
Le missioni militari italiane in Sahel, il terrorismo e il nodo delle risorse
Il Sahel attirerà sempre di più l’attenzione, militare e diplomatica, della comunità internazionale a causa della «progressiva e costante migrazione del terrorismo islamista» nella regione. Se in quello scacchiere il ruolo della Francia è cruciale, suggerisce p. Giulio Albanese a margine del voto parlamentare sulle missioni militari italiane all’estero, «la comunità internazionale e soprattutto l’Unine Europea non devono dare l’impressione di stare alla finestra a guardare e delegare la soluzione del problema, nemmeno dal punto di vista militare, a Parigi». È certamente necessario proteggere le popolazioni saheliane dalle violenze subite, ma allo stesso tempo è «quantomai urgente rilanciare i negoziati», con le minoranze locali e i governi centrali.
La conflittualità locale, suggerisce Albanese, è legata all’accaparramento delle risorse del territorio e alle ingerenze delle potenze straniere: «La palese strumentalizzazione ideologico-religiosa delle formazioni islamiste esige oggi più che mai una radicale riforma della governance delle risorse, energetiche in primis, in senso più equo e inclusivo. È indubbio che gli interessi stranieri, spesso contrapposti e predatorii, nello sfruttamento delle commodities africane, acuiscono la destabilizzazione, fornendo il pretesto alla galassia jihadista di affermare un disordine destinato ad accrescere e minacciare la stabilità della regione saheliana, dell’Africa in generale e, a pensarci bene, della stessa Europa».
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