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Lettere al papa da Nomadelfia e dalle

Lettere al papa da Nomadelfia e dalle "periferie della storia". Il postino è Fausto Marinetti

Tratto da: Adista Notizie n° 18 del 19/05/2018

39373 TODI (PG)-ADISTA. Prima a Barbiana, sulla tomba di don Lorenzo Milani, poi a Bozzolo su quella di don Primo Mazzolari; quindi a Molfetta, per pregare sulla lapide don Tonino Bello; nei giorni scorsi, il 10 maggio, a Nomadelfia, la comunità religiosa fondata nel 1947 da don Zeno Saltini vicino a Grosseto. Subito dopo la visita a Nomadelfia, papa Francesco si è recato a Loppiano, sempre in Toscana, dove risiede il quartier generale dei Focolarini, il movimento fondato da Chiara Lubich. Il papa sembra alla ricerca di modelli di vita cristiana credibili ed incarnati nella realtà contemporanea, soprattutto in quella dei diseredati e dei poveri; modelli da indicare ad una Chiesa che cerca nuovo slancio (ed un rilancio nella dimensione pubblica), ma anche da proporre ad una opinione pubblica laica tiepida quando non addirittura scettica o critica rispetto alla dimensione religiosa della fede, specie quella istituzionale. In questo senso una particolare risonanza ha avuto la visita di Bergoglio a Nomadelfia (è un neologismo coniato a partire dal greco antico, che vuol dire: “Legge di fraternità”), la piccola comunità fondata da don Zeno Saltini nell’immediato dopoguerra per realizzare l’utopia di una comunità senza proprietà privata, denaro e gerarchie, che si prendeva cura di bambini orfani o abbandonati. Nomadelfia è formata da gruppi familiari composti da 4, 5 famiglie. Vengono accolti bambini in adozione o in affido. Le famiglie hanno in comune un’abitazione, dove si mangia insieme, si studia, si lavora. Accanto alla casa c’è la chiesa.

Ma per entrare davvero nello spirito di Nomadelfia, oltre che nella dimensione di attesa e speranza che in tanti preti, teologi, uomini e donne credenti che vivono alla “frontiera” suscita il pontificato di Francesco, può in questi giorni essere davvero utile la lettura di un libro appena dato alle stampe. Si tratta di Caro Francesco. Riflessioni, testimonianze, messaggi (Tau Editrice, pp. 224, euro 15; il libro può essere richiesto anche ad Adista, tel. 066868692; email: abbonamenti@adista.it). Lo ha scritto Fausto Marinetti, una figura assai nota ai lettori di Adista. Prete dal 1968, quando quell’anno la protesta, racconta all’inizio del libro, «incendia piazze ed università, la fede vacilla. Né libri né teologie gli saziano l’anima, racconta. Incontra allora un prete contadino, don Zeno Saltini, che gli rivela il suo segreto: “L’ho imparato in campagna: se semino fagioli e cipolle, nascono fagioli e cipolle; se semino vangelo, nasce vangelo”». A Nomadelfia Fausto ci ha trascorso dieci anni, dal 1969 al 1979. Poi nei venti successivi, i valori imparati a fianco di don Zeno e dei suoi piccoli orfani ha tentato di viverli a fianco degli empobrecidos (una parola che Marinetti usa spesso: significa “rapinati”, perché per lui i poveri non sono tali perché vittime della mala sorte, ma come vittime di una rapina organizzata), brasiliani. Viveva nel nordest del Paese, nella fascia preamazzonica. La prima destinazione fu Acailandia, divenuta in pochi anni da villaggio a città di circa 80.000 abitanti; un centro senza fogne, senza un metro di asfalto, senza legge, senza nettezza urbana. Dove se avevi i soldi ti accettavano in ospedale, se non li avevi morivi. Soprattutto a causa del morbillo, vermi, disidratazione. Il più delle volte si muore per denutrizione. Quindi, rientrato in Italia nel 2000, pur continuando ad alternare periodi di permanenza in Brasile, si è dedicato all'approfondimento e diffusione del messaggio di don Zeno e degli empobrecidos. Lo ha fatto anche attraverso la scrittura di diversi libri. Questo ultimo raccoglie testi, riflessioni, appunti, proposti sotto forma di diverse lettere a papa Francesco.

Un dialogo attraverso il quale Marinetti tenta di leggere l’urgenza delle grandi questioni sociali e pastorali dell’età contemporanea alla luce del messaggio di Nomadelfia, ma tenta anche di suggerire al papa la strada per realizzare un vero rinnovamento. Fausto invia al papa i messaggi degli ultimi affinché vengano ascoltati ed accolti. Lui di questi messaggi è il portalettere, il portavoce dei tanti crocefissi della storia che gli hanno affidato la loro voce per farla giungere al papa. Caro Francesco è un diario lungo quattro anni, vissuti alla luce delle istanze del Vangelo che vive nella carne e nelle sofferenze degli emarginati della vita. Una contraddizione, quella tra messaggio predicato e Vangelo vissuto, che attraversa il libro di Marinetti. «Francesco – scrive Fausto in una delle sue lettere -, tu ce la metti tutta per scavalcare il dogma freddo, la dottrina astratta, il sabato inumano con la medicina della misericordia, con la rivoluzione della tenerezza. Perché al centro non c’è il legalismo, ma l’amore di Dio. Vieni dalla fine del modo per aprire gli occhi di una religione centrata su questioni primo-mondiali; spingere la cristianità oltre i confini europei. Il tuo programma: Cristo non è solo “fuori che batte per entrare”, ma sta anche “dentro e batte per uscire”. Per liberarci dall’autoreferenzialità, autosufficienza, centralità primo-mondiale e permettere a Lui di uscire, incontrarsi con l’uomo globale». «Per una chiesa in dialogo, che cerca la logica di Dio, non dei dottori della legge. Che non ha paura di mangiare e bere con prostitute e pubblicani, dialogare con i delusi di un cristianesimo sterile, andare oltre l’insistenza pedissequa su questioni dottrinali e morali. Ma puoi tu offrirci uno scampolo di vangelo incarnato socialmente? Puoi dire alle famiglie: “Venite e vedete?”. Come fanno i semplici a sentire il profumo del vangelo se non ce l’hanno sotto i denti? Popoli orfani cercano la maternità e la paternità di un popolo oltre il fatto biologico, la razza delle patrie, il sangue dei nazionalismi. Come rinascere se non toccano con mano un esempio concreto di popolo nuovo? A furia di fare atti di amore spirituale e individuale si è perso di vista il Cristo/globale del giudizio universale». (valerio gigante)

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