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Sri Lanka: lutto, solidarietà, indignazione e mobilitazione

Sri Lanka: lutto, solidarietà, indignazione e mobilitazione

310 morti e 500 feriti è l'ultimo bilancio dei terribili attentati di Pasqua che, a partire dal santuario nazionale di Sant'Antonio nella capitale Colombo, hanno colpito le comunità cristiane in luoghi di culto e hotel. «Attacchi brutali», «atti di violenza inaudita», li ha definiti il vescovo di Chilaw, mons. Warnakulasuriya Devsritha Valence Mendis ascoltato dalla fondazione pontificia Aiuto Alla Chiesa che Soffre (ACS), realtà che finanzia progetti per le comunità cristiane minacciate e sensibilizza l'opinione pubblica sulla difficile situazione delle minoranze cristiane nel mondo. «Un attacco totalmente inaspettato», ha aggiunto, perché nel Paese a maggioranza buddhista le relazioni tra confessioni e religioni diverse sono sempre state pacifiche. «Quello commesso domenica è un crimine contro l’umanità», ha concluso il vescovo. «La nostra Pasqua si è trasformata da un giorno di festa ad uno di lutto. Ma sono certo che i nostri fedeli sapranno far fronte a tanto dolore con coraggio e fede».

Il giorno stesso degli attentati, il presidente di ACS Italia, Alfredo Mantovano, e il direttore di ACS Italia, Alessandro Monteduro, hanno ribadito che «la persecuzione cristiana non conosce confini». «E non conosce tregue legate alle più importanti celebrazioni liturgiche come ovviamente la domenica di Pasqua» Negli ultimi anni il giorno di Pasqua si è tinto di sangue, ricostruisce ACS: in Pakistan nel 2016 (ad opera di un kamikaze talebano) e in Egitto nel 2017 (il sedicente Stato Islamico colpì allora una comunità copta). Oggi si piangono «questi fratelli assassinati durante la Santa Messa soltanto perché Cristiani. Colpevoli, per i persecutori, di una duplice colpa, essere appunto Cristiani, pacifici e pacificatori, ed essere, in quanto Cristiani, percepiti vicini ai Paesi d’Occidente». Oggi bisogna piangere e pregare, ma anche mobilitarsi e soprattutto indignarsi, è l'invito di ACS: «È ora di manifestare reale, e non di sola facciata, indignazione. Innanzitutto aiutando concretamente le minoranze religiose oppresse e non delegando a questo le sole Organizzazioni di carità. E sostenendo una battaglia culturale e politica perché la difesa della libertà religiosa torni a essere un diritto di serie A. Se ciò non accadrà adesso dopo sarà troppo tardi».

Il giorno dopo la strage anche la Sezione italiana di Religions for Peace aveva lanciato un appello alla mobilitazione, interpellando però le stesse comunità di fede. «Mentre esprimiamo la vicinanza ai familiari di tante vittime innocenti, ai feriti, molti dei quali sono stati colpiti mentre erano in preghiera per le celebrazioni pasquali, ed a tutto il popolo dello Sri Lanka – si legge nel comunicato del 21 aprile – facciamo anche un appello ai leaders ed agli appartenenti delle varie tradizioni religiose di fare un salto di qualità nella prevenzione di derive estremistiche nell’ambito delle proprie comunità. Il rispetto reciproco positivo, il dialogo autentico e la cooperazione tra le religioni, in atto già da tempo, richiede un’estensione ed un’intensificazione per contrastare l’estremismo religioso militante e promuovere la convivenza pacifica fondata sul riconoscimento della dignità delle differenze e sulla sacralità e l’intangibilità di ogni vita».

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