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“Civiltà Cattolica”  verso  le elezioni: grande coalizione e Gentiloni premier

“Civiltà Cattolica” verso le elezioni: grande coalizione e Gentiloni premier

Tratto da: Adista Notizie n° 5 del 10/02/2018

39231 ROMA-ADISTA. Dopo la Conferenza episcopale italiana con il suo presidente card. Gualtiero Bassetti (v. Adista Notizie n. 4/18), anche i gesuiti di Civiltà Cattolica, ad un mese dalle elezioni politiche del prossimo 4 marzo, spingono per le larghe intese, e magari per un Gentiloni bis che possa proseguire il lavoro svolto dal suo governo.

La preferenza – esplicita quella per una grande coalizione dei moderati Pd-Forza Italia, implicita quella per Gentiloni premier – emerge dall’ampio focus di p. Francesco Occhetta (“Alla vigilia delle elezioni politiche in Italia. Tra radici e futuro”), pubblicato sul quaderno n. 23 (3-17 febbraio 2018) del quindicinale dei gesuiti diretto da p. Antonio Spadaro, le cui bozze, prima di andare in stampa, vengono lette e talvolta corrette dalla Segreteria di Stato vaticana.

Il punto di partenza è la Costituzione italiana, i cui principi «continuano a nutrire e a custodire la democrazia italiana», «un dono di cui a volte [il popolo italiano] fatica a percepire e a ricordare il costo», «il faro nelle notti della Repubblica». Ed è proprio sulla base dei valori costituzionali che p. Occhetta, notista politico di Civiltà Cattolica, richiama «alcuni criteri per esprimere un voto responsabile».

Prima di tutto porre «attenzione ai programmi dei partiti per scegliere quelli che costruiscono invece di demolire, che vanno oltre gli slogan elettorali e al di là di singoli temi della campagna elettorale». I programmi, scrive Occhetta, «non sono neutri rispetto ai valori», vanno privilegiati quelli che «rimuovano le disuguaglianze nei grandi temi nell’agenda pubblica, come il lavoro, la giustizia, l’integrazione, la costruzione dell’Europa, la gestione dell’innovazione tecnologica, la green economy, la vita di una società povera di figli».

Poi la scelta del candidato, basata non sullo «storytelling» ma sull’«affidabilità» e l’«esperienza amministrativa», perché «per amministrare occorrono non solo onestà ma competenze specifiche». Il grido «onestà onestà» elevato in ogni piazza dai militanti del Movimento 5 Stelle è liquidato in due righe. Ma l’attacco più duro ai pentastellati arriva quando p. Occhetta suggerisce di valutare con attenzione la «cultura costituzionale dei partiti e dei loro leader». Il riferimento è al fatto che il parlamentare eletto deve essere libero di agire «senza vincolo di mandato», come del resto prevede la Costituzione all’articolo 67. Quindi «se ci sono partiti le cui regole interne impongono un controllo sui loro deputati, è difficile pensare che governeranno con metodi democratici. La storia ci insegna a vigilare». L’attacco al partito-movimento guidato da Luigi Di Maio è preciso. «Non rientrano nel dettato costituzionale le forze politiche che negano il pluralismo e le minoranze interne, esaltano il nazionalismo per separarsi – e qui il bersaglio sembra essere piuttosto la destra identitaria di Giorgia Meloni e Matteo Salvini –, utilizzano i dati dei loro iscritti e sono promotrici di forme demagogiche di democrazia diretta». 

L’invito è a «valutare le coalizioni di governo più che le coalizioni elettorali», sgombrando il campo da «tre illusioni ottiche» della campagna elettorale. «La prima è credere che il centro-destra sia coalizzato e unito; la seconda è pensare che il M5S sia omogeneo e compatto; la terza è che la sinistra sia moderna dopo la frammentazione interna e la re-introduzione del sistema proporzionale. Il M5S – prosegue Occhetta – potrebbe governare con chiunque lo appoggi, anche con Salvini o Grasso, che su questo punto ha preso le distanze dalla Boldrini. Il centro-destra potrebbe governare da solo, molto sbilanciato sulle forze politiche di destra coordinate dalla Meloni e Salvini, che ha preso le distanze da Maroni, la persona della Lega più titolata a governare». Quindi «l’ultima possibilità è quella di una coalizione di coesione sociale sostenuta dall’area moderata di larghe intese, che garantirebbe anche una cultura istituzionale e più sovranità europea». 

Fatte le larghe intese, a chi la guida del governo? «I leader dei partiti come Renzi, Berlusconi e quelli delle forze centriste diventerebbero i garanti, ma non i protagonisti, di un’operazione politica più larga». Quindi un leader nuovo. O uno vecchio, come per esempio l’attuale presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Civiltà Cattolica non lo propone esplicitamente, ma lo lascia intendere abbastanza chiaramente: «L’ultimo atto della legislatura – scrive Occhetta – è il governo guidato da Paolo Gentiloni, che chiude il suo mandato con 65.000 occupati in più a novembre 2017, un dato che uguaglia il record di occupati del 1977, e dopo aver realizzato il reddito d’inclusione, l’equilibrio dei conti pubblici (con la manovra di primavera), la difficile gestione dell’immigrazione e il G7 con il rilancio del progetto europeo. Ma ancora molto rimane da fare». 

* Papa Paolo III approva la Formula Instituti di Ignazio di Loyola, dipinto senza attribuzione del XVII sec.; fonte Gesuiti.it, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza

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