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Cristiani impegnati in politica, ma «no al partito cattolico». Noi Siamo Chiesa interviene nel dibattito a 100 anni dalla nascita del Ppi

Cristiani impegnati in politica, ma «no al partito cattolico». Noi Siamo Chiesa interviene nel dibattito a 100 anni dalla nascita del Ppi

ROMA-ADISTA. In occasione del centenario dell’appello di don Luigi Sturzo «agli uomini liberi e forti» (18 gennaio 1919), atto di nascita del Partito popolare italiano, il movimento Noi Siamo Chiesa interviene nel dibattito sull’impegno in politica dei cattolici, da qualche mese al centro dell’interesse dei vescovi (v. Adista Notizie n. 43 e 44/18 e 3/19), per ribadire il suo «no al partito cattolico».

«L’idea di un nuovo partito cattolico o qualcosa che gli somigli è da abbandonare – scrive Noi Siamo Chiesa in una lunga nota –, così come le candidature “cattoliche” sponsorizzate dalle gerarchie o dai movimenti. L’esperienza del passato, quella della Prima Repubblica, non è ripetibile, la coesione politica non ci sarebbe, ci sarebbe al massimo la buona volontà di fare qualcosa».

Ci vogliono invece, aggiunge il movimento, «soggetti politici nuovi, non identitari, non separati, non confessionali, internazionalisti e a vocazione universale, però credenti che un mondo è possibile. Non solo che un altro mondo è possibile, ma che questo mondo è possibile, lo si può raddrizzare».

Con due questioni da affrontare.

«La prima questione urgente dell’oggi – scrive Noi Siamo Chiesa – riguarda l’opportunità, anzi la necessità, che si mettano subito in discussione senza “se” e senza “ma” le simpatie diffuse tra i cattolici della domenica nei confronti della politica contro i migranti che è ormai diventata legge e che sta per essere messa in pratica. L’alternativa “o si sta con Salvini o si sta col Vangelo” deve diventare senso comune nella comunicazione ecclesiale. È il senso comune leghista che deve essere contrastato non solo a parole con interventi per l’accoglienza che ora esistono solo a macchia di leopardo nelle nostre comunità ecclesiali. Quei vescovi e quei parroci che tacciono sappiano che invece devono parlare. La laicità che vogliamo non è quella di fare finta di niente in ragione del rispetto dell’autonomia delle istituzioni. Al contrario ci sembra che si debba considerare concretamente la possibilità di predicare e di praticare anche la “disobbedienza costituzionale” e l’obiezione di coscienza di fronte alla attuale politica sui migranti».

«La seconda questione, positiva, è che, in questo momento difficile per la nostra società, minoranze attive sono protagoniste dei principali interventi di contrasto alle sofferenze e di attivazione su aspetti malati del nostro vivere civile. Queste realtà sono prevalentemente espressione di cattolici militanti. Ci riferiamo agli interventi a favore dei profughi, nei confronti delle varie dipendenze (droga, alcool, gioco d’azzardo, usura, ecc...), nei confronti delle povertà vecchie e nuove, dei disabili, contro i poteri criminali, nelle organizzazioni a tutela dei diritti umani e per interventi nel Terzo Mondo, nel movimento per la pace e il disarmo e nella proposta della nonviolenza. Questi interventi, sempre molto insufficienti a coprire le necessità e a sopperire alle carenze dell’intervento pubblico, sono una ricchezza. Essi dovrebbero essere presenti in modo diffuso e generalizzato in tutte le strutture ecclesiali. Altri settori dovrebbero aggiungersi o maggiormente svilupparsi. Quello principale deve riguardare le questioni del lavoro e dell’occupazione che segnano la vita, più faticosa e difficile di prima, di una maggioranza nel nostro paese, poi quello della tutela della natura sulla scia della Laudato si' che è attualmente insufficiente, quello di promozione della condizione femminile e di contrasto alla violenza di genere, quello della condizione economica e sociale della famiglia che è anche causa della crisi della natalità e nei cui confronti l’intervento pubblico è più che debole, nonostante che le istituzioni siano state gestite nel nostro paese per decenni da cattolici dichiarati. L’educazione ai valori costituzionali dovrebbe essere pretesa per ogni ordine di scuola. La formazione all’impegno sociale e politico, nelle parrocchie e nelle associazioni, deve essere rilanciata dopo essere stata trascurata per anni. Essa può avere come primo sbocco l’impegno nella democrazia delle amministrazioni locali, terreno privilegiato da sempre dell’impegno politico di base che viene da lontano e che è stato ispirato proprio dall’insegnamento di don Sturzo. La laicità deve essere considerata e praticata come “valore” di ispirazione evangelica, lontana dalla così detta laicità “positiva” (cioè clericale) ma anche dalla cultura radicale esterna al riconoscimento della rilevanza sociale delle religioni».

Quindi, conclude Noi Siamo Chiesa, «l’ipotesi a cui pensiamo è quello di una generalizzata e forte attivazione del tessuto cattolico sulle tematiche sociali, in controtendenza con le mobilitazioni di massa, con le parole d’ordine, coi richiami identitari, e che parta dalla riflessione critica sulla storia della Chiesa e dei cattolici in politica. Essa può essere ritenuta insufficiente ma non ne vediamo altre, almeno in questa fase storica. Può essere una forte risorsa per la nostra Repubblica perché ancorata nei principi e nei valori della Costituzione, testo che rimane sempre l’espressione dell’anima migliore del cattolicesimo nel suo confronto coi problemi della convivenza civile. Tuttavia questa linea non potrebbe esprimere tutte le sue potenzialità senza un attenzione militante alla situazione internazionale e ai nuovi equilibri fortemente conflittuali che si stanno determinando nella geopolitica complessiva. L’intensificazione dei conflitti, le disuguaglianze generate dalla globalizzazione a livello planetario insieme ai muri che si stanno costruendo in tante parti mentre il denaro circola del tutto liberamente e domina il mondo, il riarmo nucleare in corso (che tutti i governi italiani di prima e di ora accettano) sono tematiche centrali per l’universalismo cristiano a cui qualsiasi anche minima azione di intervento deve riferirsi. Questa sì è la costante che deve caratterizzare la presenza dei cristiani in politica».

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