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Più grave del Covid-19: l’ASviS invita a non abbassare la guardia sui cambiamenti climatici

Più grave del Covid-19: l’ASviS invita a non abbassare la guardia sui cambiamenti climatici

Il Covid-19 infetta, uccide e preoccupa il mondo intero, che si sta mobilitando massicciamente, con grandi sacrifici umani ed economici, per far fronte alla pandemia e, oggi, anche per tornare a guardare con fiducia al futuro.

“Stiamo muovendo le montagne per affrontare il Coronavirus. Perché non facciamo altrettanto per la crisi climatica?”: così titola un articolo di Robert Walker (presidente del Population Insla) da cui parte la riflessione di Donato Speroni (Alleanza Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile-ASviS) sui rischi di un cammino, quello intrapreso contro i cambiamenti climatici, che in piena crisi sanitaria potrebbe subire una battuta d’arresto, soprattutto in vista della ripresa e del rilancio delle economie oggi in crisi.

Il Covid-19 «non è l’unica sfida globale che dobbiamo affrontare», avverte Speroni, scorrendo l’articolo di Walker. «L’anno scorso 11mila scienziati hanno firmato una dichiarazione nella quale si avverte che senza una radicale riduzione dei gas serra il mondo si avvia a “sofferenze mai viste”. Se non cambiamo rotta, entro il 2050 più di 200 milioni di persone dovranno emigrare per la siccità, le inondazioni e l’aumento del livello dei mari. Molto prima della fine di questo secolo la quantità di persone uccise ogni anno dall’aumento della temperatura e dagli altri effetti climatici, compresa la diffusione delle malattie portate dagli insetti, potrebbe superare ampiamente il costo umano del Covid-19».

Non solo morte e distruzione inimmaginabile persino in questi tempi drammatici: «L’insieme delle perdite economiche derivanti dalla crisi climatica sarà di gran lunga maggiore dei costi finanziari che subiremo quest’anno a seguito del Covid-19. Se la temperatura globale salirà di 2° centigradi il prezzo da pagare potrebbe arrivare a 69mila di miliardi entro il 2100. L’aumento delle temperature ridurrà anche la resa dei raccolti perché ogni grado di aumento riduce del 6% la produzione agricola. Ci sarà anche un’accelerazione della perdita di biodiversità. Entro cinquant’anni un terzo delle specie vegetali e animali andrà perduto».

«Come spingere i governi e l’opinione pubblica mondiale ad affrontare l’emergenza climatica con la stessa determinazione con la quale stiamo affrontando la Pandemia?», si chiede Speroni. Al momento, risulta evidente «che la mancanza di una minaccia immediatamente percepibile rende questa mobilitazione più difficile, anche se giustamente i più giovani hanno capito i rischi a cui vanno incontro e non sono più disposti a stare zitti».

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