
Parità di genere, così era in principio
Tratto da: Adista Documenti n° 25 del 27/06/2020
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Breve premessa storica
La Chiesa Episcopale è parte integrante della Comunione Anglicana ossia di quell'insieme di Chiese che affondano le radici nella Riforma Anglicana e, perciò, hanno struttura, organizzazione e prassi comuni. Storicamente, “Chiesa Episcopale” altro non è che il nome che la Chiesa d'Inghilterra, presente negli USA, assunse poco dopo la rivoluzione americana, quando fu costretta a recidere i legami con la Chiesa d'Inghilterra poiché al clero della Chiesa d'Inghilterra veniva richiesto di giurare fedeltà alla monarchia britannica, sotto pena di tradimento.
L’autonomia dalla Corona inglese fece sì che la Chiesa Episcopale intraprendesse un cammino parallelo rispetto alla Chiesa-Madre d’Inghilterra, comprensibilmente diverso dopo il distacco dalla Chiesa inglese e improntasse dottrina, prassi e teologia sullo spirito degli Stati Uniti d'America con forti accenti di pragmatismo, egualitarismo e attenzione ai diritti umani e civili (la Chiesa episcopale, attraverso i suoi leaders e le sue organizzazione, è sempre stata protagonista o parte attiva nelle lotte per l'emancipazione a cominciare dall'abolizione della schiavitù), mentre solo alcuni marginali aspetti della sua prassi , teologia e vita liturgica risentirono dell'influenza puritana\calvinista.
La Chiesa Episcopale fu attiva nel movimento dei lavoratori, degli afro-americani e di tutte quelle componenti della società in lotta per l’uguaglianza, la giustizia e i diritti civili. Dalla fine del diciannovesimo secolo, e sin dagli anni ‘60 e ‘70, sia attraverso molti dei suoi membri che come Chiesa nel suo insieme, in maniera ufficiale e informale, prendendo posizione attraverso i suoi organi deliberativi e usando la sua autorevolezza e il suo ascendente sulla società americana per porsi a fianco dei più deboli e indifesi, ha svolto un ruolo di guida nei movimenti progressisti e sociali sia per quanto concerne il campo dei diritti civili che sulle questioni della relazioni fra Chiesa e Stato. Ad esempio, nelle sue risoluzioni la Chiesa Episcopale si è opposta alla pena di morte e ha supportato i movimenti per i diritti umani e per l’umanizzazione della pena negli USA. Alcuni dei suoi leaders e sacerdoti marciarono a fianco di Martin Luther King, rimanendo sempre fedeli all’Evangelo della libertà e dell’uguaglianza.
Questo background fa sì che, oggi, la Chiesa Episcopale sia la punta più avanzata e progressiva della Comunione Anglicana e, in questo senso, detiene molti primati: l'ordinazione della prima donna presbitera così come della prima donna vescovo, così come il conferimento del sacro ordine dell’episcopato a un uomo dichiaratamente omosessuale e legato a un compagno di vita.
Questo percorso, iniziato già dal 1776, dal travaglio dell’indipendenza dalla Madre-Patria, ha fatto sì che la Chiesa Episcopale degli Usa facesse da apripista verso il sentiero del riconoscimento della dignità e del ruolo delle donne così come per altre questioni alquanto controverse, riguardanti la benedizione delle unioni tra persone dello stesso sesso o l’accesso ai ministeri ordinati per le persone (dichiaratamente) omosessuali. Si comprende, perciò, come il cammino – anche rispetto ad altre realtà appartenenti alla Comunione Anglicana – sia stato parallelo, ma anche come talvolta la Chiesa Episcopale abbia proceduto con una velocità maggiore riguardo alle Chiese sorelle, stimolando il dibattito, innescando riflessioni nuove e domande e mostrando attraverso adozione di prassi che in astratto apparivano quasi irrealizzabili o bizzarre, che una maggiore inclusività e apertura delle strutture ecclesiastiche a ogni realtà non ne snatura affatto l’identità di Chiesa cristiana e anglicana, né rappresenta fattore di destabilizzazione sociale ed ecclesiale.
Particolarmente, nei Paesi di cultura anglosassone il dibattito sull’uguaglianza tra uomo e donna aveva già superato le colonne d’Ercole dell’elucubrazione sulla “natura femminile”, così come non erano più in auge le disquisizioni sulle presunte lacune intrinseche nella biologia e nella psiche femminile, andando nettamente oltre la “questione ontologica” e incentrando, pragmaticamente, la riflessione e l’azione sul ruolo della donna nella società, nello Stato, nelle istituzioni e, quindi, anche nelle Chiese. L’Inghilterra aveva già conosciuto figure femminili di primo piano nella politica così come nel governo del Regno, prima fra tutte la sovrana molta amata dal suo popolo, Elisabetta, così come, anche a livello ecclesiale, nei movimenti scaturiti dal metodismo e, in generale, durante quel grande movimento di risveglio argomentache ha attraversato tutto il mondo protestante, anche oltreoceano, tra XVIII e XIX secolo molte donne avevano svolto funzioni di responsabilità o di leadership, ricoprendo anche il ruolo di ministre di culto e predicatrici.
Si comprende, perciò, come in campo ecclesiale il problema meramente ontologico lasci spazio al ripensamento di un’uguaglianza tra uomo e donna intesa come ministerialità, ossia il luogo fondamentale in cui si esplica, nelle Chiese che hanno mantenuto la successione apostolica storica e la tripartizione del ministero, il servizio decisionale a favore della Chiesa.
La sfida
Le esperienze del mondo anglicano in tutto il mondo, mostrano – attraverso prassi ormai consolidate – come una Chiesa inclusiva, che non escluda nessun battezzato in base al proprio genere di appartenenza, rappresenti una testimonianza evangelica autentica in grado di interrogare la società e tutte le Chiese cristiane. Interrogarsi su questo oggi è più semplice perché, a nostra disposizione sono una marea di dati teorici (studi biblici, riflessioni teologiche, filosofiche, eccetera) e, soprattutto, esperienze concrete e ciò che un tempo appariva bizzarro, burlesque, oggi è realtà quotidiana e si notano delle notevoli aperture in direzione di una uguaglianza tra uomo e donna persino nell’impenetrabile Africa e nei Paesi a maggioranza islamica o tradizionalmente misogini. Qualcuno ha letto in questo percorso una sorta di “rivoluzione”, una legittima e giusta lotta per i “diritti delle donne”. In realtà, chi crede ritiene che il fine della lotta sia, paradossalmente, per riaffermare il diritto del Dio di Gesù Cristo di chiamare al ministero coloro che desidera chiamare, senza che la Chiesa o altre istituzioni umane oppongano resistenza e impediscano la realizzazione di una vocazione.
E non è neanche una “rivoluzione” ma, per molti credenti, una sorta di “restaurazione” della Chiesa delle origini, dove uomini e donne – secondo la visione condivisa da molti studiosi ed esperti – esercitavano, egualitariamente, ruoli di responsabilità e quei ministeri che la Storia e la Tradizione oggi qualificano come “ordinati”. Nella Chiesa Episcopale degli Usa (e quindi in Europa, che è legata giuridicamente agli Usa), l’uguaglianza giuridica e formale tra uomo e donna sembra raggiunta. Occorre sempre tenere alta la guardia perché, soprattutto, in momenti di crisi si rischia di erodere o indebolire posizioni conquistate con fatica, così come occorre umiltà e disponibilità a pensare di poter ancora crescere e perfezionare la propria capacità di accoglienza e di inclusione, per essere ancora “sale della terra” e luogo di inclusione. È stato un percorso non sempre lineare, fatto anche di cadute, ripensamenti, che ha avuto le sue eroine e le sue martiri così come i suoi antagonisti, ma la forza dello Spirito, la sua brezza leggera ha prevalso.
Il percorso di inclusione è un cammino verso la piena cattolicità della Chiesa di Dio nelle sue multiformi manifestazioni. Se cattolico significa universale, non si comprende come tale universalità possa essere deturpata dall’esclusione di metà dell’umanità: cioè le donne.
Mi piace concludere con queste osservazioni, a metà del 1600, di Fox, tra i fondatori del movimento quacchero che ben riassume, nelle sue argomentazioni l’antico travaglio del mondo anglosassone e che mostra come, dal punto di vista teorico, le argomentazioni di carattere ontologico riguardo all’uguaglianza tra uomo e donna, così come quelle dedotte dalla Sacra Scrittura, siano state ben presto accantonate a favore di valutazioni di tipo strettamente sociologico ed ecclesiologico nell’affrontare la questione della parità tra uomo e donna.
E alcuni uomini potrebbero dire che l'uomo deve avere il potere e la superiorità sulla donna, perché Dio dice: l'uomo deve governare su sua moglie [Gen 3:16]; e quell'uomo non è della donna, ma la donna è dell'uomo [1Cor 11:8]. In effetti, dopo che l'uomo cadde, quel comando fu; ma prima che l'uomo cadesse non c'era tale comando; poiché erano entrambi raduni di aiuto [Gen 2:18,20] ed entrambi dovevano avere il dominio su tutto ciò che Dio fece [Gen 1:26,28]. E come dice l'apostolo, «poiché come la donna è dell'uomo», le sue parole successive sono «così è anche l'uomo per la donna; ma tutte le cose sono di Dio» [1Cor 11:12]. E così l'apostolo cancella le sue stesse parole; e così quando l'uomo e la donna vengono restaurati di nuovo, da Cristo nell'immagine di Dio [Col 3:10], entrambi hanno di nuovo il dominio nella giustizia e nella santità [Ef 4:24], e sono un aiuto per incontrarsi, come prima che cadessero.
Maria Vittoria Longhitano è la prima donna ad aver ricevuto l’ordinazione presbiterale in Italia, divenendo prete della Chiesa Vetero-Cattolica dell'Unione di Utrecht. Quando questa Chiesa, nel 2011, ha deciso di porre fine alla propria missione in Italia, Longhitano si è posta sotto la giurisdizione del Vescovo Pierre Whalon della Convocazione delle Chiese episcopali in Europa, una giurisdizione della Chiesa episcopale degli Stati Uniti d'America.
George Fox [part.], dipinto di autore ignoto pubblicato nel 1838, fonte en.wikipedia; immagine originale e licenza, tratta da wikimedia commons
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