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Per il cardinale cinese Zen il segretario di Stato vaticano Parolin è «uomo di poca fede»

Per il cardinale cinese Zen il segretario di Stato vaticano Parolin è «uomo di poca fede»

ROMA-ADISTA. «Ma quest'uomo di poca fede capisce che cos'è una vera sofferenza?». È il card. Joseph Zen, ex arcivescovo di Hong Kong, a porsi questa domanda in un articolo del 5 febbraio scorso sul suo blog in cinese, tradotto e pubblicato da AsiaNews (6/2). L’“uomo di poca fede” è il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che in un’intervista aveva difeso l'accordo tra la Santa Sede e la Cina ormai imminente, con la conseguenza che vescovi illeciti, quelli nominati dal governo cinese, vanno a sostituire vescovi leciti, nominati dalla Santa Sede (v. Adista Notizie n. 5/18).

«Nei giorni scorsi – premette l’anziano cardinale cinese – i fratelli e le sorelle che vivono nel continente cinese hanno saputo che il Vaticano è pronto ad arrendersi al partito comunista cinese, e quindi si sentono a disagio. Visto che i vescovi illegittimi e scomunicati saranno legittimati, mentre quelli legittimi saranno costretti a ritirarsi, è logico che i vescovi legittimi e clandestini siano preoccupati per il loro destino». Ricorda Zen che la stessa consapevolezza del disagio dei fedeli cinesi è stata manifestata da Parolin quando nell’intervista ha detto: «conosciamo le sofferenze subite ieri ed oggi dai fratelli e dalle sorelle cinesi». E qui sorge il dubbio all’emerito arcivescovo, che si chiede: «Ma quest'uomo di poca fede capisce che cos'è una vera sofferenza?», e spiega: «I fratelli e le sorelle del continente cinese non hanno paura di essere ridotti in povertà, di esser messi in prigione, di versare il sangue, la loro sofferenza maggiore è di vedersi traditi dai “familiari”. L’intervista di Parolin è piena di opinioni sbagliate (sperando che i suoi discorsi siano coerenti con i suoi pensieri)».

Quello che più irrita Zen è però altro, come scrive a seguire: «Non è decente per un alto dirigente della Santa Sede manipolare la lettera [ai cattolici cinesi, 2007] di un papa [Benedetto XVI] anche se già ritirato, citando la frase (4.7): “La soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime autorità civili”, ma nascondendo che la lettera prosegue immediatamente dicendo che “nello stesso tempo, però, non è accettabile un’arrendevolezza alle medesime quando esse interferiscano indebitamente in materie che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa”».

Messi i puntini sulle “i” a proposito di Parolin, l’anziano cardinale cinese si toglie un altro sassolino dalla scarpa. Fa riferimento «all’accusa» rivoltagli «dal portavoce del Vaticano» di diffondere notizie, come ha detto Greg Burke,  su «una presunta difformità di pensiero e di azione tra il Santo Padre e i suoi Collaboratori nella Curia Romana in merito alle questioni cinesi», alimentando «confusione e polemiche» (v. ancora Adista Notizie n. 5/18). E allora il card. Zen scrive: «Ieri ci sono state non poche persone che sono venute a trovarmi o mi hanno telefonato per darmi qualche conforto, in seguito all’accusa rivolta contro di me dal portavoce del Vaticano. Ma hanno capito male, perché non ho bisogno di conforto. Sarebbe stato meglio per loro andare a confortare quel portavoce. È lui che è un uccello in gabbia, costretto a svolgere quella funzione così imbarazzante: questa volta è stato molto efficiente [sic!] e ha criticato subito il mio intervento (e certo ha letto ciò che era stato scritto da altri)». 

* Foto di Deadkid da tratta da Wikimedia Commons immagine originale e licenza

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