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Regolarizzazione lavoratori migranti:

Regolarizzazione lavoratori migranti: "Ero straniero" chiede al governo coraggio e lungimiranza

Nel comparto agricolo, una grave crisi di manodopera soprattutto straniera, rischia di minare l’approvvigionamento di generi alimentari in questo periodo di pandemia. Le misure fortemente restrittive introdotte per arrestare il contagio, la chiusura delle frontiere, e la scomparsa dai campi di numerosi migranti in stato di clandestinità, hanno ampiamente dimostrato il bisogno del sistema di manodopera qualificata nelle nostre terre e l’insostenibilità di un regime di sfruttamento andato spesso ben oltre i limiti della legalità. Tra i primi a proporre una regolarizzazione dei lavoratori della terra – per sopperire al fabbisogno di manodopera in agricoltura, ma anche per garantire salute e sicurezza di quanti sono già in Italia e di quanti potrebbero arrivare – era stata la ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova. Da allora la riflessione politica sull’opportunità economica di regolarizzare i migranti impiegati in agricoltura, nonostante gli strali sovranisti, è andata avanti e in questi giorni circola nelle sale del governo una bozza di decreto «che prevede la possibilità per i cittadini stranieri senza documenti di essere regolarizzati in seguito alla stipula di un contratto di lavoro». Lo conferma, in un comunicato del 18 aprile, la campagna “Ero straniero-L’umanità che fa bene”, promossa da Radicali Italiani, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, ACLI, ARCI, ASGI, Centro Astalli, Cnca, A Buon Diritto, CILD, Oxfam Italia, ActionAid Italia, Legambiente Onlus, Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo (Ascs), AOI, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), che dal 2017 punta a superare la legge Bossi-Fini e puntare su accoglienza, lavoro e inclusione e della quale fanno parte.

La regolarizzazione dei lavoratori stranieri, dice la campagna, è «una scelta di legalità e sicurezza ora più che mai necessaria, con effetti positivi molteplici». Per esempio, «si offre l’opportunità di vivere e lavorare legalmente a chi già si trova nel nostro Paese ma che, senza titolo di soggiorno, è spesso costretto a lavoro nero e sfruttamento». E ancora, «si hanno maggiore controllo e contezza della presenza sui nostri territori di centinaia di migliaia di persone di cui oggi non sappiamo nulla», con un beneficio per tutti in termini di sicurezza e tutela della salute. Benefici ci sarebbero anche per lo Stato, in previsione di «nuove entrate fiscali e contributive»; e, infine, con una regolarizzazione «si va incontro alle richieste pressanti dei tanti datori di lavoro che, bisognosi di personale, non possono assumere persone senza documenti».

C’è sono un nodo, che la campagna chiede al governo di sciogliere: in questo periodo di pandemia emerge fortissima la crisi del lavoro nei campi, ma «la platea dei destinatari del provvedimento non può essere composta solamente dai lavoratori del comparto agricolo». Infatti, pensando oltre la momentanea congiuntura storica, «sono molti altri i settori della nostra economia che necessitano di un intervento di questo tipo, dalla logistica alla ristorazione, fino al lavoro domestico e ai servizi di cura. Centinaia di migliaia di colf e badanti si occupano dei nostri anziani e sappiamo essere per lo più donne straniere e senza documenti».

La campagna chiede al governo un provvedimento complessivo e lungimirante, non estemporaneo. Questa è un’occasione d’oro per guardare avanti e colpire conforza i fenomeni di irregolarità e lavoro nero diffusi sul territorio italiano. «Il governo vada fino in fondo: servono soluzioni a lungo termine e più coraggiose».

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