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La memoria e le responsabilità: 25 anni fa, il genocidio del Ruanda

La memoria e le responsabilità: 25 anni fa, il genocidio del Ruanda

Il Ruanda ricorda in questi giorni del 25° anniversario di uno dei più gravi genocidi della storia: 100 giorni di inferno, dal 6 aprile (giorno in cui è stato abbattuto l'aero che trasportava i presidenti di Ruanda e Burundi, Juvénal Habyarimana e Cyprien Ntaryamira) a metà luglio 1994, nel corso dei quali sono state barbaramente trucidate 800mila persone, principalmente di etnia tutsi ma anche hutu moderati.

Se il ricordo del massacro è ancora vivo nella mente della popolazione adulta locale, è anche vero che oggi il 50% della popolazione ha meno di 20 anni e non è stata testimone diretta dell'orrore perpetrato su uomini e donne, adulti e bambini, nelle case, per le strade, nelle scuole e persino nelle chiese. E nel Paese proliferano teorie negazioniste o revisioniste, contro le quali il governo di Paul Kagame (padre e autoritario padrone del Paese dalla fine del genocidio ad oggi) ha già emanato diversi provvedimenti. Per questa ragione il tema della memoria rappresenta il focus chiave di questo 25° anniversario.

«Va riconosciuto con umiltà che il genocidio ruandese è l'espressione del fallimento dell'evangelizzazione in Africa», ha commentato p. Donald Zagore (missionario della Società delle Missioni Africane e teologo), l'8 aprile scorso, all'Agenzia Fides: «Noi missionari in Africa abbiamo lavorato molto e continuiamo a lavorare per costruire edifici o aule liturgiche ma la priorità è costruire vere comunità cristiane. È triste dover ammettere che ci sono missionari venuti in Africa con il denaro invece che con lo Spirito Santo».

«Tutto questo è successo in una nazione a stragrande maggioranza cristiana!», ha detto anche p. Giulio Albanese (direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie) intervistato il 6 aprile da Vatican News: «Per questo occorre operare un sano discernimento, non foss’altro perché è stato palesemente smentito l’amore, l’affezione al sacrosanto valore della vita. Tanta umanità dolente è stata davvero sacrificata sull’altare dell’egoismo umano».

«Nel piccolo Paese dei Grandi Laghi», si legge sulla rivista Africa dei padri bianchi (Provincia Italiana della Società dei Missionari d’Africa), si ricorda «una strage che si pensava non fosse più possibile né in Africa né altrove. Un pogrom devastante che ricordava per la violenza e gli obiettivi quelli perpetrati da Adolf Hitler in Germania o da Pol Pot in Cambogia». La rivista ricorda inoltre la paralisi e l'incapacità di intervento della comunità internazionale (la paralisi delle Nazioni Unite, l'ostruzionismo degli Usa, la fuga dei diplomatici belgi, la complicità francese). «Al potere sale Paul Kagame, leader dei Tutsi», conclude Africa: «Oggi governa ancora lui. In Ruanda, Paese in forte sviluppo, non si parla più di divisioni etniche e di tensioni. Le autorità hanno messo la sordina alle tesi storiche che vadano contro la versione ufficiale e che permettano una più completa ricostruzione dei fatti. In questa settimana saranno molte le rievocazioni ufficiali. Ma l’odio etnico è sparito? Sarà solo il tempo a dirlo».

Sulle complicità della Chiesa locale nel genocidio e, successivamente, sulla copertura offerta dalla gerarchia cattolica a religiosi autori di crimini, si è parlato in più occasioni (per esempio qui e qui). Il 20 marzo 2017, in occasione dell'udienza di Paul Kagame in Vaticano, papa Francesco aveva chiesto perdono per il ruolo giocato dalla Chiesa nel 1994. Come si legge nel bollettino della Sala Stampa vaticana di quello stesso giono, «il papa ha manifestato il profondo dolore suo, della Santa Sede e della Chiesa per il genocidio contro i Tutsi, ha espresso solidarietà alle vittime e a quanti continuano a soffrire le conseguenze di quei tragici avvenimenti e, in linea con il gesto compiuto da San Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000, ha rinnovato l'implorazione di perdono a Dio per i peccati e le mancanze della Chiesa e dei suoi membri, tra i quali sacerdoti, religiosi e religiose che hanno ceduto all'odio e alla violenza, tradendo la propria missione evangelica».


Genocide Memorial Center a Kigali. Immagine di Adam Jones, tratta da Flickr, immagine originale e licenza. L'immagine è stata ritagliata.

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