
Giornata della pace: “La Chiesa non è neutrale”. Renato Sacco su “Vita Pastorale”
Il Messaggio di papa Francesco per la 52.ma Giornata Mondiale della Pace – “La buona politica è al servizio della pace” – è «tutt'altro che scontato», scrive il cordinatore nazionale di Pax Christi, Renato Sacco, sul numero di gennaio del mensile dei paolini Vita Pastorale. Viviamo infatti «in un contesto dove sembra trionfare l’antipolitica, con le considerazioni più banali e qualunquistiche che ne conseguono». E proprio mentre si è tentati di considerare la politica come esercizio di tutela di interessi privati o quasi tribali, aggiunge Sacco, Francesco ci ricorda al contrario «che la politica è la massima espressione della carità».
Di fronte alle situazioni che sembrano segnare drasticamente la fine della “buona politica al servizio della pace”, come per esempio la crisi umanitaria in Yemen e le responsabilità di chi come l'Italia vende le armi ai sauditi, «il messaggio del papa è un invito a riscoprire l’impegno politico di ogni cittadino, uomo e donna, nella costruzione della polis, per il bene comune del pianeta, per riparare ai tanti disastri umani e ambientali di cui siamo responsabili anche noi».
Restando ancorati all'attualità, un altro esempio che interroga la “buona politica” è la questione delle migrazioni, più volte toccata nell'attuale Messaggio papale e, in maniera più approfondita, in quello dello scorso anno dal titolo “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”. Quel testo andrebbe recuperato anche oggi, dice Sacco, «anche in vista delle prossime elezioni europee. Andrebbe riletto alla luce di scelte politiche assurde, pericolose, violente e razziste cui assistiamo. Penso al decreto sicurezza: un esempio, a mio parere, di politica non buona. E non certo a servizio della pace».
Sono considerazioni amare, quelle del coordinatore nazionale di Pax Christi, che riflette anche sul livello di consapevolezza e di mobilitazione del mondo cristiano: «Il tema della pace, del disarmo, dei diritti umani» è trascurato nella vita e nella pastorale delle comunità, e in particolare bisognerebbe riflettere su quella «situazione pericolosa di razzismo e xenofobia che serpeggia neanche troppo velatamente anche tra molti che si dicono cristiani». Perché non si affronta il problema? «Sarà, forse, per non creare “divisioni” o per “amore di comunione”?», si chiede Sacco. Anche fosse, in questo modo «si lascia campo aperto alle peggiori scelte, a quanto i social vanno seminando: un misto tra bugie, insulti e odio». La pace è «una strada in salita», ma resta una «buona notizia» che tutti i cristiani sono chiamati a seminare «guidati dalla speranza».
L'elenco dei mali attuali è ancora lungo: proliferazione e vendita di armi, crescita della spesa militare, ordigni nucleari sparsi per il mondo e anche nelle basi Usa in Italia, ecc.: come cristiani non dobbiamo restare spettatori passivi, invita l'autore dell'articolo, «o dire che non sono cose che ci riguardano, limitandoci ad annunciare un Vangelo disincarnato, che non diventa “buona notizia”».
Il magistero profetico di Francesco è apprezzato ma non è seguìto. Il papa poi «lo si lascia solo! Ecco, allora, che ognuno è chiamato a impegnarsi nella propria realtà e nel proprio territorio. L’impegno per la pace, per il disarmo e la nonviolenza, la denuncia del razzismo e di ogni forma di odio e intolleranza non può essere assente dalla vita pastorale delle nostre comunità», perché, come ammoniva il card. Lercaro il 1° gennaio 1968, «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga».
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