
Un cristiano su 7 è perseguitato: Rapporto ACS 2018 sulla libertà religiosa
Nel mondo sono circa 300 milioni i cristiani che vivono in un contesto di persecuzione in ragione della loro fede. Un cristiano su 7 vive in terra di persecuzione, ricorda Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) – Fondazione di diritto pontificio, nata nel secondo Dopoguerra per sostenere la Chiesa nel mondo, soprattutto laddove subisce forte discriminazione e persecuzione – che ha recentemente pubblicato la XIV edizione del Rapporto sulla Libertà Religiosa. Dal documento, spiega ACS, emerge una fotografia «fortemente cupa, in special modo per i cristiani, che continuano ad essere il gruppo di fede maggiormente perseguitato». Inoltre, «nel periodo preso in esame dal Rapporto – dal giugno 2016 al giugno 2018 – si riscontra un aumento delle violazioni della libertà religiosa in molti Stati».
Il Rapporto 2018 suddivide in due categorie i Paesi in cui «si registrano gravi o estreme violazioni della libertà religiosa»: da un lato ci sono 21 Stati classificati come «di persecuzione» (Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen); dall'altro, 17 considerati “solo” «luoghi di discriminazione» (Algeria, Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto, Federazione Russa, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Tagikistan, Turchia, Ucraina e Vietnam). «In sintesi – chiarisce ACS – il 61% della popolazione mondiale vive in Paesi in cui non vi è rispetto per la libertà religiosa; nel 9% delle nazioni del mondo vi è discriminazione; e nell’11% degli Stati vi è persecuzione».
In molti casi come Corea del Nord, Arabia Saudita, Nigeria, Afghanistan ed Eritrea, la situazione per i cristiani è talmente pesante da non poter peggiorare ulteriormente, racconta ACS dati alla mano. Ma ci sono anche altri casi, 17 Paesi sui 38 presi in esame, in cui si registrano sempre maggiori violazioni della libertà religiosa.
Tra le cause scatenanti della persecuzione contro minoranze cristiane nel mondo, rileva dal Rapporto, è da sottolineare il radicamento e la crescita di culture nazionaliste e di movimenti ultra-nazionalisti, fenomeno che «si è sviluppato in modo diverso a seconda dei Paesi». Per esempio «il forte aumento delle violenze ai danni delle minoranze religiose in India è coinciso con l'ascesa del Bharatiya Janata Party (BJP) e non registra battute di arresto». «L’ultra-nazionalismo non si identifica necessariamente con una religione. Spesse volte infatti si manifesta come una generale ostilità dello Stato nei confronti di tutte le fedi e si traduce in misure restrittive che limitano fortemente la libertà religiosa».
Altri aspetti sottolineati da ACS a partire dal Rapporto 2018 sono la violenza di matrice jihadista, in crescita nonostante la lotta alle grandi sigle come Isis e Boko Haram, e le violenze sulle donne, che subiscono maggiormente il peso della persecuzione.
«Non va sottaciuta inoltre», conclude ACS, «la cortina di indifferenza dietro la quale le vulnerabili comunità di fede continuano a soffrire, mentre la loro condizione viene ignorata da un Occidente secolarizzato. La maggior parte dei governi occidentali non ha provveduto a fornire la necessaria e urgente assistenza ai gruppi di fede minoritari, in particolare alle comunità di sfollati che desiderano tornare a casa nelle rispettive nazioni dalle quali sono stati costretti a fuggire».
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