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"Vita Pastorale": uscire dalla pandemia in un tempo di sterilità culturale

Scrive il gesuita e scrittore di Civiltà Cattolica Francesco Occhetta, in una nota politica sul numero di giugno di Vita Pastorale, che in una prossima “Fase 3” – caratterizzata dalla disponibilità di vaccini o cure efficaci contro il coronavirus in grado di consentire una vita “normale” – sarà «in gioco il nostro destino».

Il quadro attuale, presentato da Occhetta, non fa certo sperare bene: parla per esempio di un governo che naviga a vista e tenta il possibile per sostenere imprese e famiglie; del conflitto tra centro e Regioni sulla ripartenza; delle carceri alleggerite per timore dei contagi, con i mafiosi da 41bis fuori e i comuni «ladri di biciclette» dentro. Intanto si riparte, lentamente, come se nulla fosse successo: «Eppure, durante la “Fase 1” ci si è interrogati su come lasciare una riva e approdare a un’altra, dopo essere cambiati per sempre. La riflessione sul cambiamento è, invece, implosa per ritornare a un passato ritoccato da alcuni accorgimenti formali come le distanze di sicurezza con guanti e mascherine».

Il desiderio di cambiamento, innescato dalla situazione drammatica e inedita della pandemia, sembra essersi disinnescato di fronte alle prime avvisaglie di “normalità”. «In questo tempo di sterilità culturale sembra manchino parole per ricostruire un nuovo modello morale, sociale ed economico alternativo a quello che è tramontato».Tanto che «non siamo riusciti a gioire» nemmeno la liberazione di Silvia Romano dalla ferocia di Al-Shabaab.

Quello che sembra mancare, dice Occhetta, è una profonda ricerca di senso: «Prima di chiederci “cosa” vogliamo fare occorre riflettere su “chi” vogliamo essere e verso “dove” vogliamo andare».

Forse, suggerisce Occhetta, servono parole nuove per guardare al futuro con occhi nuovi: le parole «dei padri costituenti e dei padri conciliari erano solo parole, ma hanno cambiato il mondo. Abbiamo la responsabilità di scegliere trale parole che distruggono o costruiscono, dividono o mediano, escludono o includono. Il nostro stare insieme in società è una questione di parole, tra lo Stato e questo mercato servono parole di comunione pensate in comunità, che ci rendono umani e solidali. Altrimenti prevarranno i prepotenti e gli speculatori. È in gioco il nostro comune destino».

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