
Paesi predatori, paesi derubati e le loro chiese
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 27 del 19/07/2025
La Terra «ha molte spine ma nessun confine, chiuderla nei recinti dietro i muri è impresa vana: la terra è vento e non si fa arrestare. Ha l’anima di polvere e la tosse di cenere, scatarro di vulcani. La terra è oggi, ma chissà domani» (Erri De Luca, Bizzarrie della provvidenza, Einaudi 2014).
Per provare a dare un domani alla Madre Terra, dal 10 al 21 novembre prossimo, a Belém in Brasile, si terrà l’ennesima COP sul clima, giunta ormai alla 30° edizione. All’inizio era sembrato che gli Stati volessero realmente impegnarsi per dare soluzioni alla catastrofe climatica verso la quale sta precipitando l’umanità, sembrava che si stesse prendendo coscienza del pericolo che corriamo se non interveniamo con lucidità e rapidità.
E anche se alcuni governi sono stati critici fin dall’inizio, opponendosi a un urgente cambiamento strutturale delle economie e dei modelli di sviluppo, la maggioranza degli Stati e le loro opinioni pubbliche, hanno preso sempre più coscienza del problema, favorevoli anche a soluzioni immediate e difficili. Poi sono arrivati i “negazionisti” che, come quelli che negano l’Olocausto degli ebrei e i campi di sterminio nazisti, smentiscono le conclusioni delle organizzazioni internazionali e degli scienziati. I “negazionisti” anziché essere isolati e sbugiardati, hanno trovato un compiacente e inaspettato leader nell’istrionico e umorale presidente degli Stati Uniti. Una volta ci si augurava e si votava perché i migliori gestissero il potere; poi è stata la volta della fantasia al potere; il nostro tempo sarà ricordato per aver avuto l’ignoranza al potere!
Le Chiese – miracolosamente anche quella cattolica! – almeno nei vertici, si sono da subito schierate per la tutela della Casa comune. Per la prima volta in un documento ufficiale, un pontefice si è occupato della tutela dell’ambiente e dei rischi derivanti dalla natura sfruttata e calpestata. Papa Francesco, con l’enciclica Laudato si’, ha richiamato tutti a una «conversione ecologica»: «Oggi, non domani, oggi, dobbiamo prenderci cura del Creato con responsabilità, affinché le risorse del pianeta non vengano saccheggiate, ma condivise in modo equo e rispettoso».
Anche papa Leone, nei pochi mesi di pontificato, ha più volte invitato l’umanità a vivere un’ecologia integrale con giustizia, pace e coraggio profetico. Per l’ottantesimo anniversario della fondazione della FAO, papa Prevost, «parlando come portavoce di quanti nel mondo si sentono dilaniati dalla povertà», ha inviato un messaggio di lucida lettura e di denuncia dello «scandalo della fame nel mondo», con il quale incoraggia la ricerca di risposte adeguate al problema dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione: «la tragedia costante della fame e della malnutrizione diffuse, che persiste in molti Paesi – ha scritto il papa – è ancora più triste e vergognosa se ci rendiamo conto che, sebbene la Terra sia in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti gli esseri umani, è deplorevole che così tanti poveri nel mondo manchino ancora del pane quotidiano. D’altro canto, assistiamo oggi, sgomenti, all’uso iniquo della fame come arma di guerra».
Su questa scia le Chiese cattoliche dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina, attraverso le loro Conferenze episcopali, hanno fatto dono a tutta la Chiesa di un “MessaggioAppello per la Giustizia Climatica e la Casa Comune: Conversione Ecologica, Trasfor-mazione e Resistenza alle False Soluzioni” (a seguire, in questo stesso numero, la sintesi ufficiale, e in Adista online del 3/7 la più ampia sintesi del Messaggio che precede il “Documento base”, ndr). L’appello è evidentemente rivolto ai partecipanti alla COP30, «ai leader governativi e ai loro rappresentanti» per esortarli «a lavorare per un’ambiziosa attuazione dell’Accordo di Parigi a favore delle persone e del pianeta». Si rivolge anche «alla Chiesa e al pubblico in generale», ma sembra sottintendere anche una critica alle Chiese d’Europa e del Nord America, che significativamente non sono tra i firmatari del documento. Il testo ha la lucidità delle cose semplici e l’intransigenza di una asciutta fedeltà al Dio Creatore. Bisogna essere grati a queste Chiese che rappresentano comunità spesso depredate e che, attraverso questo documento, espressione del loro «impegno incrollabile per la dignità umana, la pace, l’opzione preferenziale per gli impoveriti, la giustizia climatica e socio-economica e la cura della Casa Comune», ci restituisce il brivido del Vangelo. Inoltre nell’appello le Conferenze dei vescovi, infischiandosene di diventare impopolari, danno un «riconoscimento del consenso scientifico sulla necessità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi per evitare conseguenze catastrofiche», e levano una voce profetica che «trasformi l’attuale modello di sviluppo, basato sugli estrattivismi, sulla tecnocrazia e sulla mercificazione della natura».
Questa vicenda porta allo scoperto le divisioni all’interno della Chiesa cattolica. Non bastava quella tra progressisti e conservatori; ora comincia a delinearsi una frattura tra le Chiese del nord e quelle del sud del mondo, tra le Chiese dei Paesi predatori e quelle dei Paesi derubati e impoveriti.
Il volto della Chiesa cattolica, nonostante i vari tentativi di “imbalsamazione” da parte di gruppi reazionari spesso vicini ad ambienti della Curia romana e delle destre mondiali, sta cambiando più di quanto si immagini: è ormai impossibile pensare a essa come un monolito, del tutto corrispondente al dettato dei numerosissimi documenti della Santa Sede. Questo cambiamento, è in atto in tantissime Chiese locali lontane da Roma. Né il conservatorismo di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, né il fondamentalismo di ambienti e personaggi pseudo-cattolici sempre più numerosi sono riusciti a impedire che il cattolicesimo proseguisse quel cammino di rinnovamento iniziato con la seconda metà dello scorso secolo e con il Concilio Ecumenico Vaticano II. Ma c’è chi sembra non rendersi conto che i tempi sono irrimediabilmente cambiati e continua a pretendere che le migliaia di persone che compongono il clero cattolico in tutto il mondo e i milioni di fedeli laici, nonché i teologi e gli studiosi, pensino tutti all’unisono, che concordino in pieno con tutte le affermazioni del magistero in materia di pastorale e applichino tutte le indicazioni delle innumerevoli e ormai quotidiane esortazioni, lettere e documenti che produce a getto continuo una schizofrenica Santa Sede che, a volte, sembra infognata in un eterno medioevo.
Al di là degli apparenti trionfi, è in atto da anni nel mondo cattolico una sorta di scisma sommerso, come titolava il suo libro Piero Prini l’ultimo anno dello scorso millennio; in esso sottolinea la distanza sempre più ampia tra i vertici e la base della Chiesa cattolica. Dopo oltre venti anni la teologa Laura Verrani e il giornalista Francesco Antonioli hanno pubblicato Lo scisma emerso, nel quale si avventurano in un'inchiesta sulla vita della Chiesa cattolica di oggi, alle prese con le sue diverse anime e con un ‘fattore modernità’ che ha reso ormai palesi le tante contraddizioni, le divaricazioni, le ipocrisie e i conflitti, ad esempio tra papato e Curia romana, tra centro e periferia della Chiesa.
«Le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra» (Esodo 14, 22). È come se le Chiese dei Paesi “predatori” siano rimaste ferme nel mezzo del Mar Rosso spalancato, e non si siano ancora liberate del tutto dal Faraone. Sono rimaste impantanate nel fondo asciutto del mare, e non riescono a venirne fuori, in bilico precario tra l'apparire un monolite impenetrabile e l'essere un luogo meticcio di incontro tra differenze. Il mare è spalancato attorno a esse, ma devono ancora prendere il coraggio per attraversarlo tutto, anche se fa paura. Per farlo non servono padroni come il Faraone, ma delle guide, come le Chiese del sud del mondo, che sappiano dove andare. Tornare indietro sarebbe un fallimento, restare fermi tra i “muraglioni d'acqua” sarebbe la morte. L'unica è andare avanti. Andare avanti insieme. E, come dicono gli indigeni del Chiapas, andando avanti insieme, «camminare domandando»!
Vitaliano Della Sala è parroco a Mercogliano (AV) e responsabile della mensa-dormitorio della Caritas diocesana di Avellino
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