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Messaggio finale  del 37° congresso

Messaggio finale del 37° congresso

Tratto da: Adista Documenti n° 32 del 23/09/2017

(per l'introduzione a questo documento clicca qui)

1. Dal 7 al 10 settembre 2017 abbiamo celebrato il 37° Congresso di teologia sul tema “Donne e religione: dalla discriminazione all’uguaglianza di genere” in un clima di dibattito sereno, di dialogo sincero e di incontro fraterno-sororale. Abbiamo cominciato osservando un minuto di silenzio come espressione di condanna per gli attentati terroristici di Barcellona e Cambrils e di solidarietà alle famiglie, ed un altro per gli assassinii di donne che avvengono in Spagna e in tutto il mondo. Un altro minuto di silenzio lo abbiamo osservato per i popoli colpiti dai vari uragani e terremoti che hanno causato decine di morti negli Stati Uniti, in Messico e nei Caraibi.

2. Abbiamo svolto un’analisi critica del patriarcato come sistema di dominio contro le donne, le bambine, i bambini e le persone più vulnerabili della società. Questo sistema è in alleanza con altri modelli di dominio: capitalismo, colonialismo, fondamentalismo, depredazione della natura, e provoca discriminazioni di genere, di classe, etnia, cultura, religione, provenienza geografica e orientamento sessuale in tutti gli ambiti della vita: linguaggio, vita quotidiana, politica, economica, educazione, lavoro, famiglie, spazio domestico, cultura, scienza, creazione artistica, tempo libero, mezzi di comunicazione, pubblicità.

3. La nostra critica si è estesa alle religioni, che hanno una struttura patriarcale, trasmettono una ideologia androcentrica, impongono una morale maschilista e sviluppano pratiche sessiste. Nella maggioranza dei casi non si riconoscono le donne come soggetti religiosi ed etici, ma vengono considerate inferiori, subalterne, dipendenti. Vengono escluse dagli spazi del sacro, emarginate da posti di responsabilità, di esercizio del potere e dagli ambiti decisionali. Le religioni generano nelle donne atteggiamenti di obbedienza e sottomissione che sono qualificati come virtù.

4. Abbiamo analizzato criticamente e condannato la violenza contro le donne e le identità sessuali dissidenti nelle loro molteplici manifestazioni: corpi colonizzati, violenza maschilista come arma di guerra, violazioni, prostituzione, tratta delle donne, uteri da affittare, abusi sessuali su bambine e bambini, vendita di organi, bambine e bambini rubati, femminicidi, aggressioni contro gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, intersessuali, maltrattamenti dei piccoli, ritiro alle madri della custodia di figli e figlie e consegna ai padri condannati per maltrattamento.

5. I dirigenti religiosi si prodigano in condanne dell’aborto, del divorzio, dei rapporti prematrimoniali, dei metodi contraccettivi, del matrimonio omosessuale, della fecondazione in vitro, dei diritti sessuali e riproduttivi. Squalificano la teoria di genere che chiamano “ideologia di genere” e considerano la più perversa dell’umanità. Condannano i movimenti femministi e LGBT e manifestano la loro opposizione alle leggi di uguaglianza effettiva fra uomini e donne. Con i loro documenti e dichiarazioni pubbliche alimentano spesso varie forme di violenza di genere: sessuale, simbolica, religiosa, psicologica e incoraggiano atteggiamenti e comportamenti maschilisti e omofobici nelle persone credenti e nella cittadinanza. Mostrano inoltre insensibilità verso la violenza di genere, il patriarcato, il sessismo e la LGBTfobia. Nella Chiesa cattolica è vietato alle persone sessualmente dissidenti l’accesso al ministero sacerdotale e la partecipazione ad attività pastorali.

6. Abbiamo dato la parola a donne attiviste che hanno esposto i contributi dei loro movimenti femministi alle differenti aree geoculturali, specialmente in America Latina, Africa e Spagna, e a donne credenti che hanno parlato dei loro Movimenti di Donne nelle religioni, movimenti che, in sintonia con quelli femministi, lottano contro ogni tipo di discriminazione e per la difesa dell’uguaglianza di genere.

7. Abbiamo valutato positivamente l’incontro fecondo fra femminismo e cristianesimo, che ha provocato la ribellione delle donne contro il sistema patriarcale e la nascita della teologia femminista, che riconosce il protagonismo delle donne nel movimento di Gesù inteso come discepolato egualitario, nella nascita della Chiesa cristiana per essere testimoni della resurrezione e nelle prime comunità cristiane dove esercitavano i ministeri e i carismi senza discriminazione, secondo l’affermazione di Paolo di Tarso: “Non c’è più giudeo né greco; né schiavo né libero; Né uomo né donna, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3,28).

L’esclusione delle donne dal ministero ordinato non risponde a ragioni bibliche, teologiche o storiche, ma è il risultato della persistenza del patriarcato insediato nel vertice del potere e nell’organizzazione delle istituzioni religiose. Denunciamo il fatto che si puniscano con la scomunica le donne ordinate sacerdoti nella Chiesa cattolica.

8. Fecondo è l’incontro fra il femminismo “decoloniale” e le teologie femministe che criticano il femminismo egemonico-occidentale, si interrogano sulla colonizzazione del potere, del sapere, dell’essere e del genere, difendono la decolonizzazione delle menti, del discorso teologico e delle pratiche di liberazione delle religioni e recuperano i saperi, i simboli e la spiritualità dei popoli originari.

9. Abbiamo scoperto che spiritualità e politica sono due realtà indissociabili e abbiamo preso coscienza della necessità e dell’urgenza di una spiritualità politica che conduce ad ascoltare il grido della Terra e il clamore straziante di milioni di persone affamate di pane e di diritti, e di lottare per un altro Mondo Possibile.

10. La lezione che abbiamo appreso in questo Congresso è che fra femminismo e religione non c’è contraddizione e che si può essere credente e femminista. Questa è la sfida alla quale dobbiamo rispondere. 

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