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Non è un evento che cambierà le cose

Non è un evento che cambierà le cose

Tratto da: Adista Documenti n° 20 del 02/06/2018

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Come va interpretata la decisione di celebrare la canonizzazione di mons. Romero a Roma, anziché in El Salvador?

Io speravo che non si tenesse in El Salvador. Perché, proprio come avvenuto con la beatificazione nel maggio del 2015, si sarebbe comunque trattato di una cerimonia “solenne” a misura dell’istituzione ecclesiastica, con i politici in prima fila e il popolo a distanza. La conseguenza sarebbe stata, anche stavolta, quella di alimentare un “fervore religioso” del tutto ininfluente ai fini della sequela di Gesù e di Romero e dell’impegno a favore della causa del popolo. Né questo evento grandioso, che per di più avrebbe comportato una grande spesa per il governo, avrebbe aiutato in alcun modo quel 40% della popolazione che si definisce ormai “evangelica” a scoprire nella figura di Romero il passaggio di Dio per El Salvador. E questo vale, del resto, indipendentemente dal luogo in cui si fosse deciso di proclamare la santità di Romero: non sarà comunque un atto popolare, né potrebbe esserlo. Il popolo farà da osservatore, per quanto “giubilo” possa provare. È meglio dunque che la canonizzazione avvenga a Roma, dove questi eventi si svolgono normalmente.

Il fatto che sia papa Francesco a canonizzare Romero non potrebbe introdurre un fattore nuovo?

Non credo che la presenza del papa possa realmente fare la differenza. È possibile che da lui giunga un messaggio di speranza, ma la realtà di una struttura economica oppressiva, della corruzione a ogni livello, della violenza delle maras (le bande criminali, ndt) e di altri soggetti, compresa la polizia, non subirà cambiamenti. Il giorno dopo tutto sarà esattamente come prima.

Che significato ha questa canonizzazione per il popolo salvadoregno?

Coloro che realmente credono che in mons. Romero Dio si sia fatto presente in El Salvador, e che a partire da Romero si possa comprendere meglio Gesù e viceversa, sono già impegnati nel tentativo di seguirne i passi, di ascoltarne le parole, di correre i suoi stessi rischi. Ma i cattolici che in quel tempo non erano interessati alla figura dell’arcivescovo o addirittura hanno cercato di metterlo a tacere andranno avanti come se non fosse successo nulla – a meno, naturalmente, che non abbiano riconosciuto di essersi sbagliati e modificato di conseguenza il loro modo di essere cristiani – e nelle loro parrocchie tutto continuerà come prima, a parte l’aggiunta della foto di un altro santo sulle pareti. E quella della canonizzazione sarà solo un’altra data per “celebrare” Romero, dopo quella del compleanno, dell’assassinio e della beatificazione. Quanto all’oligarchia, la proclamazione della santità di Romero non possiede alcun significato. Il potere economico e politico è deciso a impedire qualunque trasformazione strutturale e la passività e l’indolenza del popolo si sono nuovamente manifestate nelle recenti elezioni. Del resto, la manipolazione da parte dei mezzi di comunicazione è così forte che la figura di San Romero non riuscirà a fare da contrappeso.

Cosa può aggiungere e cosa può togliere la proclamazione ufficiale della santità di Romero alla canonizzazione già proclamata dal popolo molti anni fa?

Romero si presenta come un “santo” piuttosto diverso dagli altri. La sua esperienza del Vangelo e la sua voce profetica a favore dei crocifissi lo avvicina molto a Gesù, ben oltre la “carità” (per quanto importante questa possa essere). La sua canonizzazione è un duro colpo tanto per la gerarchia della Chiesa che lo ha messo a tacere e screditato quanto per l’oligarchia e i poteri politici corrotti.

Così come non si è dato ascolto al messaggio di Gesù, allo stesso modo non si è ascoltato Romero, perché le esigenze del profetismo gesuanico sono radicali, sia per i poveri che per i ricchi. Per questo, presentare Romero come modello di santità, come esempio di vita cristiana, è un segno chiaro di una precisa opzione di Chiesa, da parte di papa Francesco. Se facessero lo sforzo di leggerlo, molti poveri scoprirebbero una voce di speranza, una testimonianza sul Dio che è dalla parte degli sfruttati e degli oppressi e invita tutti alla liberazione. D’altro canto, non si possono non cogliere anche alcuni rischi nella canonizzazione, a cominciare da quello di metterlo sull’altare come un intermediario per ottenere favori... Non ha a che vedere con questo monsignor Romero, per quanto forse si tratti del destino (triste) di molte figure che vengono canonizzate.

La canonizzazione di Romero cade in un momento molto delicato per El Salvador, dopo la disfatta del Fronte Farabundo Martí di liberazione nazionale alle ultime elezioni legislative. Come sta reagendo il governo di Salvador Sánchez Cerén?

Il governo ha risposto con trasferimenti di funzionari che non hanno prodotto alcun cambiamento e con misure (come la riduzione del costo dell’energia o un aumento dell’accesso all’acqua) che non alterano la visione di chi non è andato a votare o ha annullato la scheda. E non c’è stato da parte del governo alcun riconoscimento pubblico dei suoi errori e delle sue omissioni. In Parlamento, ora, tutto si trova nelle mani della destra: il Fronte, su questo versante, non potrà fare assolutamente nulla. Senza contare che l’informazione è totalmente controllata dai grandi mezzi di comunicazione. L’unico modo per il Fmln di recuperare punti sarebbe quello di guidare, per esempio, un’enorme mobilitazione popolare in difesa dell’acqua o contro la modifica della legge che limita la proprietà a 245 ettari a persona.

Quali sono i principali errori commessi dal governo?

In primo luogo bisogna ricordare che Arena, disponendo della maggioranza qualificata in Parlamento, ha bloccato molti possibili prestiti destinati a promuovere progetti di sviluppo. In questo senso il Fronte ha avuto davvero le mani legate. I mezzi di comunicazione, inoltre, danno spazio solo alle difficoltà e ai nodi irrisolti, che poi sono in gran misura un’eredità dei governi di Arena, tacendo sulle cose buone realizzate dal governo.

Il Fronte, d’altro canto, ha trascurato il lavoro di base, quello della formazione politica della sua gente. Cosicché neppure la popolazione destinataria dei programmi sociali ha compreso il significato del progetto governativo. Nessun presidente è stato così vicino alla gente come Sanchez Cerén, nei festival del “buen vivir” come negli incontri con i diversi settori nella casa presidenziale, ma il partito non ha dato seguito a tutto questo a livello di base, lasciando che andasse perduto. I tagli dei benefici sociali e l’aumento delle imposte di cui è stata vittima la classe media hanno determinato in questo settore una disaffezione nei confronti del governo. E il popolo ha iniziato ad accusare i deputati del Fronte di essere come tutti gli altri, di accumulare proprietà e ricchezze, di aver perso il contatto con la realtà del popolo. I dirigenti di governo (il presidente è stato forse un’eccezione) non hanno fatto la differenza né in termini di stile di vita né nel modo governare le istituzioni. Le strutture non sono state cambiate.  

*  L'arcivescovo Oscar Arnulfo Romero in un ritratto della muralista Juana Alicia realizzato nel 1996 su un portone di un garage a San Francisco (CA). Foto [ritagliata] del 2011 di Eric E Castro, tratta da Wikimedia Commons, licenza Creative Commons

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