
Chiesa missionaria allo specchio. Enzo Bianchi su "Vita Pastorale"
Il mondo cambia, la società cambia, la Chiesa cambia, ma il messaggio di Gesù – «Andate, evangelizzate in tutto il mondo, portate la Buona notizia a ogni creatura» – resta alla base della vita cristiana. La missione ad gentes, scrive il fondatore della Comunità di Bose Enzo Bianchi su Vita Pastorale di febbraio, si trova oggi di fronte a sfide inedite, che vanno affrontate con opportuno discernimento per operare le necessarie trasformazioni. Eppure, prosegue Bianchi, nonostante gli appelli di papa Francesco a una «Chiesa in uscita», quello missionario sembra oggi un mondo più in crisi che in rinnovamento: calo verticale delle vocazioni, invecchiamento e sterilizzazione degli istituti missionari, scarso interesse («mancanza di coraggio») dei religiosi per le regioni povere del mondo.
L’esigenza profonda, spiega Bianchi, è un «cambiamento radicale del vivere la Chiesa, ben prima del vivere la missione che le è inerente». E quando il papa parla di ascolto, incontro, dialogo e annuncio «richiede, in primo luogo, che ogni battezzato e ogni comunità cristiana si sentano responsabili dell’evangelizzazione». Prima di tutto nell’Europa post-cristiana e secolarizzata, prima di tutto nei confronti delle generazioni giovani, i cosiddetti millennials, «segnate da una profonda indifferenza verso la religione, verso la ricerca di Dio, verso l’appartenenza alla Chiesa».
Di fronte ai grandi cambiamenti epocali, prosegue Bianchi, proprio mentre si discuteva di una «Chiesa evangelizzante», ci si trova oggi a fare i conti con una «Chiesa non evangelizzata». Di fronte a questa «debolezza della fede». In un’epoca che rifiuta Dio, l’evangelizzazione deve ripartire, secondo Bianchi, nell’annuncio di Gesù, «colui che ha unito umanità e Dio. Dopo di lui, non si può dire l’umanità senza dire Dio e non si può dire Dio senza dire l’umanità».
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