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Un'idea congelata del femminile

Un'idea congelata del femminile

Tratto da: Adista Documenti n° 11 del 21/03/2020

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L'Esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco Querida Amazonia ha suscitato costernazione nei mezzi di comunicazione cattolici, compresi quelli sociali. I conservatori stanno gongolando perché i liberali hanno avuto la loro punizione: il papa non menziona i preti sposati né le diacone. I liberali si mangiano le mani per l'occasione persa di introdurre alcune riforme attese da tempo.

E, nelle mie reti di donne cattoliche, molte sono arrabbiate e addolorate. È stata per loro la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non possono più restare in una Chiesa così ostinatamente decisa a mantenerle al loro posto. Si sentono escluse persino dal dialogo, quasi invisibili.

Perché questa visione appassionata e poetica di un mondo libero dal dominio delle imprese e in armonia con la natura, ispirata alle culture e ai valori dei popoli indigeni dell'Amazzonia ha provocato reazioni così contrastanti? Vorrei riflettere sul perché alcune donne provino tanto sconforto, ma lasciatemi fare prima alcune osservazioni generali.

Esistono due temi ricorrenti nella teologia di Francesco. Il primo è che nessun cambiamento può avvenire senza un dialogo onesto, mirato a raggiungere l'unità non attraverso l'eliminazione della differenza, ma tramite una “diversità riconciliata”. Tale modo di affrontare le incomprensioni e le dispute all'interno della Chiesa ha caratterizzato il papato fin dal suo inizio. È la chiave per capire il suo pensiero e il suo stile di leadership.

In Querida Amazonia, così come in Amoris laetitia, egli ha ascoltato le appassionate convinzioni di vescovi, teologi e laici di entrambi i lati e ha resistito alle loro richieste di imporre prematuramente una linea che lascerebbe una delle parti con la sensazione di aver vinto e l'altra con l'amarezza della sconfitta.

Invece di sposare una posizione o l'altra in relazione alle questioni dell'ordinazione degli uomini sposati e delle diacone, egli chiede a tutti di studiare con attenzione il documento finale del Sinodo, affidando ai vescovi l'autorità per affrontare le sfide e trovare soluzioni appropriate ai rispettivi contesti e culture.

Francesco non attribuisce una vittoria chiara a nessuno dei due lati e, in tal modo, provoca una permanente frustrazione. Ma questa è la sinodalità in azione, un tema-chiave del Concilio Vaticano II che solo ora stiamo vedendo in corso di realizzazione. Il dialogo, a volte difficile e doloroso, continua; la porta per l'ordinazione di uomini sposati non è stata chiusa. Quella delle diacone può essere una questione diversa, ma su questo tornerò dopo.

L'altro tema ricorrente nel pensiero di Francesco è che la crisi ecologica esige una trasformazione antropologica. Se vogliamo cambiare il nostro modo di stare nel mondo dobbiamo cambiare il nostro modo di parlare del mondo. L'ambientalista Mary Colwell, riferendosi al linguaggio dell'amore e della meraviglia nella Laudato si’, implora: «Per favore, per favore, mondo ambientale, utilizza solo le parole delle poesie perché davvero l'amore per la Terra ha a che vedere totalmente con l'amore». La scienza ha un contributo vitale da offrire, ma essa non può risvegliare il desiderio e la meraviglia che riposano nell'anima umana e che ispirano la nostra capacità di trasformazione creativa.

Questo è l'insegnamento cattolico tradizionale, ma, come osserva Francesco, esso è stato represso dal «paradigma tecnocratico» della tarda modernità, con le sue astrazioni razionalizzanti, il suo «antropocentrismo eccessivo», il suo sfruttamento della natura e i suoi crudeli regimi economici. Se, come afferma Heidegger, abitiamo la casa del linguaggio, Francesco riconosce che dobbiamo prenderci cura della «nostra casa comune» ricostruendo la nostra casa linguistica intorno a espressioni poetiche e incarnate di desiderio, bellezza, amore e riverenza.

In nessuna parte risulta tanto evidente questa rivendicazione eloquente e lirica della poesia della fede quanto in Querida Amazonia. Tutti gli scritti di Francesco sono imbevuti di un profondo senso del mistero di Dio che sussurra parole di amore attraverso tutta la diversità del mondo naturale e il gioioso imperativo del kèrigma, la predicazione della buona novella di Gesù Cristo. Francesco ci ricorda che la Chiesa non è solo un'altra ong, ma è chiamata a incarnare Cristo in tutte le culture del mondo e, nel farlo, deve lasciarsi modellare da queste culture nelle loro forme sacramentali e devozionali di espressione.

Mi piacerebbe potermi fermare qui. Mi piacerebbe poter dire che tutti coloro che si preoccupano del futuro del nostro pianeta e della sofferenza e dello sfruttamento dei suoi popoli più poveri devono leggere questo meraviglioso documento e permettere che esso parli al più profondo del loro essere e li risvegli dinanzi tanto alla crisi quanto alla promessa dei nostri tempi.

Ma lasciatemi spiegare brevemente, a partire dalla mia stessa prospettiva teologica e “materno-femminile”, quali sono alcuni dei problemi di Querida Amazonia.

La parte sulle donne è intitolata “La forza e il dono delle donne”, in cui Francesco circoscrive ai vescovi l'autorità di inculturare il Vangelo. L'enorme contributo delle donne alla Chiesa in Amazzonia deve essere riconosciuto ufficialmente, ma a condizione che i loro «servizi ecclesiali (...) non richiedano l'Ordine sacro». È un “no” alle diacone? Francesco continua: i ruoli delle donne devono essere adeguati allo «stile proprio della loro impronta femminile», che risulterebbe ridotta se le donne fossero clericalizzate. Il potere delle donne, dice, è rivolto a mantenere le comunità unite e a provvedere ad esse, ma, apparentemente, non nel ruolo del prete. Tuttavia Francesco chiede anche un sacerdozio inclusivo e accogliente, in una Chiesa materna che mostri la misericordia di Dio nella pastorale e in una ecclesiologia inculturata che riveli il «caldo amore materno» di Maria. Se, come insiste ripetutamente, il clericalismo è il flagello di un sacerdozio disfunzionale, quale miglior maniera di affrontarlo che ordinando donne?

Il problema però è più profondo. Francesco usa la teologia nuziale per descrivere la relazione tra il prete uomo e la Chiesa sposa. Il volto di Cristo, afferma, si rivela attraverso «due volti umani»: Gesù Cristo come uomo e Maria come donna. All'inizio, egli identifica le due uniche funzioni che un prete non può delegare: presiedere l'Eucaristia e ascoltare le confessioni. Il potere del prete, dice Francesco, non è gerarchico, ma deriva del fatto che «lui solo può dire: "Questo è il mio corpo"».

Ogni volta che leggo queste parole rimango più sconcertata. Come Francesco riconosce, Cristo è “divino” e Maria è «una creatura». Dire che le donne sono l'immagine di Maria e gli uomini l'immagine di Cristo e indicare che una donna non può dire «Questo è il mio corpo» significa escludere la carne femminile dal corpo di Cristo. Non può essere questo che intende Francesco. Come nel caso dei suoi due predecessori, quando viene chiamato a spiegare perché le donne non possono essere preti, la teologia di Francesco si perde in contraddizioni e incoerenze.

Oltre a ciò, i ruoli di genere e i nostri concetti di maschilità e femminilità sono tanto culturalmente diversi quanto qualunque altro aspetto del linguaggio e della socializzazione. I valori che Francesco proietta sulle donne come fissi e atemporali appartengono a un'era particolare della cultura occidentale. Questi ideali di femminilità materna non sono divinamente ordinati e riflettono le meditazioni romantiche di Hans Urs von Balthasar e di papa Giovanni Paolo II, non la tradizione cattolica come un tutto, che accoglie una vasta gamma di ruoli e di relazioni di genere.

Anche i concetti di genere devono aprirsi all'inculturazione, e i modelli culturali oppressivi devono essere sfidati dall'affermazione nelle donne della dignità, dell'uguaglianza e della libertà che Cristo offre a tutti coloro che sono creati a immagine di Dio e incorporati attraverso il battesimo al Suo corpo, al di là di tutte le divisioni di genere, razza e classe (cfr. Galati 3,26). Il concetto di “donna” di Francesco è impantanato in una fantasia sentimentale. Mentre, nel mondo reale, i ruoli e le identità di genere sono agili e malleabili, egli immagina la “donna” come un archetipo congelato nel tempo, con la funzione di “addolcire” la cultura maschile con la tenerezza e la ricettività femminili. Tale associazione implicita dell'uomo con la divinità e della donna con la creaturalità non è solo teologicamente infelice, ma presenta anche implicazioni ecologiche profonde. Al di là di tutte le sue virtù, la visione di Francesco è impoverita dalla sua mancanza di coinvolgimento con il lavoro delle ecofemministe. Quasi tutto ciò che dice in Laudato si e in Querida Amazonia può essere trovato nel lavoro di studiose femministe negli ultimi 30 anni, a cominciare, soprattutto, dalla sua critica all'antropocentrismo moderno, il quale può essere descritto più correttamente come “androcentrismo”.

Se almeno Francesco potesse superare il pregiudizio profondamente radicato che impedisce alla classe clericale di vedere le donne come colleghe di pari livello nel compito della riflessione teologica, dello sviluppo dottrinale e della leadership della Chiesa, il suo appassionato appello alla cura e al rispetto della “Madre Terra” avrebbe molta più credibilità.

Potrebbe imparare, per esempio, dal libro Empress and Handmaid di Sarah Jane Boss, pubblicato nel 2000, che presenta i modi con cui gli atteggiamenti occidentali in relazione alla natura si riflettono nelle rappresentazioni della Vergine Maria. Boss mostra come, dall'invenzione dell'aratro all'avvento della cultura di dominazione, la storia resti registrata nell'immagine della Vergine, che gradualmente ha perso l'impressionante potenza materna delle sculture romaniche medievali per diventare la giovane vergine dal volto dolce della devozione cattolica moderna.

Come Maria, Madre Natura è passata da una figura dominante di autorità sulla vita umana a quella di una vittima docile e – nella teologia di Francesco – vulnerabile e sofferente, bisognosa della protezione e della cura degli uomini. Tuttavia, così come le donne, la Madre Natura è un potere da prendere in considerazione, che non si sottomette di buon grado allo sfruttamento e all'abuso senza trovare modi di reazione per preservarsi.

Tutte le ong e le istituzioni preoccupate per lo sviluppo sostenibile riconoscono ora che le donne sono partner essenziali nel progetto di conversione ecologica, non come aiutanti subordinate, ma come leader di spessore, coraggiose e determinate, di comunità che soffrono i peggiori effetti dei cambiamenti climatici e dello sfruttamento economico. Francesco affronta un'ostilità crudele da parte di coloro che si oppongono alle sue riforme. Le donne potrebbero essere le sue sostenitrici ed alleate più leali. Dovrebbe includerci nel dialogo prima che sia troppo tardi per tutti noi, e anche per la Madre Terra.  

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