
Evangelici e valdesi italiani: no agli insegnanti di religione cattolica nelle commissioni d’esame
ROMA-ADISTA. Gli esami scolastici di fine anno si avvicinano e puntualmente si riaffaccia la questione della presenza dei insegnanti di religione cattolica (Irc) agli esami di terza media.
«Con l’avvicinarsi delle date in cui migliaia di studenti sosterranno le prove d’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di studi, intendiamo sottoporre alla sua attenzione la questione della presenza degli insegnanti di religione cattolica nelle commissioni d’esame, per rilevarne l’incongruenza con l’impianto laico e plurale che contraddistingue la scuola pubblica e, a fortiori, l’intero ordinamento giuridico italiano», si legge nella lettera che il presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei), pastore Luca Maria Negro, e il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini, hanno inviato al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti
L’introduzione del Decreto legislativo n. 62/2017, voluto dall’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi (la cosiddetta “buona scuola”), ha modificato la disciplina nel senso di prevedere che sia l’intero consiglio di classe a esprimersi sul voto di ammissione, comprendendo quindi anche gli insegnanti di religione cattolica e di attività alternativa per gli alunni che se ne avvalgono. Ma Negro e Bernardini rilevano che l’insegnamento della religione cattolica «non rientra tra le materie obbligatorie né, pertanto, è soggetta ad esami»; per questo motivo il relativo docente non ha potere di influire con il suo voto. Nella lettera si denuncia anche che in virtù di tale norma «subisce disparità di trattamento l’alunno che opti per lo studio assistito ovvero per la non presenza a scuola».
Per questo motivo, e per non venire meno alla salvaguardia dei diritti delle minoranze religiose e all’attuazione concreta del principio supremo di laicità, il presidenti di Fcei e Tavola valdese auspicano che il ministro «prenda in considerazione l’ipotesi concreta di una revisione interpretativa della disposizione in questione, al fine di scongiurare il rischio che migliaia di alunni siano soggetti a disparità di trattamento nel legittimo esercizio di non avvalersi, nella forma ritenuta opportuna, dell’insegnamento facoltativo della religione cattolica».
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