
Oxfam: “la condanna della Francia per inazione sul clima crea un precedente per tutti i Paesi del mondo”
«Una sentenza storica condanna oggi lo Stato francese per non aver intrapreso le azioni necessarie ad affrontare l’impatto della crisi climatica». È l’incipit della notizia che ieri 3 febbraio ha diffuso Oxfam.
Una decisione senza precedenti, continua il comunicato, «che può e deve essere uno stimolo per altri Paesi, inclusa l’Italia, ad agire rapidamente per ridurre le emissioni di CO2 in linea con gli impegni presi a livello internazionale e ad affrontare la crisi climatica con politiche coerenti ed efficaci». Una decisione che è stata presa dal Tribunale amministrativo di Parigi, a chiusura dell’azione legale avviata nel dicembre 2018, con Greenpeace, Notre Affaire à Tous e la Nicolas Hulot Foundation, che accusava lo Stato francese di non aver ridotto il proprio livello di emissioni di CO2 come sarebbe stato necessario per rispettare gli accordi globali sul clima.
Una battaglia legale sostenuta da oltre 2,3 milioni di persone che hanno firmato la petizione lanciata sul caso e che ha il record di essere la più partecipata della storia della Francia. «È la prima volta – osserva Oxfam – che lo Stato francese viene citato in giudizio per responsabilità connesse a inadempienze in materia di cambiamento climatico. Questa sentenza lascia infatti ai cittadini la possibilità di richiedere risarcimenti per i danni subiti per l’impatto del clima e potrebbe costringere la Francia ad assumere ulteriori misure per ridurre l’attuale livello emissioni».
«La decisione odierna è una vittoria storica per chi si batte per il futuro del pianeta. Per la prima volta, un tribunale francese ha stabilito che lo Stato può essere ritenuto responsabile degli impegni assunti per affrontare la crisi climatica – ha detto Elisa Bacciotti, responsabile campagne di Oxfam Italia –. Tutto questo costituisce un importante precedente legale che potrà essere usato da milioni di persone in tutto il mondo, colpite dalla crisi climatica, per difendere i propri diritti. E allo stesso tempo sarà uno stimolo per tutti i Paesi del mondo, perché traducano le promesse in azioni concrete».
La sentenza arriva mentre molti Paesi si preparano a target più ambiziosi di riduzione delle emissioni – come richiesto dal Trattato di Parigi – e in attesa del Summit sul clima della COP 26, che si terrà in Scozia alla fine dell’anno. Secondo la comunità scientifica e le ONG gli obiettivi già annunciati (noti come Contributi fissati a livello nazionale) non sono all’altezza dei tagli necessari per evitare un catastrofico aumento delle temperature globali. D’altronde, la proposta di legge del governo francese è, per sua stessa ammissione, insufficiente a raggiungere un taglio del 40% delle emissioni, taglio per altro inadeguato ad affrontare seriamente la crisi climatica nel Paese.
«La decisione di oggi – mette in guardia Oxfam – serve inoltre a ricordare a tutti i governi europei e alla Commissione Ue che è necessario prendere in seria considerazione gli impegni internazionali ed essere leader nella lotta ai cambiamenti climatici: l’attuale target di un taglio del 55% delle emissioni è ambizioso, ma sempre troppo poco per tenere l’innalzamento della temperatura globale sotto 1,5°C».
Lo Stato francese ha due mesi di tempo per appellarsi, mentre il tribunale riserva di pronunciarsi in primavera rispetto alle misure ulteriori che, secondo le quattro ONG, il governo dovrebbe adottare per tenere fede agli impegni presi in materia di clima.
«Oxfam ha intrapreso questa azione legale, perché i cambiamenti climatici alimentano povertà fame e disuguaglianza in tutto il mondo – conclude Bacciotti –. Sono i Paesi più poveri a pagare il prezzo altissimo di una crisi climatica, che non hanno sostanzialmente provocato: basti pensare che l’1% più ricco degli abitanti del pianeta produce più del doppio delle emissioni rispetto alla metà più povera del mondo. Questa vittoria è anche il segno che la mobilitazione dei cittadini può fare la differenza, richiamando uno Stato al rispetto degli impegni internazionali, ma anche alla protezione dei beni comuni».
*Foto di WikiImages da Pixabay, immagine originale e licenza
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