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Caso Regeni: una verità sacrificata sull'altare degli interessi commerciali

Caso Regeni: una verità sacrificata sull'altare degli interessi commerciali

Due fregate Fremm del valore di 1.2 miliardi di euro già vendute all’Egitto con autorizzazione del governo il 7 agosto. Una appena partita, l’altra pronta a salpare in primavera, con 200 militari egiziani ospitati a La Spezia per il relativo addestramento. E questo è solo l’antipasto, dice Gianni Ballarini sul sito d'informazione dei comboniani Nigrizia. Perché la commessa sarà «ben più sostanziosa, fra i 9 e gli 11 miliardi di euro, e che comprenderebbe altre 4 fregate, 20 imbarcazioni della categoria Falaj II per operazioni di pattugliamento, 24 jet Eurofighter Tycoon, 24 addestratori di jet M-346, elicotteri AW149 e un satellite militare. La quantità di velivoli e dispositivi, a detta di fonti egiziane, potrebbe aumentare».

Armi, tante armi e tanti affari che l’Italia continua a fare con il suo più importante cliente: lo stesso Egitto – parco giochi delle aziende belliche ed energetiche italiane» – la cui procura ha definito «non soddisfacenti» le prove raccolte dai magistrati italiani contro i 5 funzionari dei servizi segreti egiziani coinvolti nella morte di Giulio Regeni e in possesso di prove certe sulla responsabilità di alcuni ladri, «una banda di malviventi che avevano già commesso altri reati simili nei confronti di stranieri spacciandosi per funzionari degli apparati di sicurezza».

Uno schiaffo all’Italia, alla sua magistratura e alla famiglia di Giulio Regeni, tanto che Nigrizia titola l’articolo di Ballarini giocando sulla parola “fregata” che indica sì la tipologia di imbarcazione ma anche la “fregatura” rifilata al Belpaese.

E pensare che il 27 giugno scorso, «la direzione del Pd aveva presentato una mozione nella quale si sosteneva che senza risposte vere sulla fine di Giulio Regeni (il ricercatore italiano rapito al Cairo il 25 gennaio 2016 e trovato morto in condizione pietose il 3 febbraio successivo lungo una strada che porta ad Alessandria d’Egitto) l’Italia non avrebbe ceduto armi all’Egitto». Ma poi quella mozione, commenta amaro Ballarini, è «finita nel cestino più vicino» e «oggi torna di moda la vendita delle due fregate, abbinata alla presa in giro egiziana sul caso Regeni».

La dichiarazione della procura egiziana ha messo ko la famiglia del giovane ricercatore ucciso, che in una nota ha chiesto al governo italiano di «prendere atto di questo ennesimo schiaffo in faccia e richiamare immediatamente l’ambasciatore». Ballarini denuncia l’impunità egiziana intorno a questa vicenda, che suona come una presa in giro e una mancanza di rispetto. «Ma il cupio silenzio che avvolge questa storia – aggiunge l’autore dell’articolo – non riguarda solo le istituzioni egiziane. Da quando, nell’agosto del 2017, Roma ha deciso di far tornare al Cairo l’ambasciatore Gianpaolo Cantini, di fatto ha rinunciato alla verità processuale. Un esecutivo imprigionato nell’imbarazzo».

Leggi l’approfondimento integrale sul sito di Nigrizia

 

 

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