
Caos, instabilità politica e violenze: i vescovi congolesi si appellano all'Onu
KINSHASA-ADISTA. Ancora un appello dalla Chiesa cattolica della Repubblica Democratica del Congo: don Donatien Nshole, segretario generale della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco), è intervenuto al Consiglio di Sicurezza Onu (New York, 19 marzo) chiedendo di rafforzare l'intervento delle Nazioni Unite nel Paese allo sbando. «In intere province congolesi, dall’Ituri al Kasai, passando per il Tanganyika, il Nord e il Sud Kivu l’ex-Equateur, la situazione umanitaria e della sicurezza è contrassegnata dal caos e da una violenza generalizzata – ha affermato – dovuta alla presenza di diversi gruppi armati, a conflitti interetnici ma anche e soprattutto dall’assenza dello Stato» (Fides, 22/3). Le ragioni della deriva sono da attribuire, secondo il sacerdote, «all'illegittimità delle istituzioni» politiche, in seguito alle mancate elezioni di fine 2016, che hanno reso il potere centrale e il presidente Joseph Kabila invisi e contestati dalle popolazioni locali. Il segretario generale ha ricordato ancora una volta il tradimento dell'Accordo di San Silvestro, raggiunto nel 2016 con la mediazione della Cenco, il quale imponeva l'addio di Kabila alla politica, un governo di unità nazionale in vista delle elezioni, libertà di espressione e liberazione dei prigionieri politici. Ma Kabila non ha voluto mollare l'osso e del malessere generale si è fatto portavoce il Comitato Laico di Coordinamento di Kinshasa, il quale ha dato vita alle tre partecipatissime manifestazioni dei fedeli cattolici represse nel sangue dal regime.
Alle Nazioni Unite, Nshole ha chiesto un maggior impegno in termini di risorse e di uomini, per far rispettare l'Accordo di San Silvestro, per garantire libere e democratiche elezioni e per «dare al popolo congolese dei governanti in grado di far fronte alla crisi multiforme che sta divorando il Paese». Nelle aree a rischio, poi, l'Onu dovrebbe rafforzare la missione Monusco e dotarla «dei mezzi legali e materiali necessari alla protezione dei civili, delle persone vulnerabili e delle loro proprietà in aree dove si verificano attacchi e violenze ricorrenti». Infine, ha poi sottolineato con forza il segretartio generale della Cenco, i problemi non finiscono con le elezioni: occorre pensare anche ad «attuare un piano di sviluppo economico per la Rdc dopo le elezioni. Un piano vitale per aiutare a riportare in vita il Paese che sta affondando nel caos da due decenni».
* Manifesto elettorale in Congo, foto di Kim Yi Dionne, tratta da Flickr, immagine originale e licenza
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