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Il «silenzio e l'adesione acritica» stanno uccidendo l'umanità. Don Ciotti a

Il «silenzio e l'adesione acritica» stanno uccidendo l'umanità. Don Ciotti a "Vita pastorale"

MILAMO-ADISTA. «Emorragia di umanità»: l’immagine forte e plastica che restituiscono queste parole è del fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, e dice dei «molti cuori induriti, menti atrofizzate, coscienze “lavate” a buon mercato» abitano la nostra epoca a livello culturale, sociale e politico e di essi il razzismo è la più evidente espressione. E “Menti atrofizzate e cuori induriti” è il titolo dell’intervista che don Ciotti ha rilasciato al mensile dei religiosi paolini Vita pastorale e che trova spazio nel numero di aprile.

«Il razzismo – afferma don Ciotti – nasce dall’ignoranza dell’altro, che è  prima di tutto ignoranza di sé, perché ciascuno di noi è nel profondo “altro” e “diverso”. E proprio in questa universale diversità sta l’enorme potenziale dell’incontro, della convivenza, del riconoscimento reciproco, dello stringere legami di comunità. È, quindi, un collasso  culturale quello che sta alla base del razzismo risorgente. E, insieme, una grave crisi economica provocata da una politica cieca, subordinata agli interessi della finanza e del capitale, nella logica del profitto che provoca disuguaglianza e povertà, distrugge il pianeta e il senso di comunità».

Nel suo libro Lettera a un razzista del terzo millennio, da poco edito dal Gruppo Abele, don Ciotti cita don Tonino Bello, là dove diceva: «Delle parole dette mi chiederà conto la storia, ma del silenzio con cui ho mancato di difendere i deboli dovrò rendere conto a Dio». «Cosa pesa di più oggi, chiede l’intervistatrice Chiara Genisio, «le urla degli “imprenditori della paura” o i silenzi delle persone che si considerano per bene»? «Pesano entrambi – risponde Ciotti – perché si alimentano le une dagli altri. Se gli speculatori di paure e gli spacciatori di illusioni avessero trovato, invece di silenzio e adesione acritica, meditate parole di dissenso, non saremmo arrivati a questo punto. Ma anche qui la questione è innanzitutto culturale. In chi urla e insulta come in chi tace manca la  consapevolezza che la parola è un atto e una responsabilità. Delle parole dobbiamo avere la massima cura: farle scaturire dalla ricerca di verità, che è anche, e sempre, ricerca dell’altro, non solo quello attorno a noi, ma anche quello dentro di noi».

Per questo serve costruire un nuovo modello di vita, a aprtire «dall’esperienza e nel coraggio di osare strade nuove. La conversione ecologica a cui richiama papa Francesco poggia su un’intuizione fondamentale: non c’è forma di vita che non sia legata alle altre, che non abbia la relazione nel profondo del proprio essere. “Conversione ecologica” vuol dire sentirci parte di quel “Tutto” dal quale ci crediamo separati. E che, con logica suicida, sfruttiamo, deprediamo,  uccidiamo. “Conversione ecologica” vuol dire aprire gli occhi su noi stessi e sulla necessità di passare dall’io al noi e al “Tutto”. Non si tratta di misticismo, di trascendenza del reale. È, al contrario, immersione nella realtà più profonda, acquisizione di una coscienza ambientale, sociale, storica, politica, culturale. Se non partiamo da questa rivoluzione sarà difficile liberarci dall’inquinamento e dalla corruzione nelle sue forme più varie, al di là dello scambio di denaro  e di favori».

*Don Luigi Ciotti nella foto della Camera dei Deputati, 25/03/2015, tratta da Flickr immagine originale e licenza

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