
La sequela di Gesù nei cammini della vita
Tratto da: Adista Documenti n° 42 del 08/12/2018
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Perché esistono le cose e non è prevalso il nulla (...). Perché esistono le cose e non il nulla? Possiamo rispondere: da un Fondo innominabile di Energia è emerso un puntolino milioni di volte più piccolo della capocchia di un spillo, dotato di una temperatura di miliardi di gradi centigradi. Tutto ciò che in futuro emergerà è potenzialmente lì dentro: energie primordiali, materia e informazioni. Noi tutti, uomini e donne, insieme alle galassie, alle stelle, ai pianeti, alle lune, agli altri corpi celesti e agli altri esseri esistenti, coesistevamo in potenza, relazionandoci e amandoci. (...).
All’improvviso, senza sapere come e perché, quel puntino è esploso. È stata un’esplosione inimmaginabile, avvenuta 13,7 miliardi di anni fa. Un’esplosione silenziosa, sotto forma di minuscole onde che vibrano, le quali si espandono in tutte le direzioni. Ancora oggi, qualunque sia la parte del cosmo verso cui orientiamo i nostri strumenti, si può cogliere una debolissima vibrazione, ultima eco di quella esplosione primordiale. Inizialmente tutto è pura energia, particelle minuscole senza peso. Ma con l’esplosione si è creato un campo, simile a un finissimo velo che riempie fino ad oggi tutto l’universo. Nel toccare le pareti di questo velo l’energia acquista massa e irrompe come materia, come atomi, protoni, neutroni, adroni e centinaia di altre particelle elementari. Di questo siamo fatti, come ogni cosa che esiste.
Queste particelle, insieme ai gas prodotti dall’esplosione, si espandono a una velocità inimmaginabile. E, nella misura in cui si espande, l’universo si raffredda e diventa più denso. È il momento in cui iniziano ad apparire le prime grandi stelle rosse, le quali funzionano come vere fornaci. Dentro di esse, a un inimmaginabile calore e grazie alle combinazioni degli atomi tra loro, si formano quegli elementi che entrano nella composizione dell’universo e di tutti gli esseri che ne fanno parte: il carbonio, l’azoto, il rame, lo stagno, l’argento, l’oro, il ferro e tutti i circa cento elementi necessari all’esistenza e alla vita.
È arrivato un momento, circa 12 miliardi di anni fa, in cui anche quelle stelle sono esplose, producendo lampi di luce che non possiamo neppure concepire. E sono morte. Ma sono morte perché ci fosse più vita. Gli elementi che esse contenevano si sono così diffusi in tutte le direzioni. Di nuovo si sono formate incommensurabili nubi, all’interno delle quali hanno viaggiato le particelle forgiate nel loro seno.
Queste nubi si sono andate raffreddando e le particelle hanno creato conglomerati da cui sono nate circa cento miliardi di galassie, tra cui la nostra Via Lattea, trilioni di stelle, tra cui il Sole, i pianeti come la Terra, i satelliti come la Luna e tutti gli esseri che oggi esistono tra noi. (...).
La grande fioritura dell’evoluzione: la comparsa della vita
(...). Poiché tutto sta ancora nascendo, possiamo definire questo processo come cosmogenesi, la genesi del cosmo. Tre sono le costanti cosmologiche (una sorta di principi permanenti) che attraversano tale processo e consentono alla vita di emergere.
La prima è l’interdipendenza di tutto con tutto. Tutti gli esseri sono connessi, a somiglianza della Santissima Trinità, di modo che tutto ha a che vedere con tutto in tutti i momenti e in tutte le circostanze. Nessuno è fuori dalla relazione. Più che la somma di tutti gli esseri esistenti, l’universo è costituito dall’insieme delle reti di connessione tra tutto ciò che esiste. Questa interrelazione si chiama anche simbiosi: l’accordo di cooperazione che tutti gli esseri stabiliscono tra loro in quanto tutti legati gli uni agli altri. Non è questo (...) uno specchio della Santissima Trinità, in cui tutte le Persone sono eternamente relazionate le une alle altre? Se loro sono così, come potrebbe l’universo essere differente? Ciascuno di noi è immerso in queste relazioni, connesso alle energie dell’universo, delle stelle, del Sole, della Luna, della Terra e degli esseri che vi abitano. Per questo siamo esseri sociali, sempre collegati per natura gli uni agli altri. Nello spirito di San Francesco dovremmo parlare di fratello Sole, sorella Luna, sorella Terra, fratello fiume, sorella montagna, sorella acqua, «preziosa e casta», e persino fratello lupo.
La seconda costante è la complessità. Il che significa che le reti di relazioni, le particelle e le energie, nella misura in cui il processo avanza in tutte le direzioni, creano complessità. Che, cioè, esseri ed elementi di ogni natura si aggregano, si relazionano, formano sistemi e ordini che si autoregolano e si auto-organizzano sempre di più. L’universo si va autocreando. E si auto-crea nel segno della Provvidenza, nella misura in cui si va espandendo. Moltissimi fattori si coniugano per costituire questi ordini complessi. La complessità è come un rizoma, quel bulbo di varie piante da cui escono radici in tutte le direzioni. Se Dio-Trinità non è la solitudine dell’Uno, la creazione è espressione non di un’unica causalità, bensì della congiunzione di tutti i fattori, di tutte le energie e di tutte le informazioni e, pertanto, della comunione tra le varie e diverse componenti, a somiglianza della Trinità.
La terza caratteristica di tutto il processo cosmogenico è l’interiorità. Quanto più gli esseri si relazionano e acquistano complessità, tanto più si volgono verso se stessi. Vale a dire che formano una realtà interiore, acquistano un livello di coscienza di sé, costituiscono una soggettività e si relazionano con l’esterno. Tutti gli esseri viventi presentano un certo grado di interiorità e di soggettività, ciascuno a modo suo. Per questo possiamo dire che hanno il loro modo di relazionarsi e di operare una sintesi.
(...). All’improvviso, in un oceano primitivo, o in una palude originaria, ha fatto misteriosamente irruzione la vita: un batterio, padre di tutte le forme di vita. Era semplice. Ma ha anch’esso stabilito più e più relazioni con l’esterno, dialogando chimicamente con l’ambiente circostante, complessificandosi e creando una sia pur minima interiorità. E questo è avvenuto più di tre miliardi di anni fa.
La Terra aveva già circa 4,4 miliardi di anni. Essa ha creato le condizioni perché la vita sorgesse. Ma solo chi è vivo può generare vita. Per questo, oggi sappiamo che la Terra non è una realtà morta, una specie di contenitore o di baule pieno di beni e servizi di cui possiamo disporre. Non si limita a ospitare la vita. È essa stessa viva. Gli astronauti, dalla Luna o dalle loro astronavi, hanno notato chiaramente come la Terra e l’umanità costituiscano una grande e unica unità complessa. Essa combina gli elementi chimici, fisici ed ecologici in maniera tale da poter sempre generare vita. Grazie alle energie presenti al suo interno, provenienti da tutte le parti del cosmo, e, soprattutto, in collaborazione con gli stessi esseri viventi, ha creato la biosfera, quella fascia sottile che si estende per 30-40 chilometri al di sopra delle nostre teste. L’atmosfera è diventata biosfera, l’habitat adeguato agli esseri viventi. Tutto è anche una creazione della vita stessa, la quale non ha trovato un mondo già pronto, ma, lentamente, è andata creando per sé un mondo adatto per vivere, evolvere e riprodursi. (...).
Siamo un sottocapitolo del capitolo della vita, ma con una singolarità: siamo vita cosciente e portatrice di spirito. (...). È come se l’universo avesse intuito che saremmo arrivati. E per questo ha preparato tutto come una culla destinata a riceverci. L’obiettivo principale, tuttavia, non era solo creare esseri coscienti e intelligen ti. L’intenzione primaria era quella di generare un essere che fosse in grado di accogliere l’Infinito dentro il finito. Il bisogno che ci fosse qualcuno così aperto da ricevere Dio dentro di sé, come un calice pronto a ricevere un vino prezioso. Un essere che è venuto maturando nel corso di tutto il processo evolutivo fino a irrompere nella storia. (...)
L’origine di Gesù, nostro fratello e nostro liberatore
(...) Concentriamoci ora sulla figura di Gesù, il Cristo, il Figlio eterno che si è fatto uno di noi. (...). Consideriamo, per prima cosa, la genealogia di Gesù, ossia la sua origine. Vediamo cosa dicono gli evangelisti. Marco colloca Gesù già adulto all’interno della sua famiglia, senza alcun riferimento alla sua nascita e alla sua infanzia. Matteo inserisce Gesù all’interno di tutta la storia di Israele, cominciando da Davide (1,1- 17) per arrivare fino a Giuseppe, lo sposo di Maria. Luca va ancora più lontano e situa l’origine di Gesù all’interno della storia umana, poiché la riconduce fino ad Adamo (Lc 3,23-38). Giovanni, infine, proietta l’origine di Gesù in Dio. (...)
Le origini di Gesù, tuttavia, risalgono a tempi assai più remoti. Egli possiede l’età dell’universo, sorto 13,7 miliardi di anni fa. È qui che devono essere ricercate le origini cosmiche di Gesù. L’universo intero si è orientato verso quel momento in cui Egli si è immerso nel processo evolutivo e dal seno della Santissima Trinità è venuto incontro a noi.
Concretamente, la sua storia ha inizio in quel puntino minuscolo, pieno di energia e di informazione, che è esploso miliardi di anni fa, spargendo le energie, le particelle e le informazioni in esso contenute in tutte le direzioni. Era misteriosamente presente all’interno di quel punto piccolissimo e poi dentro le grandi stelle rosse che si sono successivamente formate, creando, come in una fornace, tutti gli elementi necessari alla costituzione della nostra Via Lattea, del sistema solare, del pianeta Terra e delle nostre vite. Gesù porta dentro di sé quegli elementi primordiali: il ferro che scorreva con il sangue nelle sue vene, il calcio e il fosforo che davano consistenza alle sue ossa, l’azoto responsabile della sua crescita, il carbonio e l’ossigeno senza cui la vita non si sarebbe mai formata.
Effettivamente, Gesù è un essere cosmico, frutto, come tutti noi, di questo immenso processo evolutivo. Ma lo è non solo nel suo corpo, nella sua base materiale fisico- chimica, bensì nella sua interiorità e soggettività, prodotto della rete di relazioni e di cooperazione di tutti con tutti. La psiche che affonda nella notte dei tempi primordiali ha raccolto in Gesù tutti i movimenti psichici dell’inconscio cosmico, minerale, vegetale, animale e umano, in cui si incontrano tracce dei sogni e degli archetipi più ancestrali. (...).
Come tutti noi umani, anche Gesù è un animale, della classe dei mammiferi, dell’ordine dei primati, della famiglia degli ominidi, del genere homo e della specie sapiens sapiens. Nel suo corpo vibrano 400 miliardi di cellule, ordinate da un codice genetico che si è costituito 3,8 miliardi di anni fa, quando, da un mare primigenio, la vita ha fatto la sua comparsa. Il suo cervello, come il nostro, è costituito da 50 miliardi di neuroni che operano 100 miliardi di trilioni di connessioni al minuto. Gli organi che si sono formati nel corso dell’evoluzione, come quelli legati alla vista, all’udito e al tatto, sono gli stessi che abbiamo noi. Interiormente è dotato, nel lobo frontale, di un organo interno chiamato “punto Dio”, attraverso il quale tutti noi, e Gesù in maniera speciale, cogliamo la presenza amorevole e misteriosa di Dio, legando e rilegando, unendo e riunendo tutte le cose. (...)
Padre nostro–Pane nostro: il progetto di Gesù
(...). I quattro libri dei vangeli pongono molte cose sulla bocca di Gesù, tutte importanti. Ma noi che intendiamo imitare i suoi atteggiamenti e seguire i suoi passi vogliamo andare più a fondo. Di tutte le parole che lo rivelano, qual è quella che più esprime la sua volontà e che ci mostra meglio ciò che ha detto e come ha vissuto? (...). Io direi semplicemente che è il Padre Nostro. (...). Perché vi si trovano il senso e lo scopo più profondi del messaggio di Gesù?
Per prima cosa vi sono indizi chiari riconducibili allo stesso Gesù, poiché nel Padre nostro egli non parla di sé, non parla della Chiesa, non parla della messa, non parla dell’Eucaristia, non parla dei sacramenti, non parla dei preti, dei vescovi e del papa. Il che vuol dire che tutto ciò che è importante per la Chiesa di oggi non lo era per Gesù. Per lui c’erano cose più importanti. Se ne distinguono due, nelle quali risiede il segreto del suo messaggio: il Padre nostro e il Pane nostro.
(...). Gesù parla del Padre nostro. Non dice Padre mio. Non dice mio Signore. Dice Padre nostro: Padre di tutti gli esseri umani, indipendentemente da dove stiano e in che situazione si trovino. E questo Padre è Abba, un papà buono. Egli non si comporta come un giudice che contabilizza i nostri atti buoni e i nostri atti cattivi. Non è un Padre che ci punisce per i nostri peccati, ma Colui che anima, accoglie e perdona persino “gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35-36). Che accoglie il figlio prodigo di ritorno a casa (Lc 15,11-32). La principale caratteristica del Dio di Gesù, Abba, è la misericordia illimitata.
(...). L’invocazione al Padre nostro ci rimanda alla dimensione più essenziale dell’essere umano: l’impulso verso l’alto, verso il cielo, verso le stelle da dove siamo venuti, verso il cuore di Dio all’interno del quale stavamo da tutta l’eternità e a cui vogliamo tornare. Il nostro sguardo si rivolge verso l’alto, le nostre mani tendono verso il cielo, la nostra mente si immerge nell’infinito del firmamento e raggiunge il Regno della Trinità. (...).
L’altra invocazione è quella del Pane nostro. Dal cielo facciamo ritorno alla Terra. Siamo figli e figlie della Madre Terra. Siamo esseri di necessità, che hanno fame e hanno sete. Dobbiamo soddisfarle con il lavoro di tutti. Abbiamo già saziato la fame di Dio, benché sia una fame che non ha termine, dal momento che il Padre nostro ci invita a guardare sempre più in alto. Ma abbiamo fame di pane, pane materiale, pane che sazi la nostra fame e ci permetta di vivere. (...). Siamo esseri umani sociali che vivono e convivono, che hanno appreso a distribuire e a dire non solo “io” ma “noi”. Ci sediamo alla mensa, in una familiare convivialità, per distribuire e consumare insieme il Pane fatto per tutti e per tutte.
(...). Il pane non è qualcosa di meramente materiale. In esso si nascondono le energie vitali della Terra, dei suoli, delle acque, del Sole. In esso è presente il lavoro umano di piantare, di mietere, di immagazzinare, di macinare, di produrre la farina e poi di trasformarla in pane. E il lavoro di chi provvede a far giungere il pane alla nostra mensa. In ogni passaggio c’è sudore, tenerezza e, a volte, lacrime.
Pertanto, il Pane porta con sé significati profondi sui quali occorre meditare nel momento in cui lo si riceve nelle proprie mani. Si tratta del pane che Gesù ha distribuito tra il popolo affamato (cfr Mt 14,19; Mc 8,5), il pane che egli ha preso nelle sue mani sante e ha offerto nell’Ultima Cena, dicendo che era il suo corpo (cfr Lc 22,19-20). Il pane eucaristico delle nostre celebrazioni. (...)
Solo chi unisce il Padre nostro al Pane nostro può dire infine Amen. Solo chi mantiene questa unità sacra stabilita dal Maestro – Padre nostro e Pane nostro – ne preserva l’eredità.
Non viviamo per morire, moriamo per risorgere
(...) Non siamo stati creati perché la nostra vita finisca con la morte. Piuttosto, per trasformarci attraverso la morte e compiere il salto indispensabile per fare ingresso nel mondo di Dio-Trinità. In questo senso, la morte è un’invenzione della vita per consentirci di vivere di più e meglio in un altro livello della realtà. Dopo il tempo viene l’eternità. Dopo la vita presente, viene la vita eterna. Per essa siamo stati creati e ad essa siamo stati chiamati. Gesù ha mostrato che non è la morte ad avere l’ultima parola, ma la vita e la vita in abbondanza (cfr Gv 10,10). In verità, noi non nasciamo per morire. Moriamo per risorgere.
La morte è il vero dies natalis, è il vero Natale dell’essere umano. Lentamente andiamo nascendo, crescendo, maturando fino al termine della nascita. È il momento della morte benedetta. La morte implica la liberazione dallo spazio e dal tempo e da tutti i legacci che ci costringevano all’interno dei limiti di questo mondo. Con la morte cadono tutte le barriere. Tutto ciò che era in potenza dentro di noi, tutte le nostre virtualità latenti – poiché siamo un progetto infinito pieno di semi di vita non vissuti e solo abbozzati – ora, attraverso la morte, possono irrompere pienamente. Saremo finalmente esseri come Dio ci ha immaginato: integri e pieni di vita e di splendore.
(...). Gesù è stato il primo a manifestarci questa realtà nascosta dentro la morte. Essa c’era sempre, ma coperta dal velo del mistero. Con Gesù il velo è caduto e abbiamo potuto vedere il trionfo della vita e la realizzazione di ogni essere umano, uomo e donna. (...).
Ama e prenditi cura della Terra, nostra Madre
(...). Essa ci dà tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere: l’alimento, l’acqua, l’aria, i suoli, quei compagni e quelle compagne che sono gli altri esseri viventi, dal numero infinito di micro-organismi che abitano il suolo e garantiscono vitalità alla Madre Terra, fino ai fiumi e agli oceani e agli indescrivibili paesaggi pieni di bellezza e di splendore che rallegrano i nostri occhi e fanno fremere il nostro cuore. Sempre più ci rendiamo conto di quanto sia riduttivo dire che c’è vita sulla Terra. C’è molto di più. In quanto madre, è essa stessa viva, regolando la sua base fisica, chimica ed ecologica con tale cura e in misura tale da rendere sempre possibile la produzione della vita nelle sue più diverse forme. I popoli antichi le hanno assegnato innumerevoli nomi, come Magna Mater, Pacha Mama, Nana, e quelli moderni l’hanno chiamata Gaia. (...)
La Madre Terra non ha prodotto solo noi umani, ma ha generato una vasta e ricca comunità di vita, dai batteri, dai funghi e dai virus alle piante, ai mammiferi, agli uccelli, ai pesci e a ogni tipo di essere vivente. Abbiamo compreso che tra tutti gli esseri esiste un legame di parentela, poiché tutti presentano lo stesso codice genetico di base, con quattro basi azotate che funzionano come collante per unire, sotto mille diverse forme, i 20 mattoncini, gli aminoacidi, che costituiscono la vita. San Francesco intuì misticamente che siamo fratelli e sorelle di tutte le creature. (...). Allo stesso modo, è importante sentire come fosse nostra la sofferenza degli altri, il dolore della natura devastata e i gemiti della Madre Terra vittima di uno sfruttamento senza limiti.
Noi esseri umani abbiamo ricevuto la missione di prenderci cura della Madre Terra e di proteggere tutta la sua indescrivibile biodiversità. Dio ci ha posto nel giardino dell’Eden, vale a dire nella Terra appena nata, perché la custodissimo, ce ne prendessimo cura e ne fossimo i difensori (cfr Gn 2,15).
(...) Purtroppo nel corso della storia ci siamo rivelati più come il Satana della Terra che come il suo angelo custode. Abbiamo sfruttato i suoi beni e i suoi servizi al di là di ciò che la Madre Terra può sopportare. E lo facciamo allo scopo di arricchirci a qualsiasi costo, senza pensare ai nostri figli e ai nostri nipoti, che meritano di ereditare una Terra ancora più feconda e più ricca. (...). Prendersi cura della Terra è amarla come la nostra unica Casa Comune. Amare la Terra è riempirsi di commozione, di venerazione e di senso di sacralità, che è ciò che proviamo quando ne vediamo l’immagine dalle astronavi: quella sfera bianco-azzurra, fragile ma splendente di vita, che è la nostra Casa Comune e il tempio stesso di Dio. La nostra grande e amata Madre.
La cura necessaria per salvare la vita
(...) Di tutto ciò che amiamo ci prendiamo anche cura. Così come amiamo tutto ciò che curiamo. (...). Se osserviamo bene, la cura è ancestrale quanto l’universo. Se dopo il big bang non ci fosse stata questa cura da parte delle forze-guida attraverso cui l’universo si auto-crea e si auto- regola, come per esempio la forza gravitazionale, tutto si sarebbe espanso eccessivamente, impedendo alla materia di addensarsi e di formare l’universo come lo conosciamo. O tutto si contrarrebbe al punto da far collassare l’universo su se stesso in interminabili esplosioni. Ma non è stato così. Tutto è andato avanti con una cura così calibrata, in frazioni di miliardesimi di secondo, da permetterci di star qui a parlare di tutte queste cose.
La cura è vincolata a tutti i processi vitali. Se gli esseri viventi non fossero curati, morirebbero. (...). La cura è costituita dalle condizioni previe senza le quali nulla di ciò che esiste emergerebbe all’esistenza. (...). La cura è la maggiore forza che si oppone alla legge suprema dell’entropia: il logoramento naturale di tutte le cose fino alla loro morte termica. Tutto ciò che curiamo dura molto di più. (...).
(...) Abbiamo appreso dalla storia la necessità di coltivare la cura come condizione per la sopravvivenza della vita sulla Terra e per la continuità della nostra civiltà e anche della nostra comunità di fede. È la cura essenziale che garantisce la sostenibilità di tutte le cose, cioè la loro capacità di continuare a esistere e a riprodursi. Senza la cura si può arrivare a un punto in cui è possibile dire: o ci prendiamo cura della nostra unica Casa Comune che il Padre ci ha affidato o andremo incontro al peggio. Ma crediamo che ciò non avverrà, perché Dio è il «Signore, amante della vita» (Sap 11,26) e non permetterebbe che questa finisse così miseramente. (...).
* Guido Reni, Trinità (1625), foto del 2016 di autore non identificato, tratta da it.wikipedia.org, immagine originale e licenza
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