
Carteggio fra Santa Sede e Guardia Civil sull'Eta. Ma la storia finisce qui?
Il nunzio in Spagna, Benardito Auza, ha mantenuto la parola: avrebbe consegnato subito (era febbraio) la lettera dell’Asociación Pro Guardia Civil indirizzata al pontefice e avrebbe fatto pressione per una risposta sollecita. Così è stato.
Nella lettera si denunciava il clero baso per «collusione» con l’Eta, sia quando questa (ora disciolta) era in piena attività terroristica, sia ai nostri giorni, dal momento che ci sarebbero sacerdoti che ancora difendono la banda terroristica. Faceva riferimento alla solidarietà che era stata manifestata da vari sacerdoti verso il parroco di Lemona, Mikel Azpeitia, quando, a causa delle sue controverse dichiarazioni sul terrorismo della formazione etarra, era stato immediatamente sospeso dal suo ufficio dal vescovo di Bilbao («quando un popolo oppresso che altri vogliono sottomettere risponde con violenza, non so fino a che punto sia terrorismo – aveva detto –. Questo è un guerra fra fazioni, tra una nazione e un’altra nazione (...) che esisteva e esiste»). L’associazione chiedeva al papa che prendesse provvedimenti punitivi.
Ora il nunzio ha comunicato all’associazione che il 4 marzo è giunta dalla Segreteria di Stato vaticana una lettera in cui si assicura «la vicinanza e la preghiera del Santo Padre per tutte le vittime» della banda terroristica. Ricorda che provvedimenti sono stati già presi dalla diocesi con il licenziamento di Azpeitia e che così doveva essere, perché è la diocesi che ha la competenza «in prima istanza» di valutare «eventuali infrazioni di un chierico», il quale tuttavia gode della possibilità può anche impugnare la decisione «secondo le modalità previste dal Diritto canonico».
Non sappiamo se l’Associazione Pro Guardia Civile si sia ritenuta soddisfatta della risposta pur sollecita della Santa Sede. Era un po’ più impegnativa, come annunciavamo all’inizio, la richiesta che rivolgevano al papa, era già noto che p. Azpeitia era stato correttamente punito dal vescovo. Scrivevano: «Fortunatamente, quella tappa tragica della nostra storia recente è stata superata. [...] Ma ci sono altri episodi neri che non possiamo dimenticare, e di cui Sua Santità deve essere consapevole». «La storia di quello che è successo in questi anni – continuava la lettera – non mette la Chiesa basca in buona luce fin dalla nascita dell'Eta; è stata sempre più vicino ai terroristi che alle vittime. Molti sono stati i sacerdoti dei Paesi Baschi che hanno aiutato, coperto su, hanno applaudito e hanno sorriso agli assassini dell'Eta. E la cosa più grave – aggiungeva riferendosi alle dichiarazioni dell’ex parroco di Lemona e alla solidatietà a lui manifestata – è che continua ad accadere oggi, nel 2020». «Non un caso isolato», sottolineava la lettera, e «non possiamo capire che una banda di assassini sia giustificata e applaudita dall'interno della Chiesa, e nemmeno si capisce come quei preti continuino a umiliare tante vittime», mote di esse fra le file della Guardia Civil.
«Santità», chiedeva dunque la lettera, «come referente spirituale in questa società, e come massimo esponente della Chiesa cattolica, le chiediamo come prima cosa comprensione e vicinanza a tanto dolore di tante guardie civili e delle loro famiglie; e in secondo luogo, l'adozione di misure correttive contro quei parroci che macchiano il nome della Chiesa: il loro abominevole comportamento pubblico di applausi agli assassini è incompatibile con l'esercizio del sacerdozio».
Il carteggio è completo, ma rimane il problema della denuncia contro una Chiesa, quella basca, accusata in blocco, a torto o a ragione, anche da una parte della società civile di fiancheggiamento quanto meno all’ideologia dell’Eta. Insomma, la vicenda potrebbe non finire qui, anche perché il nunzio ha detto di aver trasmesso a papa Francesco, insieme alla lettera della Guardia Civil, un dossier con l'intero rapporto sulla Chiesa basca e i rapporti con l’Eta. Quanto può essere ignorato il rapporto di un rappresentante apostolico di “sua santità” relativamente al Paese in cui svolge la sua attività diplomatica? Una patata bollente che la Santa Sede prima o poi potrebbe trovarsi nella situazione di dover pelare e che, per quanto vecchia, pare proprio dare non dare segni di volersi raffreddare.
*Foto trtta da Flickr, immagine originale e licenza
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