
Alzare la testa per restare umani. O domani sarà tardi. Un commento su “Nigrizia”
Analisi lucida quella dell'antropologo e collaboratore di Nigrizia, Marco Aime, che nell'ultimo post della sua rubrica “Io non sono razzista ma...” lancia l'appello: “Torniamo umani, alziamo la voce e la testa”.
L'innalzamento dei toni contro migranti ed Europa, «gli atteggiamenti da bullo», l'idea delle “ruspe” per affrontare delicati problemi sociali, «una sempre maggiore propensione per una giustizia fai da te» e a una più libera circolazione di armi, nonostante le notizie d'oltreoceano invitino quantomeno alla prudenza: ecco i tanti tasselli del «mosaico salviniano» che giorno dopo giorno compongono una immagine «tutt’altro che tranquillizzante».
Aime denuncia una «strategia lego-fascista» che sta emergendo in maniera sempre più chiara: «Creare uno stato di tensione permanente, costruito sulla paura dei migranti, per poi avere mano libera su provvedimenti lontani da ogni concetto di democrazia. Per spadroneggiare, grazie alle paure indotte, sulle spalle degli ultimi».
L'esempio del Decreto cosiddetto “sicurezza” è lampante: al di là dei profili evidentemente discriminatori e razzisti il provvedimento, Legge dello Stato dal 3 dicembre scorso, «non solo renderà meno sicure le strade d’Italia, ma spingerà sempre più persone nelle mani della malavita, senza calcolare la perdita di posti di lavoro che causerà la chiusura di molte strutture di accoglienza». Una legge che sembra dunque votata a creare insicurezza e malessere sociale.
Identificato il “problema Salvini”, Aime vuole guardare oltre, riconoscendo la pesante responsabilità dell'opinione pubblica: «A questo punto, il problema (...) siamo tutti noi. Dico tutti, perché nel Belpaese non c’è solo chi odia gli stranieri, c’è anche molta gente per bene, che però tace. Le dittature spesso nascono perché chi possiede valori democratici non ce la fa a farsi sentire. Se non alziamo la voce e il capo ora, dopo sarà troppo tardi. È già tardi, ma si può ancora ricuperare quel livello di civiltà che ci fa umani, per ritornare a essere un minimo rispettosi degli altri, per dare senso a quei valori cristiani che ci hanno accompagnato a lungo. Non serve difendere il presepio, a essere in pericolo è la nostra umanità».
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