
Moria: dopo il rogo, accoglienza e ricollocamenti per i profughi. Un appello congiunto
Jesuit Refugee Service (il Centro Astalli è la sede italiana), Comunità di Sant’Egidio e Suore missionarie Scalabriniane, dopo il rogo nel campo profughi di Moria a Lesbo, chiedono che «nulla sia come prima», e che l’Europa si mobiliti velocemente in tale direzione, «per non doversi vergognare di fronte alla storia». In concreto, i tre firmatari dell’appello congiunto invitano l’Unione a predisporre subito un piano d’accoglienza e ricollocamento dei migranti rimasti a migliaia senza accoglienza.
Nell’Angelus di domenica scorsa, anche papa Francesco ha ribadito la necessità di garantire «un’accoglienza umana e dignitosa a chi cerca asilo», ricorda l’appello in apertura.
«L’Unione Europea, in collaborazione con il governo greco, intervenga con immediatezza nel segno dell’accoglienza e dell’integrazione di un numero di persone che certamente è alla sua portata», chiedono i tre organismi firmatari. «Solo privilegiando la strada del dialogo e delle relazioni pacifiche, sarà possibile arrivare a una soluzione nell’interesse di tutti. Ma ritardare o, peggio, far finta di niente in attesa che si crei una nuova precarietà permanente a danno di famiglie che risiedono da mesi nell’isola, alcune da anni, sarà gravemente colpevole per un continente che è simbolo di rispetto dei diritti umani, una vergogna di fronte alla storia».
In particolare, occorre subito fornire accoglienza ai profughi in piccole strutture; è necessario poi garantire accesso agli organismi umanitari per il soccorso e l’assistenza, soprattutto nelle situazioni di maggiore fragilità; Unione e Stati membri devono poi offrire ospitalità alle famiglie sfollate; infine, sul lungo periodo, sarà necessario «cambiare il modello di accoglienza nell’isola di Lesbo per i nuovi arrivi dalla Turchia prevedendo strutture di accoglienza su base transitoria, gestibili e rispettose della dignità umana, salvaguardando il diritto di ciascun profugo, di qualsiasi provenienza, a chiedere asilo».
In chiusura, gesuiti, scalabriniane e Sant’Egidio ribadiscono l’efficacia di modelli virtuosi di accoglienza e integrazione, come il progetto dei “corridoi umanitari”, avviato con successo in Italia da evangelici e cattolici, e facilmente replicabile anche a livello europeo. «Auspichiamo anche che le conferenze episcopali europee sollecitino i loro rispettivi governi a elaborare nuovi progetti di accoglienza e di integrazione, due pratiche che fanno bene non solo ai migranti, ma molto, in termini di valori e di futuro, a tutti i cittadini europei».
* Un'immagine del campo di Moria di Cathsign, tratta da Wikimedia Commons, immagine originale e licenza.
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