
Da Lesbo a Bergamo, la soluzione è l’Europa. Un’analisi di Guido Formigoni
Due eventi mettono alla prova contemporaneamente classi dirigenti, politiche e visioni nel vecchio continente, spiega Guido Formigoni (docente di Storia contemporanea presso l’Università Iulm, già presidente di “Città dell’Uomo”) sul sito dei cattolici democratici C3dem. Il dramma dei migranti al confine greco-turco, utilizzati come merce di scambio nelle diatribe internazionali, e la pandemia di coronavirus che flagella l’intera umanità chiedono entrambi l’assunzione di «una chiara responsabilità comune europea. Se non c’è Europa a Lesbo e a Bergamo, non c’è Europa per niente». Italia e Grecia, ma anche potenze più solide come la Germania, si stanno dimostrando incapaci di gestire queste crisi in solitaria. Inoltre, aggiunge Formigoni, è proprio in questi casi che l’unione fa la forza: per esempio, 25miliardi di euro messi in campo dal governo per far fronte alla crisi economica innescata dalla pandemia possono mettere in ginocchio un’economia come quella italiana, ma rappresentano «una quota modesta» qualora lo sforzo fosse europeo.
C’è poi un altro filo sottile che unisce le due crisi, sottolinea Formigoni: «I governanti europei hanno progressivamente abbassato le esigenze e le richieste della solidarietà su casi come i migranti o le crisi (economiche e sanitarie), proprio per paura della protesta delle forti e crescenti minoranze sovraniste, per i vocianti e beceri nazionalismi che si diffondono nelle classi medie o basse europee». In questo modo, accusa, la distanza tra cittadini e Unione si acuisce in un circolo vizioso che accresce «risposte critiche e fughe nella paura e nel disincanto antieuropeo». D’altronde, l’esempio istituzionale no nva in direzione opposta, a partire dall’«infelice battuta» della presidente Bce.
«La gravità della situazione attuale – suggerisce Formigoni – può essere allora paradossalmente la campana che suona per una svolta davvero epocale. Quello che politicamente sembrava impossibile fino a ieri, forse domani apparirà davvero l’unica saggezza. Il virus dimostra che non sono i profughi l’unico o il più incisivo problema: tutti siamo vulnerabili e siamo sulla stessa fragile barca. L’unica via possibile potrebbe diventare quella di un grande impegno di emergenza che colleghi i due problemi». Un progetto europeo globale, di ricollocamento dei migranti al confine greco-turco, di impegno economico per sostenere la crisi economica durante la pandemia, di ricerca medico-farmacologica condivisa, per dire «che l’Europa non si salverà se non insieme. Se questo non si vedrà nelle prossime pochissime settimane, credo che davvero sarà difficile salvare il progetto europeista».
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