituzionale di rieducare chi si è imbattuto in delitti anche gravi. Oltre al lavoro, a turno gli ospiti gestiscono la quotidianità della casa (cucinare, pulire, lavanderia, ecc.), accompagnati 24 ore su 24 da adulti specialisti che condividono la loro stessa vita, gli stessi orari e le stesse incombenze.
Se questi ragazzi oziassero nelle carceri costerebbero allo Stato 2 milioni di euro, mentre alla Collina costano appena 200 mila euro: lo Stato, cioè, risparmia l’80% dei costi. Su 100 ragazzi che escono dal carcere, 70 vi ritornano e qualcuno, appena girato l’angolo, perché il carcere genera la delinquenza, mentre dalla «Collina» solo 4. Qui sta la prova che se lo Stato vuole vincere la delinquenza deve moltiplicare «La Collina» ed esportarla in tutta Italia. Ipotizzando 50 mila carcerati, lo Stato risparmierebbe 800 milioni. Poiché questi denari provengono dalla fiscalità generale, la rieducazione civile dei carcerati, specialmente minori, conviene ai cittadini perché pagherebbero meno tasse.
Per 21 anni la Regione di Sardegna ha sostenuto economicamente «La Collina» di don Ettore Cannavera con un contributo che ultimamente era di € 200 mila, quanto basta per pagare lo stipendio di n. 7 educatori specializzati con uno stipendio di € 1.200/1.300 mensili più gli oneri fiscali e contributivi. Per tutto il resto «La Collina» si mantiene con il proprio lavoro e la vendita dei prodotti, vino e olio (che possono anche essere ordinati on line: comunitalacollina@tiscali.it ).
Dal 2016, non solo la Regione è in ritardo nell’approvazione del proprio bilancio, ma è in ritardo paradossale nei pagamenti, peraltro già impegnati, costringendo di fatto «La Collina» a chiudere, smarrendo un patrimonio acquisito e costato denaro pubblico. Non ricevono lo stipendio da oltre 9 mesi, gli educatori e le educatrici, padri e madri di famiglia, messi in cassa integrazione, ma ricevono offerte di lavoro da altre comunità in ragione della loro alta specializzazione. Per «La Collina» sarebbe la fine.
Sembra impossibile che la regione Sardegna non sia capace di fare una delibera urgente, dichiarandosi garante per iscritto presso la Banca al fine di permettere la normale vita della Comunità e salvare un patrimonio di persone, di cultura, di specializzazioni e di civiltà che sta per essere seppellito ignominiosamente.
Invito coloro che hanno difeso la Costituzione ad ascoltare/vedere i 29 minuti di video su Youtube postato dall’instancabile amico Dino Biggio, in cui don Ettore Cannavera fa una magistrale lezione di civiltà costituzionale che dovrebbe essere insegnata nei Parlamenti del mondo, nelle sacrestie di tutte le chiese e nelle scuole di ogni ordine e grado: una perla.
Non dovrebbe essere difficile al presidente della Regione Sarda, Francesco Pigliaru e all’assessore Luigi Arru capire il tesoro che hanno nella loro Regione e l’importanza di apprestare un piano non solo di salvataggio momentaneo sull’onda dell’indignazione popolare che sale da ogni parte d’Italia, ma un programma futuro per la vita serena della Comunità, magari coinvolgendo il Ministero della Giustizia che dovrebbe essere interessato per dovere «politico» e per il ruolo suo proprio.
Noi vegliamo e non permetteremo che «La Collina» muoia. «La Collina» di don Ettore Cannavera, che prende sul serio la Costituzione italiana salvata dal referendum del 4 dicembre 2016, deve vivere oggi e domani. Per la Sardegna, per l’Italia, per la civiltà garantita dalla nostra Costituzione.
Paolo Farinella è prete a Genova
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