
“Ero straniero” compie un anno e rilancia la visione di una società inclusiva e solidale
Un anno fa, il 27 ottobre 2017, i promotori della campagna “Ero straniero-L'umanità che fa bene” – tra cui Radicali italiani, Casa della carità, A Buon Diritto, Arci, Asgi, Centro Astalli, Acli, Cild e Cnca – depositavano alla Camera dei Deputati 90mila firme raccolte per presentare una proposta di legge di iniziativa popolare che punta sulla buona integrazione e sull'occupazione dei migranti, con l'obiettivo di superare la Legge Bossi-Fini e, con essa, le tante “occasioni” che il nostro Paese offre ai cittadini stranieri per scivolare nell'irregolarità (vedi Adista).
La campagna, si legge in un comunicato diffuso nell'anniversario della consegna delle firme, è stata «impegnata anche sul piano culturale», con iniziative di sensibilizzazione sul territorio nazionale, e «ha dato voce a quella parte del Paese che rifiuta la politica dei muri e crede che il fenomeno migratorio vada governato tenendo insieme legalità, diritti e coesione sociale».
A distanza di un anno, sottolineano i promotori, il clima politico e culturale in Italia e in Europa, si è particolarmente surriscaldato, dando luogo ad «atteggiamenti di chiusura nei confronti dei migranti che legittimano politiche sempre più restrittive», come nel caso del Decreto Sicurezza voluto in Italia dal ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini. «Come realtà impegnate nel sociale e nella tutela dei diritti, siamo contrari a una gestione delle migrazioni con logiche meramente securitarie e di ordine pubblico». In particolare, si legge nel comunicato, desta preoccupazione l'intervento del governo su permessi di soggiorno per motivi umanitari e Sprar, che aumenterà l'irregolarità e ridurrà le occasioni di integrazione.
La proposta di legge di iniziativa popolare depositata nel 2017 «va nella direzione opposta al decreto», affermano i promotori, «provando ad affrontare il fenomeno migratorio in tutta la sua complessità».
Molte le misure proposte: «Forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio»; «misure per l'inclusione sociale e lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati»; «politiche attive» per i rifugiati; «voto amministrativo» per gli stranieri residenti; «canali diversificati di ingresso per lavoro» o per la ricerca del lavoro e l'abolizione del reato di clandestinità, «che è ingiusto, inutile e controproducente».
«Vogliamo rilanciare questi contenuti e offrirli alla riflessione del Parlamento», affermano i promotori, «in modo che trovino voce le ragioni dei tanti che, come noi, credono che questo fenomeno debba essere governato attraverso una visione di prospettiva dei processi migratori e dei territori che ne sono interessati, difendendo l'idea di una società aperta, solidale e plurale, che sappia rispondere ai bisogni e alle paure di tutta la cittadinanza, senza cedere alla ferocia dei linguaggi e allo scontro sociale».
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