Nessun articolo nel carrello

Una possibile lettura panikkariana del momento attuale

Una possibile lettura panikkariana del momento attuale

Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 25/04/2020

Per l'introduzione a questo articolo, clicca qui

Leggendo l'introduzione del libro Il silenzio di Buddha di Raimon Panikkar mi sono imbattuta in riflessioni dell'autore che hanno a che fare direttamente con l'attuale periodo e che possono gettare un po' di luce su questo contesto di pandemia che stiamo vivendo.

E se cominciassimo a vedere nel vurus una benedizione, più che una maledizione? Come la nostra salvezza? Come qualcosa creato dalla stessa natura per salvare il pianeta e, pertanto, la specie umana? Questo “essere” invisibile che minaccia di distruggerci può essere la nostra unica speranza di salvezza. L'unica cosa che, fino ad oggi, ci ha fatto smettere di consumare incessantemente, di distruggere le risorse finite del nostro pianeta, di muoverci in maniera incontrollata. L'unica cosa capace, ad oggi, di farci riflettere, su scala planetaria, sulla nostra fragile esistenza, su ciò che è realmente essenziale per la nostra sopravvivenza, sulle reazioni che vogliamo stabilire con le persone che amiamo.

E se il virus è venuto proprio perché si riconosca la vulnerabilità in cui vivono le persone povere e abbandonate di questo pianeta? Per far emergere la solitudine in cui vivono anziani e anziane, soprattutto nei Paesi più ricchi? L'importanza di una salute pubblica di qualità? Di un governo che pensi prima al popolo, alla sopravvivenza del popolo, alla salute e all'educazione di questo popolo? Per pensare a che tipo di governanti dare il nostro voto in futuro?

E se è venuto a mostrare che dobbiamo vederci e abbracciarci più di quanto abbiamo fatto? Sostituire i contatti nelle reti sociali, i messaggini, con lunghe telefonate, con incontri veri in cui esporre la nostra vulnerabilità, la nostra limitatezza, le nostre intuizioni, il nostro affetto... Questa benedizione sotto forma di virus potrebbe servire per tutto questo e per tante altre cose.

Pensare in questo modo può suscitare una sorta di speranza, che tuttavia non deve essere «un atto della volontà o della mente. In tal caso, non sarebbe speranza, ma mera attesa, più o meno rassegnata, più o meno plausibile». Allo stesso modo, «la speranza del nirvana non consiste nel desiderarlo, e neppure consiste nel non desiderarlo: significherebbe essere ancora nella sfera della volontà», quella relativa alla speranza che, alla fine, quando tutto questo finirà, arriveremo in paradiso o, semplicemente, saremo felici o meno infelici. La speranza di cui stiamo parlando «non è del futuro, ma dell'invisibile. È la vera aspirazione dell'Essere, non soddisfatta dai desideri della mente» (Panikkar, 2017, p. 37).

Per Panikkar: «Il salto richiesto è molto più alto. Molte tradizioni religiose hanno invitato l'umano a osare tale salto, un salto al di là della storia. Molto spesso, tuttavia, esse hanno ceduto alla tentazione di descriverlo, e nel loro desiderio di trascendere la storia, sono cadute nella geografia, persino, alcune volte, in una geografia dell'“oltre”. [...] Il salto è al di là del tempo e dello spazio. Conseguentemente, non è neppure un salto. Non c'è, peraltro, alcun luogo in cui andare. Non è una questione di parzialità, ossia appena di salvare l'anima, l'individuo, la società o la materia, ma è una questione del tutto. “Preoccupatevi di tutto”, disse uno dei sette saggi della Grecia. Il nirvana non sarà trovato in alcun luogo, né alla fine di nulla; non ha geografia, né storia». (Panikkar, 2017, p. 38).

Se ci fermiamo e riflettiamo, il “salto” è proprio nell'istante presente, in questo istante di riflessione, di presenza al di fuori del tempo e dello spazio. Di una presenza in se stessi, come coscienza e non come ego, come gruppo e non come individui. Sono lo stesso “salto”, questa coscienza, qui e ora. E non quando la propagazione del virus si sarà stabilizzata o quando troveranno una cura, un vaccino e via dicendo. Questo istante presente è lo stesso Nirvana. E Panikkar continua: «La Terra ha mostrato i suoi limiti, gli Dei hanno rivelato le loro imperfezioni, gli Uomini hanno perso l'illusione di essere i salvatori dell'umanità. La Scienza, le Religioni e la Politica hanno perso tutte il loro potere di salvezza. La tentazione, debole o forte, di lasciare che tutto si distrugga e si deteriori e finisca nel nichilismo è molto chiara. Tuttavia, questa “speranza contro ogni speranza” continua ancora a esistere. [...]. L'umanità sente che un altro grado di speranza è possibile» (Panikkar, 2017, p. 38).

Una speranza, anche, che può risiedere nel nostro stesso non-sapere collettivo. Questo non-sapere che, in certo modo, ci rende uguali dinanzi a un mistero più grande, che non necessariamente è un mistero trascendente. È un mistero- materiale, concreto, per quanto sia invisibile. Nell'accedere a questo mistero, riflettiamo su di esso, facciamo emergere l'Homo Religiosus, una caratteristica che Panikkar definisce come religiosità, che non sempre si manifesta attraverso l'appartenenza a una religione, ma che rivela che: «[...] persino sotto gli abiti, c'è una pelle umana che sente nella propria nudità l'enigma della vita, la morte fredda, il desiderio di parole non dette, il pentimento per atti non realizzati, il semplice dubbio di fronte all'ignoto. C'è una certa riserva – più culturale che personale – a parlare dell'orizzonte ultimo rispetto al quale siamo tutti ugualmente ignoranti. Le opinioni uniscono e dividono l'umanità, ma la comunione dell'ignoranza non ha lacune». (Panikkar, 2017, p. 39).

Ma quale sarebbe allora una possibile soluzione per non restare paralizzati dall'ignoranza, dal mistero, dal non-sapere, dalla contemplazione pura e semplice (senza, tuttavia, volerne ridimensionare l'importanza)? Pensare che l'atto di contemplare e di riflettere possa dare origine a un'azio ne. Poiché, secondo Panikkar (2017), «quando la situazione mondiale è quella che è, quando l'urgenza di rimedi necessari non permette ritardi, quando siamo spinti all'azione pratica, nutrire preoccupazioni teoriche può sembrare un lusso irresponsabile»: per quanto la prassi non si sostenga senza una teoria, è necessario agire. E quale sarebbe la natura di questa azione?

Una proposta: primo, fare silenzio e lasciare che le parole fioriscano sotto forma di idee e intuizioni che possono sorgere a partire, forse, da alcune domande. Come posso servire? Quale è il mio ruolo in tutto questo? In che modo contribuisce negativamente al fatto che si sia arrivati a questo punto e come posso trasformare questo contributo in qualcosa di positivo qui e ora? Che atteggiamenti posso già adottare in questo senso, immediatamente? Allorché emergono le risposte, tradurle concretamente in pratiche e azioni oggettive del tipo: restare in isolamento e coscientizzare altre persone a farlo, riciclare i rifiuti, telefonare ai genitori, smettere di mangiare carne, fare una donazione a un organismo che assiste le comunità in questo periodo, firmare appelli contro l'attacco ai diritti dei lavoratori, garantire che la mia impiegata riceva il suo salario e possa isolarsi anch'essa e prendersi cura della sua famiglia e dei suoi cari, ridurre i miei spostamenti dopo il confinamento, fare solo i viaggi essenziali e non fare a gara a chi viaggia di più, prendersi più cura dei propri consumi, del proprio corpo, della propria mente e tante altre possibilità. Infine, possiamo invertire questo cammino e «far tornare le parole al silenzio da cui hanno preso origine. Senza il piacere per il silenzio, le parole perdono il loro sapore».  

 

Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.

Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!

Condividi questo articolo:
  • Chi Siamo

    Adista è un settimanale di informazione indipendente su mondo cattolico e realtà religioso. Ogni settimana pubblica due fascicoli: uno di notizie ed un secondo di documentazione che si alterna ad uno di approfondimento e di riflessione. All'offerta cartacea è affiancato un servizio di informazione quotidiana con il sito Adista.it.

    leggi tutto...

  • Contattaci

  • Seguici

  • Sito conforme a WCAG 2.0 livello A

    Level A conformance,
			     W3C WAI Web Content Accessibility Guidelines 2.0

50 anni e oltre

Adista è... ancora più Adista!

A partire dal 2018 Adista ha implementato la sua informazione online. Da allora, ogni giorno sul nostro sito vengono infatti pubblicate nuove notizie e adista.it è ormai diventato a tutti gli effetti un giornale online con tanti contenuti in più oltre alle notizie, ai documenti, agli approfondimenti presenti nelle edizioni cartacee.

Tutto questo... gratis e totalmente disponibile sia per i lettori della rivista che per i visitatori del sito.