
La riforma della chiesa può attendere
Tra i tanti commenti all'esortazione post sinodale "Querida Amazzonia" di papa Francesco pubblichiamo qui di seguito quello di Raffaele Luise, giornalista, vaticanista Rai, esperto di dialogo interreligioso e interculturale. Il commento è apparso sul suo blog Vaticanomondo (www.vaticanomondo.com).
L'intervento originale è consultabile a questo link.
“Non ho sentito che adesso lo Spirito Santo stesse lavorando in tema di preti sposati”. Con queste parole, dette ieri sera incontrando i vescovi statunitensi, e citate da mons. Oscar Solis di Salt Lake City, Francesco aveva anticipato l’assenza nella sua Esortazione apostolica “Querida Amazonia” di qualsiasi riferimento all’ordinazione dei “viri probati” nelle sperdute regioni panamazzoniche, richiesta dai due terzi dai vescovi durante il Sinodo sull’Amazzonia dell’ ottobre 2019. La “svolta”, tanto attesa dai padri sinodali e da tanta parte del Popolo di Dio, non c’è stata. Del resto, ancora recentemente Francesco ha ripetuto facendole proprie le parole di Paolo VI : “Sono pronto a dare la vita piuttosto che cancellare il celibato”. Nei paragrafi 85-90 della sua Esortazione, il papa non fa alcun riferimento alla questione, né direttamente né indirettamente, limitandosi a riaffermare che solo il sacerdote può presiedere l’eucaristia, e difendendone l’ “identità esclusiva”. Eppure, Bergoglio aveva dichiarato che avrebbe preso in considerazione la questione dei preti sposati se fosse venuta dal basso, se cioè fosse stata proposta dai vescovi locali.
E invece no, non ha degnato di una risposta i vescovi amazzonici che avevano partecipato al Sinodo. Non solo, ma in contrasto con quanto ripete continuamente, e che cioè la sinodalità è la via della chiesa, nei fatti ribadisce invece che il Sinodo deve rimanere uno strumento meramente consultivo, contro le attese di quella parte illuminata della chiesa che ne chiede la sua trasformazione in assise deliberativa.
Nel Documento, inoltre, non si fa parola del diaconato femminile, che pure aveva promesso di studiare e di far approfondire; e per quanto riguarda le donne, si limita genericamente a riconoscere loro: “servizi che comportano una stabilità, un riconoscimento pubblico e il mandato da parte del Vescovo” (n.103). L’accesso delle donna all’Ordine sacro – scrive Francesco- sarebbe un riduzionismo, in quanto: “Tale visione limiterebbe le prospettive, ci orienterebbe a clericalizzare le donne, diminuirebbe il grande valore di quanto esse hanno già dato e sottilmente provocherebbe un impoverimento del loro indispensabile contributo”(n.100). Del resto, Bergoglio aveva appena ripetuto, nel recente libro-intervista di don Epicoco su “San Giovanni Paolo II”, il giudizio- francamente indifendibile – di Wojtyla, che avrebbe preteso di dire la parola fine nei confronti delle donne prete.
Sul piano operativo, poi, per far fronte alla crescente mancanza di sacerdoti, in Amazzonia ma anche in Europa, Bergoglio propone di inviare più missionari e di preparare meglio i preti nei seminari. Ma se i preti, le suore e i religiosi diminuiscono a vista d’occhio in ogni parte del mondo! E poi, affidarsi ai seminari, che lo stesso Francesco ha demolito con espressioni fortissime?! Si tratta davvero di vie praticabili?
In sostanza, ci sembra che la visione di chiesa che si affaccia nella “Querida Amazonia”, contrasti con tutto quanto Francesco ci racconta della chiesa ogni giorno. Di più, abbiamo percepito in questa Esortazione una vena meno potente, meno entusiasta, un pò spenta, rispetto al Magistero di Francesco e in particolare in relazione alla bellissima Esortazione “Amoris Laetitia”, in cui – al contrario di quanto avvenuto nell’assise sull ‘Amazzonia – aveva concesso la possibilità della comunione ai divorziati risposati, che il Documento finale del Sinodo sulla Famiglia non aveva neppure richiesto!
Perché il papa si comporta in modo così paradossale riguardo a due importanti Sinodi? Perché questa mancanza di coraggio ad accogliere una urgente richiesta dei vescovi?
Sono domande pesanti, anche inquietanti. Ma la risposta è semplice e drammatica: il papa riformatore appare sempre più solo e isolato, accerchiato da un gran numero di cardinali, vescovi ed episcopati che, accusandolo ed opponendoglisi ogni giorno (il caso del card. Sarah che con il suo libro che avrebbe voluto co-firmato da Benedetto XVI, e pubblicato in modo intimidatorio alla vigilia della decisione del papa sui “viri probati”, è emblematico; senza dimenticare il gran peso che ha avuto la messa in guardia nei confronti del papa da parte del cardinal Ruini, sulle pagine del “Corriere della Sera”, su possibili modifiche del celibato).
Celibato, ricordiamo infine, che non solo convive nella chiesa cattolica con diverse forme di sacerdozio “uxorato”, ma che rimane una legge canonica imposta nel XII secolo, al tempo delle lotte per il potere tra Imperatore e Papa, e che permane strumento di dominio e potere clericale. Ribadirlo in modo così perentorio (ben altra cosa sarebbe il celibato volontario) non pare del tutto in linea con un papa che pure ha fatto dichiarazioni importati contro il clericalismo. E che ha continuamente ammonito a non fare di una legge un dogma, a non anteporre la norma alla misericordia, perché -ripete da sette anni- i dottori della legge riducono la grandezza dello sguardo di Dio”.
Non ci pare che, in questo modo, la chiesa possa recuperare -come ammoniva Martini- un ritardo di due-trecento anni.
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