
La patrimoniale, un «battaglia cattolica»: la provocazione di Franco Monaco
Il dibattito intorno all’ipotesi di una patrimoniale – proposta come emendamento alla Legge di Bilancio da alcuni deputati Leu e Pd, tra i quali Matteo Orfini e Nicola Fratoianni – si accende anche in casa C3dem, la rete dei cattolici democratici ispirati a “Costituzione, Concilio, Cittadinanza”. A rompere il ghiaccio, il 2 dicembre, è l’ex deputato Pd, Franco Monaco, già presidente dell’Azione Cattolica ambrosiana ai tempi del card. Martini, già presidente dell’associazione “Città dell’uomo” fondata da Giuseppe Lazzati.
Secondo Monaco la patrimoniale rappresenta, nel dibattito pubblico, un tabù. «È bastato che qualcuno pronunciasse la parola impronunciabile e blasfema “patrimoniale” perché si levassero alte grida di scandalo e riprovazione». È vero che, commenta Monaco, la proposta di emendamento di Orfini e Fratoianni rappresenta solo un «classico segnale politico-simbolico concepito nella logica politicista del gioco dei posizionamenti a sinistra. Un modo sicuro per sollevare una montagna di obiezioni, con la matematica certezza che non se ne faccia niente». Ma è anche vero che proposte come questa «dovrebbero essere inscritte dentro una complessiva riforma tributaria, a sua volta espressiva di un nuovo patto sociale». Nulla di più semplice, aggiunge l'ex parlamentare: «A fronte dell’esplosione del debito pubblico (160% sul Pil) originata dalle misure atte a fronteggiare l’emergenza», cosa decideremo di tassare, il lavoro o le rendite? Quando finiranno le misure atte a tamponare la crisi economica generata dalla pandemia, agli 8 milioni di poveri se ne aggiungeranno altri 5 o 6, avverte Monaco, mentre «il risparmio privato (di chi ci riesce) è lievitato di 1700 miliardi, l’8% in più in questo particolarissimo anno».
Secondo l’ex parlamentare PD, di fronte allo scenario attuale, «più che sul se, si dovrebbe ragionare e discutere sul come avvalersi dello strumento privilegiato della distribuzione del reddito degli Stati moderni ovvero il fisco; semplicemente e radicalmente perché possa reggere una società civile organizzata in base al principio per il quale chi ha di più aiuti chi ha di meno».
Un lavoro non certo facile, riconosce Monaco, sia a livello tecnico che sul piano culturale. Ma doveroso. «Non dovrebbe essere impossibile convincere la generalità dei cittadini che merita chiedere un sacrificio al 5% dei cittadini più facoltosi che detengono il 22% della ricchezza nazionale ricavandone in cambio beni e servizi pubblici più adeguati e misure di sostegno sociale a chi non ce la fa. Che non sia impossibile è dimostrato da paesi non comunisti come Spagna, Norvegia e persino Svizzera che ci stanno lavorando».
Il nodo della patrimoniale entra a gamba tesa nel dibattito sulla partecipazione dei cattolici alla vita pubblica del Paese, laddove si invoca spesso e in maniera astratta la convergenza dei cattolici in un centro moderato. La provocazione di Franco Monaco ai cattolici è, al contrario, lasciare che la battaglia sulla patrimoniale qualifichi «l’impegno concorde dei cristiani». «Non sarebbe utile a propiziare una cooperazione con le sinistre, correggendo la deriva, visibile da gran tempo, di una loro enfasi sui diritti civili (individuali) a discapito dei diritti sociali e del lavoro?».
Se papa Francesco iniziasse a parlare di “principi non negoziabili”, conclude Monaco con «un acrobatico esercizio di fantasia», «immagino che egli inscriverebbe nel novero dei principi non negoziabili per la coscienza dei buoni cristiani magari non la patrimoniale, che è solo un mezzo, ma qualcosa che le si avvicini e che comunque si concreti in un sostegno non episodico ai poveri attinto ai ricchi. Vedi caso che gli Stati moderni dispongono di uno strumento chiamato fisco».
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