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L'Eta si dissolve. I vescovi baschi: perdòno per le complicità

L'Eta si dissolve. I vescovi baschi: perdòno per le complicità

«Grazie a Dio è finito un terribile incubo di sangue e orrore». Con queste parole, in un comunicato del 20 aprile, il portavoce della Conferenza episcopale spagnola, il sacerdote José María Gil Tamayo, ha commentato la decisione dell’Eta di dissolversi a partire dal primo fine settimana di maggio, a sette anni dall’’abbandono definitivo della lotta armata (ottobre 2011). In un comunicato recapitato al quotidiano Gara, nell'annunciare lo scioglimento dell’organizzazione armata, l’Eta chiede perdono al popolo basco - ai «cittadini e cittadine che non avevano responsabilità alcuna» - per «il danno causato», per la «sofferenza incommensurabile» provocata, per «i morti, le ferite, le torture, i sequestri»; nei confronti di costoro intende «mostrare rispetto».

«È stata la vittoria della democrazia del popolo spagnolo», ha aggiunto Tamayo, «è una buona notizia, un giorno per rendere grazie a Dio e chiedere che ci sia riconciliazione effettiva e coesione».

Hanno fatto sentire la loro voce anche i vescovi baschi, che, in un comunicato congiunto con quelli di Navarra e Bayona, hanno riconosciuto di aver commesso errori sulla questione della lotta per l'indipendenza dei Paesi baschi portata avanti dall’Eta. «Siamo coscienti che ci sono state anche fra di noi complicità, ambiguità, omissioni… per tutto questo chiediamo sinceramente perdono».

«Oltre all’immensa e prolungata sofferenza inflitta dalla violenza, il nostro popolo ha sofferto un danno spirituale e sociale incalcolabile, provocato dalle ideologie totalitarie ed idolatriche che hanno alimentato il fenomeno terrorista», si legge nel comunicato. La sfida è ora «la ricostruzione morale e la riconciliazione», cui la Chiesa «vuole contribuire» perché la «ricostruzione morale è in intima connessione con i valori evangelici». «La auspicata dissoluzione dell’Eta – aggiungono i vescovi baschi – offre nuove possibilità per la normalizzazione, un’occasione per tutti», una possibilità anche per le petizioni dei «familiari dei prigionieri (affiliati all’Eta, ndr) che si trovano in diverse necessità umanitarie», sempre e quando se «le vittime del terrorismo non si sentano umiliate». I vescovi si stanno riferendo ai prigionieri che stanno scontando pene per atti di terrorismo e che sono detenuti il più delle volte in carceri lontane dai posti dove abitano i loro familiari, i quali da anni chiedono un avvicinamento.

*Foto di Miguel Ángel García tratta da Wikipedia Commons immagine originale e licenza

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