
“Miracolo” Faac: l'azienda della Curia bolognese cresce sana, responsabile e solidale
Una bella storia di eccellenza imprenditoriale che non dimentica il lato umano dello sviluppo e la responsabilità delle aziende nei confronti della comunità locale. Nel 2016, un articolo di Adista raccontava il sogno dell'arcidiocesi di Bologna: destinare a opere di carità sul territorio i 5 milioni dei dividendi ottenuti dalla nota multinazionale Fabbrica Automatismi Apertura Cancelli (Faac), la più grande azienda che la Chiesa abbia mai gestito.
Nel 2012 la Chiesa di Bologna, allora presieduta dal card. Carlo Caffarra, riceveva in eredità il 66% delle quote Faac del patron Michelangelo Manini (figlio del fondatore Giuseppe), scomparso all'età di 50 anni. La cosa non è andata giù ai parenti di Manini, che hanno impugnato il testamento trascinando la Curia in una lunga battaglia legale conclusasi il 7 luglio 2014 con un patteggiamento e il pagamento di 60 milioni di euro per la liquidazione dei parenti.
Nel 2015, poi, anche il 34% delle quote restanti, di proprietà della francese Somfy, venivano acquisite dall'arcidiocesi. E così l'azienda leader nel settore dei cancelli automatici e dei sistemi di parcheggio finiva totalmente nelle mani dell'arcidiocesi, la quale però ha da subito deciso di affidarne la gestione a un trust di tre top manager: Andrea Moschetti, Bruno Gattai e Giuseppe Berti.
I giornalisti Domenico Affinito e Milena Gabanelli hanno rispolverato e aggiornato la vicenda della Faac con un'inchiesta pubblicata l'8 novembre nella rubrica “Dataroom” di Gabanelli sul Corriere della Sera.
Storia di un successo
Appena liquidati parenti e socio di minoranza, l'azienda contava 1.000 dipendenti e 284 milioni di fatturato. Nel 2015 cambia arcivescovo e arriva Matteo Zuppi, aggiungono i giornalisti, che ha confermato il trust, ribadendo stringenti «linee di gestione», puntando tutto su innovazione (nuove acquisizioni, ricerca e sviluppo) e sull'attenzione ai dipendenti (polizze sanitarie aggiuntive, campi estivi gratuiti per i figli). Nel 2017 i dati confermano la saggezza della linea imposta dalla Curia all'azienda: il fatturato balza a 427 milioni di euro, con un utile di 43 milioni di euro, mentre i dipendenti passano a circa 2.500 unità. La società, si legge ancora nell'articolo, «controlla 42 società in giro per il mondo, tutte contigue al core dell’azienda: dall’Australia alla Cina, dalla Malesia al Sudafrica, dalla Germania agli Stati Uniti. Merito anche delle risorse investite in ricerca e sviluppo, che rappresentano il 4-5% del fatturato, circa il doppio della media del settore, e che hanno portato alla registrazione di 43 brevetti innovativi».
Gli utili della Curia
Se nei primi anni gli utili della Faac destinati alla Curia sono stati utilizzati per le spese legali, le tasse e il risanamento delle chiese terremotate nel modenese, scrivono ancora Affinito e Gabanelli, «con l’arrivo del card. Matteo Zuppi prende forma un progetto più strutturato, e i fondi vengono completamente destinati al territorio». Attraverso la mediazione della Caritas e il partenariato con il Comune, parte dei fondi è destinata al sostegno di famiglie (affitti, utenze e spese sanitarie) e studenti in difficoltà, a progetti di lotta alla dispersione scolastica e al sostegno alla disabilità, al reinserimento nel mondo del lavoro, all'avvio di progetti imprenditoriali e per progetti sociali. Altri fondi, infine, sono devoluti a progetti «meritevoli» ad hoc, accuratamente selezionati e approvati dalla Curia e rendicontati fino all'ultimo euro dai beneficiari. Tra gli altri ci sono appunto quelli relativi al terremoto dell'Emilia, ma anche un acquedotto in Eritrea, una “Radio giovani” a Budrio, un dormitorio per senza fissa dimora alla Bolognina, ecc.
Un bell'esempio
A distanza di pochi anni, il sogno di un'impresa capace di produrre utili ma anche di contribuire allo sviluppo locale con progetti di solidarietà e carità, sembra finalmente realizzarsi. Alla fine, conclude Gabanelli nel video che accompagna il servizio, «l'azienda cresce, non delocalizza, valorizza le professionalità, è attenta al welfare dei dipendenti, fa utili e un po' li lascia ai bisogni del territorio. “Modello Faac” tutta la vita. Verrebbe quasi da dire», chiosa Gabanelli con ironia: «Regaliamole Alitalia alla Curia di Bologna».
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!