
Riduzione o rimozione? Le bombe nucleari Usa sono meno, ma più pericolose
La buona notizia è che le bombe nucleari tattiche statunitensi B61, ospitate in Europa, continuano a calare di numero. Dalle 150 del 2020 passeranno a 100 nel 2021, così dislocate: Germania (Büchel, 15 bombe), Italia, che fa la parte del leone (Aviano, 20 bombe; Ghedi, 15 bombe), Olanda (Volkel, 15 bombe), Turchia (Incirlik, 20 bombe). Ne dà notizia l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (Iriad) in un comunicato odierno firmato dal vicepresidente Maurizio Simoncelli, che cita il recente dossier United States nuclear weapons 2021 redatto da Hans M. Kristensen e Matt Korda.
Si parla delle note bombe nucleari che gli Usa hanno disseminato sul suolo europeo in piena guerra fredda, in vista di un potenziale conflitto per difendere il Vecchio continente da un’eventuale aggressione sovietica. Bombe la cui presenza è stata sempre fortemente contestata dalla società civile pacifista, in quanto minaccia alla sicurezza e alla pace in Europa.
L’Italia, proprio in virtù di «un accordo bilaterale tra Roma e Washington (non NATO)», continua ad ospitare il maggior numero di bombe, nelle basi di Aviano (che è statunitense) e in quella di Ghedi (italiana): Proprio quest’ultima, spiega l’Istituto di Ricerche è «dotata di cacciabombardieri Tornado IDS del 6º Stormo, che verranno prossimamente sostituiti dai nuovi F35E Strike Eagle preparati appositamente per il trasporto delle B61». Non solo: le vecchie bombe «verranno rimpiazzate entro un biennio dalle nuove B61-12, che saranno dotate di un impennaggio di coda per colpire con precisione l’obiettivo e potranno essere lanciate a distanza per evitare all’aereo il fuoco difensivo dalla zona attaccata. Previste sia per esplosioni al suolo sia in aria con potenza predeterminabile fra 0,3 e 50 kt, la loro alta precisione permetterebbe minori danni collaterali e minor ricaduta radioattiva».
Insomma, tira le somme il comunicato, «se la notizia della riduzione quantitativa di queste bombe è da salutare positivamente, la loro evoluzione tecnologica le rende più facilmente utilizzabili aumentando quindi i rischi di un conflitto nucleare».
Per questa ragione, l’Istituto invita il governo italiano ad intraprendere un cammino di «rimozione di queste basi e delle relative bombe, proprio per la sicurezza del nostro paese e dell’Europa, operando in sintonia con le finalità non solo del TNP Trattato di Non Proliferazione nucleare, ma anche del recente TPNW Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, a cui l’Italia non ha purtroppo aderito e appena entrato in vigore».
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