
Papa Francesco scrive a Enzo Bianchi per i 50 anni della comunità di Bose
CITTA’ DEL VATICANO-ADISTA. « Mi associo spiritualmente al vostro rendimento di grazie al Signore per questi anni di feconda presenza nella Chiesa e nella società, mediante una peculiare forma di vita comunitaria sorta nel solco degli orientamenti del Concilio Vaticano II»: inizia così la lettera che papa Francesco ha inviato, l’11 novembre (ma è stata resa pubblica il 12), al fondatore del monastero di Bose fr. Enzo Bianchi, in occasione dei 50 anni dalla nascita della comunità monastica. «Il semplice inizio è divenuto una significativa missione che ha favorito il rinnovamento della vita religiosa, interpretata come Vangelo vissuto nella grande tradizione monastica», scrive il papa. «All’interno di questa corrente di grazia, la vostra Comunità si è distinta nell’impegno per preparare la via dell’unità delle Chiese cristiane, diventando luogo di preghiera, di incontro e di dialogo tra cristiani, in vista della comunione di fede e di amore per la quale Gesù ha pregato».
Francesco esprime apprezzamento specialmente «per il ministero dell’ospitalità che vi contraddistingue: l’accoglienza verso tutti senza distinzione, credenti e non credenti; l’ascolto attento di quanti sono alla ricerca di confronto e consolazione; il servizio del discernimento per i giovani in cerca del loro ruolo nella società. I frutti prodotti dalla vostra opera di fede e di amore sono tanti, e i più conosciuti solo al Signore». Di fronte alle sfide contemporanee, il papa chiede ai monaci di Bose di essere «sempre più testimoni di amore evangelico anzitutto fra di voi, vivendo l’autentica comunione fraterna che rappresenta il segno, dinanzi alla Chiesa e alla società, della vita alla quale siete chiamati. Gli anziani della comunità incoraggino i giovani e i giovani si facciano carico degli anziani, tesoro prezioso di sapienza e di perseveranza. Potrete così vivere con grandezza di cuore anche con gli altri, specialmente con i più poveri di speranza. Continuate ad essere attenti ai piccoli, agli ultimi, ai pellegrini e stranieri: essi sono le membra più fragili del corpo di Gesù». La lettera di Francesco si conclude con la benedizione apostolica a tutta la Comunità monastica nonché agli ospiti, agli amici, e a quanti condividono il carisma di Bose, e con la preghiera affinché « possiate perseverare nell’intuizione iniziale: la sobrietà della vostra vita sia testimonianza luminosa della radicalità evangelica; la vita fraterna nella carità sia un segno che siete una casa di comunione dove tutti possono essere accolti come Cristo in persona».
* Foto di GianMarcoBose tratta da Wikimedia Commons. Immagine originale e licenza
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