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Summit sugli abusi sessuali: un grande

Summit sugli abusi sessuali: un grande "scossone", con quali risultati?

Si vedranno gli effetti che, a medio e lungo termine, avrà sulla Chiesa globale il summit appena chiusosi in Vaticano sulla tutela dei minori. Quel che è certo, è che è stato uno “scossone” soprattutto per i vescovi riuniti, all’insegna di responsabilità, accountability, trasparenza con momenti di grande intensità anche emotiva e interventi e relazioni che sono andati diritti al punto. Dopo le toccanti testimonianze registrate delle vittime, alcuni degli interventi si sono caratterizzati per parole durissime e molto dirette, che hanno messo senza titubanza il dito nella piaga di un sistema fatto di coperture, insabbiamenti, abusi di potere prima ancora che sessuali. Ecco alcuni stralci dei più significativi.

Card. Blase Cupich, arcivescovo di Chicago e membro del Comitato organizzativo dell’incontro: «Tutti i meccanismi per presentare denuncia di abusi o maltrattamenti nei confronti di un vescovo dovrebbero essere trasparenti e ben noti ai fedeli». «Dovrebbe essere prestata attenzione alla creazione di meccanismi di segnalazione indipendenti sotto forma di una linea telefonica dedicata e/o un servizio di portale web per ricevere e trasmettere le accuse direttamente al nunzio apostolico, al metropolita del vescovo accusato o, se necessario, al suo sostituto e a qualsiasi esperto laico previsto dalle norme stabilite dalle Conferenze episcopali». «Il coinvolgimento di esperti laici per offrire assistenza da ora in avanti diventa necessario per il bene del processo e il valore della trasparenza»;  «Dovrebbero essere stabiliti altri requisiti e procedure per riferire alle apposite autorità ecclesiastiche da parte dei membri del clero che siano a conoscenza della cattiva condotta di un vescovo». «Sarà utile adottare chiari procedimenti procedurali radicati nelle tradizioni e nelle strutture della Chiesa, ma allo stesso tempo soddisfare i bisogni moderni di identificare e investigare comportamenti potenzialmente illeciti da parte dei vescovi». «Mentre la Santa Sede può emettere leggi universali in merito a questo tema,  le Conferenze episcopali, dopo opportune consultazioni, dovrebbero prendere in considerazione l’adozione di norme speciali per rispondere alle esigenze particolari di ogni Conferenza». Tra le altre proposte di Cupich, anche l’istituzione di “un fondo comune a livello nazionale, regionale o provinciale per coprire i costi delle indagini dei vescovi, tenendo debitamente conto delle norme di diritto canonico per la sua amministrazione”.

Card. Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca: «Gli abusi sessuali nei confronti di bambini e di giovani sono in non lieve misura dovuti all'abuso di potere nell'ambito dell'amministrazione. A tale riguardo - dice - l'amministrazione non ha contribuito ad adempiere la missione della Chiesa ma, al contrario, l'ha oscurata, screditata e resa impossibile. I dossier che avrebbero potuto documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono stati distrutti o nemmeno creati. Invece dei colpevoli, a essere riprese sono state le vittime ed è stato imposto loro il silenzio.

Le procedure e i procedimenti stabiliti per perseguire i reati sono stati deliberatamente disattesi, e anzi cancellati o scavalcati. I diritti delle vittime sono stati di fatto calpestati e lasciati all'arbitrio di singoli individui. Sono tutti eventi in netta contraddizione con ciò che la Chiesa dovrebbe rappresentare. Il modo in cui l'amministrazione della Chiesa è stata strutturata e svolta non ha contribuito a unire tutto il genere umano e ad avvicinare di più gli uomini a Dio ma, al contrario, ha violato tali obiettivi».

Suor Veronica Openibo, nigeriana, superiora generale della Società del Santo Bambino Gesù: «Possiamo dire che la Chiesa ora sta adottando misure per arrestare la situazione, ma anche per essere più trasparente riguardo a tutto quanto fatto privatamente per oltre due decenni, come incontrare le vittime di abusi sessuali, denunciare i casi alle autorità civili competenti e istituire commissioni». «La domanda oggi riguarda più il come affrontare la questione degli abusi sessuali sui minori in modo più diretto, trasparente e coraggioso come Chiesa». Alcuni vescovi «hanno fatto, altri non hanno fatto per paura o per insabbiare», ma «dobbiamo riconoscere che sono la nostra mediocrità, ipocrisia e compiacenza ad averci condotto in questo luogo vergognoso e scandaloso in cui ci ritroviamo come Chiesa».

Suor Openibo ha anche richiamato la vicenda dei preti pedofili cileni, nella quale Francesco inizialmente aveva diffidato delle testimonianze delle vittime;  «L’ammiro, Fratel Francesco, per essersi preso del tempo, da vero gesuita, per discernere e per essere abbastanza umile da cambiare idea, chiedere scusa e agire: un esempio per tutti noi».

Valentina Alazraki, corrispondente della tv messicana dal 1974 e decana dei vaticanisti: «Possiamo essere alleati, non nemici – ha detto sabato -  ma se voi non vi decidete in modo radicale a stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici». Quante volte mi è toccato ascoltare che lo scandalo degli abusi è “colpa della stampa, che è un complotto di certi mass media per screditare la Chiesa, che dietro ci sono poteri occulti, per mettere fine a questa istituzione”…»; a proposito del caso del fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel: «Sono stata testimone di questo triste caso dall’inizio alla fine. Al di là del giudizio morale sui crimini commessi da quell’uomo, che per alcuni è stato una mente malata e per altri un genio del male, vi assicuro che alla base di quello scandalo, che tanto male ha fatto a migliaia di persone, fino a macchiare la memoria di chi ora è santo, mi riferisco a Giovanni Paolo II, c’è stata una comunicazione malata. Non bisogna dimenticare che nella Legione c’era un quarto voto secondo il quale se un legionario vedeva qualcosa che non lo convinceva di un superiore, non poteva né criticarlo né tanto meno commentarlo. Senza questa censura, senza questo occultamento totale, se ci fosse stata trasparenza, Marciel Maciel non avrebbe potuto abusare per decenni di seminaristi e avere tre o quattro vite, mogli e figli, che sono arrivate ad accusarlo di avere abusato della sua stessa prole».

La giornalista ha terminato con alcuni suggerimenti concreti: «Se l’accusa si dimostra credibile, dovete informare sui processi in corso, su ciò che state facendo, dovete dire che avete allontanato il colpevole dalla sua parrocchia o da dove esercitava, dovete dirlo voi, sia nelle diocesi sia in Vaticano»; «A volte, il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede informa su una rinuncia senza spiegarne le ragioni», mentre «la notizia della rinuncia di un sacerdote che ha commesso abusi dovrebbe essere data con chiarezza, in modo esplicito». I vescovi dovrebbero sapere che «non si può parlare di questo tema se non si è ascoltato le vittime»; la Chiesa «dovrebbe avere, a tutti i livelli, esperti della comunicazione, e ascoltarli quando le dicono che conviene sempre più informare che tacere o addirittura mentire»;  è poi necessario «comunicare meglio», perché «la cattiva informazione, o la scarsa informazione, ha causato danni enormi, ha fatto del male alle vittime e alle loro famiglie, non ha permesso che si facesse giustizia, ha fatto vacillare la fede di molta gente».

Papa Francesco, in chiusura del summit: «Il fenomeno della pedofilia è più grave e scandaloso nella Chiesa perché in contrasto con la sua credibilità morale»; «Nella Chiesa è cresciuta la consapevolezza non solo di dover arginare questi fenomeni con misure disciplinari e processi civili e canonici, ma anche di affrontare il fenomeno sia all'interno che all'esterno".

Tre le misure concrete annunciate da p. Federico Lombardi, moderatore del summit, che dovrebbero mettere in pratica quanto emerso negli ultimi giorni. Primo, un motu proprio di Francesco sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili, «per rafforzare la prevenzione e il contrasto contro gli abusi nella Curia Romana e nello Stato della Città del Vaticano», cui si accompagnerà  «una nuova legge dello Stato della Città del Vaticano e le linee guida per il Vicariato della Città del Vaticano sullo stesso argomento». La Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicherà poi «un vademecum che aiuterà i vescovi del mondo a comprendere chiaramente i loro doveri e i loro compiti»; verranno infine create «task forces di persone competenti per aiutare le Conferenze episcopali e le diocesi che si trovino in difficoltà ad affrontare i problemi e realizzare le iniziative per la protezione dei minori». Tutto questo, ha garantito Lombardi, in tempi abbastanza brevi: «vogliamo assolutamente che tutte le attività pastorali della Chiesa cattolica e i luoghi dove esse si esercitano siano pienamente sicuri per i minori, per il rispetto della loro dignità e la loro crescita umana e spirituale». 

Già da subito il comitato organizzatore formato da Lombardi, p. Hans Zollner, presidente del Centro per la protezione dei minori dell’Università Gregoriana, mons. Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e i due cardinali Cupich  e Oswald Gracias (arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale indiana) – si è riunito per pianificare il lavoro, che partirà domani 25 febbraio con una rione con i responsabili della Curia che hanno partecipato all’incontro.

Lombardi ha insistito sulla richiesta di perdono alle vittime «per ciò che abbiamo fatto di male e per ciò che abbiamo mancato di fare». «Torniamo alle nostre diocesi e alle nostre comunità, sparse in tutto il mondo – ha detto - con una comprensione più profonda di questo terribile scandalo e delle ferite che provoca nelle vittime e nell'intero popolo di Dio».

Soddisfatto si è detto p. Hans Zollner: l’incontro ha dimostrato quanta strada si sia fatta in pochi anni, ha detto.

La necessità della revisione del segreto pontificio è stato un tema su cui si sono trovati d’accordo moltissimi dei convenuti; «È sicuramente un argomento da trattare», ha detto il card. Gracias, «finora veniva usato allo scopo di tutelare la riservatezza, ma se viene utilizzato per nascondere e causare danni dobbiamo capire qual è l’obiettivo ultimo»; «Se usato troppo ampiamente si fanno danni al sistema» e «può rivelarsi inefficiente». «Non c’è necessità del segreto pontificio soprattutto per i casi di abusi sessuali. Quello che poteva essere utile anni fa ora è controproducente», gli ha fatto eco Scicluna, il quale si è mostrato soddisfatto: «Per decenni ci siamo concentrati sul crimine dell’abuso sui minori che è gravissimo, ma ora abbiamo capito tutti come l’insabbiamento è altrettanto grave. Non si può tornare indietro». Fondamentale, in questo senso, l’ascolto delle vittime: «Continueremo a farlo, dobbiamo continuare a farlo perché si tratta di una esperienza importante. Se parliamo di discernimento questa è la via giusta: non possiamo non ascoltare» chi ha subito abusi. Perché va bene cambiare e aggiornare il Diritto canonico, ma la prima cosa che deve cambiare «è il cuore».

Deluse le vittime di abusi. «Siamo indignati - dice Francesco Zanardi, presidente della Rete l'Abuso, secondo quanto si legge su RaiNews (24/2). Questo doveva  essere il summit della tolleranza zero e invece direi che siamo alla zero credibilità. Molti vescovi dopo questi quattro giorni sarebbero dovuti uscire senza abito talare. Dal discorso del Papa ci aspettavamo  molto di più: la Chiesa non è vittima, è carnefice". Zanardi ricorda le parole affilate del cardinale Marx al summit: «Solo ieri abbiamo appreso che sono stati distrutti i dossier con i nomi dei colpevoli degli abusi. E' chiaro che noi avevamo troppe aspettative dal vertice ma questo è senza mezzi termini un passo indietro nella lotta agli abusi. A questo punto continueremo a pubblicare altri nomi di preti-orchi. Lo abbiamo già fatto, ma la lista è ancora lunga. Andiamo avanti».

Soddisfazione è invece stata espressa nel mondo Lgbt per il fatto che non si sia in nessun momento focalizzata l’attenzione sui preti omosessuali: «Il silenzio delle  autorità vaticane sui preti gay- è stato il commento di suor Jeannine Gramick, di New Ways Ministry, su Facebook - sembra molto significativo. Se vogliamo davvero mettere fine agli abusi sessuali da parte del clero, bisogna smettere di fare di essi dei capri espiatori».

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