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Papa Francesco e Al Sistani: la fratellanza dei figli di Abramo oltre la diversità

Papa Francesco e Al Sistani: la fratellanza dei figli di Abramo oltre la diversità

Non hanno firmato un “Documento sulla fratellanza umana” analogo a quello che papa Francesco e il grande imam dell’università sunnita di Al Azhar, al-Tayyeb hanno sottoscritto il febbraio 2019, ma non per questo devono essere state di minore forza e dirompenza le parole che si sono scambiati il pontefice e il Grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, massimo esponente religioso sciita iracheno, nell’incontro avvenuto - privatamente e alla sola presenza dei traduttori - questa mattina a Najaf, nella residenza dell’ayatollah. Un evento eccezionale sotto varie angolazioni: è la prima volta che un papa si reca in Iraq, è la prima volta che un pontefice e un alto esponente dell’islamismo sciita si incontrano ed è la prima volta che Sistani, già assai refrattario a ricevere ospiti in casa sua, riceve un capo di Stato dell'Occidente (perché tale è Francesco, anche se la sua visita ha carattere esclusivamente religioso).

Dell’incontro riservato sappiamo solo quello che è stato diffuso ufficialmente.  

Il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni ha riferito che «l'incontro è stata l'occasione per il Papa di ringraziare il Grande Ayatollah Al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l'importanza dell'unità del popolo iracheno». Il papa ha sottolineato «l'importanza della collaborazione e dell'amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell'Iraq, della regione e dell'intera umanità»; e «ha ribadito la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l'amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo intero»

Durante l’incontro, l’ayatollah Sistani, secondo una nota diffusa dal suo ufficio – appena un po’ meno stringata della dichiarazione di Bruni –, ha affermato che i cristiani dovrebbero vivere in pace e godere dei diritti come tutti gli altri iracheni. Al-Sistani ha stigmatizzato, a partire dalla «soppressione delle libertà fondamentali» e dall'«assenza di giustizia sociale», «le guerre, gli atti di violenza, gli embarghi economici» e lo sfollamento di cui «molti popoli nella nostra regione soffrono, in particolare il popolo palestinese nei Territori occupati». Ha perciò esortato i leader religiosi e spirituali ad agire per mettere fine alle grandi «tragedie» dell'umanità, ovvero «ingiustizia, oppressione, povertà, persecuzione religiosa e ideologica». Il Grande ayatollah ha infine «augurato bene e felicità al pontefice e ai seguaci della Chiesa cattolica e all'umanità in generale» ringraziando «il sommo Pontefice per essersi recato a Najaf per condurre questa visita».

Per quanto riguarda il tono, se non le parole che il papa ha rivolto ad Al-Sistani, esso è desumibile dal discorso che, sempre in mattinata, ha pronunciato all’Incontro Interreligioso – culminato con la “Preghiera dei figli di Abramo” – avvenuto a Ur. «Guardiamo il cielo», ha detto in apertura. «Contemplando dopo millenni lo stesso cielo, appaiono le medesime stelle. Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo»: «ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo. Nel mondo d’oggi (…) i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a mostrare la sua paternità mediante la loro fraternità».

«Da questo luogo sorgivo di fede, dalla terra del nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio! Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose. Vorrei ricordare in particolare quella yazida, che ha pianto la morte di molti uomini e ha visto migliaia di donne, ragazze e bambini rapiti, venduti come schiavi e sottoposti a violenze fisiche e a conversioni forzate. Oggi preghiamo per quanti hanno subito tali sofferenze, per quanti sono ancora dispersi e sequestrati, perché tornino presto alle loro case. E preghiamo perché ovunque siano rispettate e riconosciute la libertà di coscienza e la libertà religiosa: sono diritti fondamentali, perché rendono l’uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato».

«Nella storia – ha riconosciuto papa Francesco – abbiamo spesso inseguito mete troppo terrene e abbiamo camminato ognuno per conto proprio, ma con l’aiuto di Dio possiamo cambiare in meglio. Sta a noi, umanità di oggi, e soprattutto a noi, credenti di ogni religione, convertire gli strumenti di odio in strumenti di pace. Sta a noi esortare con forza i responsabili delle nazioni perché la crescente proliferazione delle armi ceda il passo alla distribuzione di cibo per tutti. Sta a noi mettere a tacere le accuse reciproche per dare voce al grido degli oppressi e degli scartati sul pianeta: troppi sono privi di pane, medicine, istruzione, diritti e dignità! Sta a noi mettere in luce le losche manovre che ruotano attorno ai soldi e chiedere con forza che il denaro non finisca sempre e solo ad alimentare l’agio sfrenato di pochi. Sta a noi custodire la casa comune dai nostri intenti predatori. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha, e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti! Sta a noi avere il coraggio di alzare gli occhi e guardare le stelle, le stelle che vide il nostro padre Abramo, le stelle della promessa».

Il discorso del pontefice e la “Preghiera di Abramo” sono leggibili integralmente a questo link.

*Foto su gentile concessione della Sala Stampa vaticana

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