
Chiesa del Nicaragua pronta al dialogo. Condizionato
MANAGUA-ADISTA. Ci sta la Chiesa a partecipare ad un dialogo nazionale per fare uscire il Paese dalla crisi politica anche violenta che vive ormai da mesi, ma non “senza se e senza ma”: prima bisogna che i detenuti per motivi di ribellione al governo di Daniel Ortega – studenti, contadini e giornalisti – ottengano «presto» la loro libertà e che «i media possano sviluppare con tutto il rispetto e l'obiettività» il loro lavoro. È quanto ha detto l’arcivescovo di Managua, card. Leopoldo Brenes, domenica scorsa. Anche il Comitato pro-libertà dei detenuti politici si è espresso per la «liberazione immediata e senza condizioni dei prigionieri» come punto di partenza per l’«unico dialogo» possibile.
Brenes, il giorno prima aveva partecipato ad un incontro tra governo e imprenditori finalizzato a cercare una «intesa» data la grave crisi politica ed economica scatenata, secondo il governo, dalle proteste iniziate 10 mesi fa. Si è affrettato, l’arcivescovo, a precisare che «non era un dialogo, era un incontro che gli imprenditori volevano avere con il presidente per esprimere le loro preoccupazioni». Un incontro peraltro fruttuoso, nel senso che i convenuti hanno concordato di incontrarsi ancora per consolidare «le basi per il dialogo», ha detto l'arcivescovo; ma certamente non un dialogo perché, ha precisato Brenes, non è stato trattato né il problema dei prigionieri politici né il ritorno degli organismi internazionali che il governo ha espulso dal Paese.
Il presidente della Camera di Commercio Americana (Amcham), Mario Arana, ha giudicato positivo l’incontro se da questo nascerà il dialogo, aggiungendo che è motivo di «fiducia» la disponibilità della Chiesa ad essere mediatrice e testimone. Il cardinale, che era otto mesi addietro era responsabile della mediazione poi interrotta, ha dichiarato ancora la disponibilità della Chiesa se le parti, società civile e governo, la invitano.
*Foto di Marco Verch, tratta da Flickr immagine originale e licenza
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