
Pacificazione del Camerun: ci provano i leader religiosi
YAOUNDÉ-ADISTA. Fra il 29 il 30 agosto si svolgerà nella capitale del Camerun una “conferenza generale anglofona” nel tentativo di trovare una soluzione alla crisi secessionista che scuote il Nord-ovest e il Sud-ovest. L’iniziativa, annunciata il 25 luglio scorso, è opera dei responsabili cristiani e musulmani del Paese: il card. Christian Tumi, arcivescovo emerito di Douala, il pastore Babila George Fochang della Chiesa presbiteriana del Camerun (EPC), l’imam della moschea centrale di Bamenda Tukur Mohammed Adamu, il capo imam della moschea centrale de Buea, Alhadji Mohammed Aboubakar. I leader religiosi intendono offrire il ruolo di mediatori fra il governo francofono e i secessionisti anglofili. «È giunto il momento di mettere fine a questo conflitto attraverso un dialogo nazionale, franco, inclusivo e completo sul problema anglofono», hanno affermato i responsabili religiosi, dichiarandosi «aperti a tutte le proposte per favorire il ritorno alla pace».
Ad aprire la crisi, 2016, le rivendicazioni di avvocati e insegnanti anglofoni che si ritenevano marginalizzati e dominati dal sistema legislativo ed educativo francofono che discrimina le regioni abitate dalle minoranze inglesi, il Sud-ovest e il Nord-ovest. Le proteste, cui si sono presto associati anche gli studenti, hanno dato origine prima a scioperi, poi sono degenerate in scontri mortali fra le forze dell’ordine e i partigiani della secessione delle regioni abitate dalla minoranza inglese, che rappresenta il 20% della popolazione camerunense. Il governo, guidato da Paul Biya ininterrottamente dal 1982, ha schierato contro i manifestanti anche le truppe scelte impiegate nel Nord del Paese contro i terroristi di Bolo Haram. Molti i morti, sia fra i civili che fra i militari, decine di migliaia i civili in fuga verso la Nigeria.
Dal 1960, anno dell’indipendenza, al 1972 il Camerun è stato una federazione bilingue, con una forte autonomia regionale. Fu il presidente francofono Ahmadou Ahidjo (predecessore di Biya) ad abolire, per timore di conflitti etnici, il regime federale e a creare la Repubblica Unita del Camerun, introducendo un sistema di potere che ha via via penalizzato la minoranza e acuito le rivendicazioni secessioniste.
L’intervento dei leader religiosi era atteso e richiesto da organizzazioni della società civile e da vari osservatori, soprattutto l’intervento della Chiesa cattolica, da più parti ritenuta l’unica “forza” in grado di avviare un dialogo. Essa peraltro si era già proposta per un tentativo di pacificazione.
*Foto di Frederic PAPY tratta da Wikipedia immagine originale e licenza
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