
Seminario fra vescovi africani ed europei: i frutti amari della globalizzazione
Si è chiuso il 14 aprile a Fatima il Seminario delle delegazioni dei vescovi africani (Secam) ed europei (Ccee) sul tema della globalizzazione per la Chiesa e le culture in Europa e in Africa. Nella dichiarazione conclusiva, i partecipanti definiscono la globalizzazione come «un processo dinamico, polivalente» che «tocca tutti gli ambiti della vita individuale, familiare e sociale, incluse l’economia, la politica, la cultura e la religione», con aspetti positivi e negativi insieme, soprattutto riguardo alla solidarietà. La globalizzazione, se da una parte «offre solidarietà tra nazioni e popoli; può servire la giustizia e la pace; può fare condividere le ricchezze spirituali e materiali a livello locale e mondiale; può propagare idee e valori nobili e costruttivi», dall’altra, «quando segnata dal peccato così come oggi spesso si presenta, tende a provocare un profondo divario tra ricchi e poveri, tra potenti e deboli; rinforza la lotta per il potere, per il profitto crescente e l’edonismo; distrugge l’eredità dell’alta cultura, della spiritualità e della dignità umana innescando una decostruzione delle fondamenta dell’esistenza come il diritto incondizionato alla vita (aborto, eutanasia, eugenismo…). In alcune aree del mondo si constata che una certa post-modernità irrazionale porta addirittura all’animalizzazione dell’umano e all’umanizzazione dell’animale».
Fra i «frutti amari» del processo in questione, «la moltiplicazione dei conflitti armati» e «il dramma dei profughi e dei migranti»; ma anche l’«erotizzazione della società, il pan-sessualismo e la teoria del gender» che, affermano i presuli di Ccee e Secam, «minacciano l’istituzione del matrimonio e della famiglia. Ne consegue una società sempre più atomizzata priva di relazioni durature e che condanna ognuno alla solitudine. La gioventù è la prima vittima di queste proposte perniciose, ma con grande speranza guardiamo al prossimo Sinodo [sui giovani]. Tali ideologie pesano fortemente sulla loro vita futura che dovrebbe essere invece basata sulla fedeltà e il rispetto tra gli sposi e tutti i membri della comunità familiare. Gli aspetti negativi della globalizzazione esigono una vigilanza attiva e coraggiosa dei sacerdoti, delle persone consacrate, dei laici, di tutti i credenti e delle persone di buona volontà».
Per combattere questa deriva, i vescovi africani ed europei rivolgono un pressante appello per un’azione in sostegno delle famiglie nel loro impegno educativo. «E in quest’accompagnamento delle famiglie è necessario promuovere tanto il contatto personale quanto il buon uso dei mezzi di comunicazione. Senza dimenticare – sostengono i presuli – che la difesa dei poveri, malati, marginalizzati e deboli, non è facoltativa ma imperativa».
*Foto tratta da Creative Commons immagine originale e licenza
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