
Regressione della democrazia e insicurezza: in Congo i vescovi pungolano le istituzioni
Nel corso dell’ultimo Consiglio Permanente, che si è tenuto a Kinshasa dal 22 al 25 febbraio scorso, cardinali, arcivescovi e vescovi membri della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo (Cenco) hanno discusso di problematiche ecclesiali ma anche sociali, politiche, umanitarie e di sicurezza.
Nel messaggio finale dal titolo “Laceratevi il cuore e non le vesti (Gioele 2,13)”, diffuso il primo marzo sul sito della Cenco, i prelati fanno gli auguri al capo di Stato Félix Tshisekedi per la nomina, il 6 febbraio, a presidente di turno dell’Unione Africana, ma al contempo non risparmiano critiche, anche dure, per la «regressione» della democrazia, la corruzione dilagante e l’inefficienza politica nel Paese, governato da gennaio da una nuova coalizione voluta dal Presidente, l’Unione Sacra della Nazione, che incorpora numerosi dirigenti e politici legati al partito dell’ex presidente Joseph Kabila. Per il futuro governo del Paese, dicono i vescovi, «meritano di essere cooptati per gestire le Istituzioni statali e le imprese pubbliche» solo figure dal passato eticamente inattaccabile, esperti e meritevoli nel loro ambito di lavoro, preoccupati per il bene del popolo e non per il loro tornaconto personale. «Il popolo – dicono i vescovi – sarà frustrato nel vedere coloro che hanno partecipato al saccheggio, all'insicurezza, alla violazione dei diritti umani tornare al potere e non mostrare alcun segno di pentimento e conversione».
Secondo i prelati, «il benessere del popolo congolese passerà necessariamente attraverso il consolidamento della democrazia», che nella Repubblica Democratica del Congo attuale significa sostanzialmente due cose: riforma elettorale e riforma della Ceni (Commissione elettorale nazionale indipendente), l’organismo che sopraintende e controlla le elezioni nel Paese e che, nel corso degli ultimi anni, in molto hanno definito decisamente poco “indipendente” e molto vicina al vecchio presidente Kabila.
Il messaggio dei vescovi congolesi ha anche affrontato il nodo della sicurezza nel Paese, soprattutto nelle province orientali, preda di milizie organizzate e bande armate che razziano, massacrano, rapiscono, stuprano quotidianamente nonostante il dispiegamento di esercito e di caschi blu della Missione Onu “Monusco”. Il quadro è disperato, denunciano i prelati, i quali hanno avviato i lavori del Consiglio Permanete il giorno stesso dell’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo.
Nel messaggio, i vescovi, «spinti dalla preoccupazione pastorale per i fratelli e sorelle feriti da ricorrenti atrocità nella regione orientale del Paese», annunciano di aver inviato nelle diocesi di Butembo-Béni (Nord Kivu) e Bunia (Ituri) una «missione congiunta di ascolto e di conforto» dell'Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa Centrale (Aceac) e della Cenco. «Siamo profondamente rattristati – dicono i vescovi – dalle informazioni ricevute e dal divario tra le promesse fatte e la realtà sul terreno vissuta dalle popolazioni di questi Paesi colpiti dai gruppi armati».
In chiusura del documento, i vescovi membri del del Consiglio Permanente lanciano un messaggio a 360 gradi: al popolo congolese, per non rendersi complice delle violenze diffuse, etniche o tribali; a Tshisekedi, perché garantisca la moralità dei membri del prossimo governo e delle imprese pubbliche; al governo e al Parlamento, affinché lavorino per lenire le reali sofferenze del popolo, colmando il divario tra la maggioranza povera e una minoranza che si è accaparrata le ricchezze del Paese, e per una giusta riforma della legge elettorale e della Ceni.
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