
Immigrazione, pandemia, governi autoritari: “Famiglia Cristiana” intervista Ken Follett
Britannico, 71 anni, di indiscussa fama mondiale, 150 milioni di copie vendute, Ken Follett occupa da due mesi stabilmente il vertice delle classifiche italiane con il suo ultimo libro Fu sera e fu mattina. Sul numero datato 9 novembre del settimanale dei paolini Famiglia Cristiana, il giornalista Roberto Zichittella lo intervista sui temi caldi dell’attualità.
Appassionato di ricerca storica, se potesse scrivere fra mille anni dell’epoca contemporanea, Ken Follett «forse troverebbe interessante raccontare il nostro rapporto con gli stranieri», spiega lo stesso scrittore. «Da un lato – dice – gli stranieri ci fanno paura, li vediamo come una minaccia, persone diverse da noi e potenzialmente pericolose, ma al tempo stesso abbiamo bisogno di loro e la nostra ricchezza è dovuta proprio a un rapporto intenso con loro. Mi sembra un tema molto attraente per gli scrittori del futuro».
L’autore di romanzi si dice amareggiato per come il “suo” Regno Unito tratta gli immigrati: «Ci ostiniamo a vedere noi stessi come una grande potenza imperiale, anche se non è più così. È difficile prendere atto che non sei più il padrone del mondo e scrollarti di dosso il tuo passato glorioso. La gente fatica ad accettarlo, così diventa infelice e arrabbiata».
Nell’intervista Follett denuncia i tentativi autoritari di governi come quello polacco o quello statunitense di Donald Trump di controllare la magistratura, «una cosa terribile».
Dall’attuale crisi sanitaria globale si sente proccupato, ma non “ispirato”. «È una malattia seria che può uccidere. E mi pesano le rinunce a cui siamo costretti». In particolare, «non vedere i familiari lontani è la
cosa più dolorosa». Il mondo della cultura e dello spettacolo, cui lui appartiene, versa in condizioni di crisi mai viste, «ma dare i soldi non basta. Dovremo trovare nuovi modi di fare le cose. Io stesso sono andato in auto in un parco di Londra per assistere a un concerto drive-in. Amo moltissimo il teatro, ma anche se avrò fatto il vaccino, quando arriverà, non mi siederò più dentro una sala accanto a centinaia di altre persone, magari per paura di un altro virus. Dobbiamo inventarci cose nuove e sono fiducioso, perché una delle grandi risorse dell’uomo è quella di inventare cose nuove».
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